Con una mossa a sorpresa che creerà non pochi mal di pancia alle software house emergenti della Silicon Valley, Mark Zuckerberg ha deciso di escludere ChatGpt e altri chatbot di intelligenza artificiale generativa dalla propria app di messaggistica WhatsApp.
I CHATBOT NON SONO BENVENUTI SU WHATSAPP
Parlando di freddi numeri utili a comprendere il contesto, significa tagliare fuori le invenzioni di OpenAi, Anthropic, Perplexity e via discorrendo da una piattaforma popolata da oltre 3 miliardi di utenti attivi.
Un danno enorme per le software house che si vedono bandire i propri algoritmi smart, considerato che attraverso le conversazioni con gli utenti avevano modo di affinare il proprio funzionamento.
L’ingresso sull’app di Meta di ChatGpt era avvenuto appena lo scorso aprile, ma evidentemente l’uso (abuso?) che gli utenti ne hanno fatto è finito per gravare troppo sui server di Meta, rendendo l’ospite sgradito nel giro di poche settimane.
NUOVE FUGHE VERSO X E TELEGRAM?
Anche perché un maggior numero di interazioni significa per Meta un esborso maggiore con riferimento alla tenuta dei propri server, ma a guadagnarci erano solo le software house proprietarie degli algoritmi che grazie alla platea di WhatsApp potevano migliorare le capacità cognitive dei propri chatbot.
Dal prossimo 15 gennaio, pertanto, si cambia musica: interdetto l’accesso a qualsiasi Lmm o assistente Ai all’Api Business di WhatsApp per offrire conversazioni automatizzate con i propri sistemi “quando tali tecnologie rappresentano la funzionalità principale offerta all’utente”.
Meta non scherza: l’utilizzo di tali soluzioni, viene sottolineato, sarà “severamente vietato”. Tale mossa potrebbe favorire una transumanza in massa verso altri pascoli tutt’ora aperti a modelli linguistici di terze parti come Telegram e X che potrebbero dunque beneficiare di un notevole incremento del traffico e imporsi come i canali virtuali preferiti da un numero in aumento di utenti.
La sola deroga ammessa da Mark Zuckerberg con le nuove regole che scatteranno a inizio 2026 riguarda le aziende che usano l’Ai come supporto accessorio all’interno delle proprie attività di assistenza clienti su WhatsApp. In questi casi, l’intelligenza artificiale viene considerata un elemento “incidentale o complementare” al servizio, e dunque non rientra nel divieto. Bandite invece tutte le soluzioni incentrate esclusivamente sull’Ai a iniziare da quelle che permettono di conversare su tutti i temi vengano in mente, via WhatsApp, coi chatbot.
COSA DICONO DA OPENAI
OpenAI ha espresso “rammarico” per la chiusura del servizio, evidenziando che la semplicità del formato chat aveva reso WhatsApp “una casa naturale per la creatività e la curiosità quotidiana”.
Tuttavia, l’azienda ha assicurato che gli utenti potranno continuare le proprie conversazioni su altre piattaforme dove Chatpt resterà attivo, tra cui iOS, Android, web e ChatGpt Atlas su macOS. Queste versioni includono anche funzioni aggiuntive, come le conversazioni vocali, la ricerca approfondita e il caricamento di file.
QUALI SONO LE STRATEGIE DI META?
Ma l’esclusione dei ChatBot da WhatsApp potrebbe anche essere intesa, viene fatto notare da alcuni commentatori, come parte di una strategia di Meta: sfoderare una propria soluzione analoga basata su Meta Ai da includere magari in abbonamenti ad hoc per le soluzioni Business. Il chatbot di Meta è già apparso su WhatsApp e può essere interpellato su qualsiasi argomento: presto potrebbe essere sfruttato anche dalle aziende per imbastirvi il proprio centralino.
A prescindere dalle reali finalità dell’azienda di Mark Zuckerberg bisognerà anzitutto comprendere se imporre un unico chatbot generalista all’interno di una piattaforma tanto diffusa violi in qualche modo le direttive antitrust dei Paesi in cui queste soluzioni vengono offerte. Tanto più considerato il fatto che chatbot e piattaforma avranno il medesimo sviluppatore. Tanto più dato che l’apparizione forzata di Meta Ai aveva creato non pochi mal di pancia per esempio tra i politici comunitari e le autorità nazionali.






