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Leonardo-Finmeccanica, Di Maio salverà il drone di Piaggio Aerospace?

Il caso Piaggio Aerospace. La mossa di Di Maio. E lo scenario Leonardo-Finmeccanica. Il commento del generale Leonardo Tricarico, presidente della fondazione Icsa

250 milioni per un drone che non funziona e non serve. È il prezzo dell’operazione da Prima Repubblica che il vicepresidente del Consiglio e pluriministro Luigi Di Maio vuole addossare alla Difesa italiana per tenere a galla Piaggio Aerospace.

Tenere a galla, perché nessuna iniezione di risorse pubbliche potrà salvare un’azienda da troppo tempo in cerca di un vero piano industriale. A pagare sarà l’efficienza operativa delle forze armate, il cui sempre più magro bilancio viene usato come bancomat per favori politici.

È questo il senso dell’accordo raggiunto giorni fa presso il Ministero dello Sviluppo Economico per fronteggiare la crisi dell’azienda ligure e i timori dei dipendenti. I quali – sia chiaro da subito – non hanno colpa della situazione e proprio per questo hanno diritto a una strategia sostenibile nel tempo, che garantisca la sopravvivenza a un’azienda dal nome storico.

In termini pratici, sui piazzali di Villanova d’Albenga ci sono otto droni P.1HH, di fatto la versione a pilotaggio remoto dell’elegante bimotore executive P.180 che ha volato per la prima volta nel 1986. Per portarli in volo bisogna completare la certificazione, che costa circa 70 milioni di euro e assorbirà soprattutto ingegneri, e montare le parti come motori ed eliche, che Piaggio acquista all’esterno.

Essendo i velivoli già completi, tutto questo produrrà lavoro per una parte minima dei 1.200 dipendenti e lascerà risorse minime per riportare l’azienda sul cammino della sostenibilità a medio-lungo termine.

Una volta completati, i droni verrebbero consegnati alla Difesa, che dovrebbe cercare di capire cosa farne. Questione non da poco, dato che il P.1HH è nato per iniziativa esclusiva della Piaggio, con pesanti limiti tecnologici e senza alcun interesse da parte italiana.

Gli Emirati Arabi Uniti, unico cliente, si sono defilati da tempo, lasciando la ditta in crisi. Di qui la balzana idea di rifilare il drone alla Difesa italiana, che con gli stessi soldi potrebbe acquistare dieci sistemi (cioè 20 droni più le relative stazioni di controllo a terra), completi di cinque anni di supporto logistico. Sistemi, va da sé, con prestazioni maggiori e più in grado di soddisfare le esigenze dei vari ministeri ed enti che già oggi usufruiscono dei servizi dei droni militari.

Ricapitolando: pochissimo lavoro di produzione per gli operai liguri; nessuna attività di sviluppo di nuovi prodotti o linee di attività per il post-P.1HH; quattro sistemi di scarse prestazioni ancora non certificati contro dieci più potenti già certificati; soldi sottratti a programmi vitali per la Difesa e l’industria, quale il missile CAMM-ER; nessuna prospettiva industriale una volta consegnati (ma sarebbe più esatto dire “fatti ingoiare”) alla Difesa i P.1HH già costruiti. Tutto questo alla modica cifra di 250 milioni di euro.

Avevamo sperato che il M5S avrebbe portato una salutare discontinuità rispetto alla scellerata prassi della Prima Repubblica, che vedeva le ditte fare quello che volevano, con modesta fantasia e ridotta qualità, per poi rifilarlo a caro prezzo alla Difesa grazie a politici che guardavano solo alla successiva elezione. Invece, tutto continua come prima – o forse ancora peggio, se si considera che le pratiche assistenzialiste si sposano ora con un antimilitarismo strisciante che vede nelle divise solo risorse a buon mercato per riempire le buche stradali.

A pagarne le spese saranno tutti i cittadini, ma soprattutto i lavoratori della Piaggio Aerospace.

Qualche spiraglio di luce potrebbe venire operando sul piano della concretezza per definire una strategia basata su esigenze reali dei clienti di riferimento e dell’industria. Investendo risorse infinitamente minori, si potrebbe pensare a un aggiornamento delle decine di P.180 che le amministrazioni pubbliche italiane hanno comprato negli anni per sostenere la Piaggio ma che oggi sono mediamente invecchiate e a potenziare la manutenzione dei motori (evitando così la crisi del Rolls-Royce Viper che potrebbe fermare persino le Frecce Tricolori), anche in funzione delle nuove linee addestrative su M-345 e M-346.

La stessa Leonardo dovrebbe assumersi le responsabilità che spettano a un leader nazionale, supportando Piaggio con subforniture ma anche aiutandola a crescere in termini di cultura industriale.

Ministro Elisabetta Trenta, Le chiediamo di voler cercare le responsabilità politiche e manageriali che hanno permesso al P.1HH di andare avanti, nonostante le perplessità sollevate sin dalla sua presentazione nel 2013 e gli intoppi di sviluppo, parlando con chiarezza per evitare che le colpe abbiano poi a ricadere sui militari.

Le chiediamo anche di voler aiutare il suo collega Di Maio a comprendere questi concetti, e in particolare la differenza tra spesa improduttiva e investimento, tra politica industriale e obiettivi elettorali, tra capacità operativa e loquacità generica.

Senza questo deciso cambio di rotta, nel dicembre 2020 saremmo da capo a dodici. Poiché l’acquisto “una tantum” di otto droni da parte della Difesa italiana difficilmente potrà cambiare le prospettive senza un radicale riorientamento, tra poco più di un anno e mezzo il commissario dovrà decidere se l’azienda possa camminare da sola o debba essere liquidata. O magari tornare a bussare all’erario per altri 250 milioni per prestazioni inutili.

 

Articolo pubblicato su huffingtonpost.it

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