Nuova indagine della Commissione Ue sulle Big Tech statunitensi Apple, Google e Microsoft per valutare l’efficacia delle loro misure di contrasto alle truffe finanziarie online. L’esecutivo europeo ai sensi del Digital Services Act intende verificare se stiano realmente facendo abbastanza per proteggere i consumatori come impongono le norme comunitarie.
Today, we sent requests for information, under the #DSA, to Apple, https://t.co/8CnEAAcE7P, Google and Microsoft on how they identify & manage risks related to financial scams.
Online fraud can start very easily nowadays, and too often results in financial losses for consumers. pic.twitter.com/i2itcf5nhl
— Henna Virkkunen (@HennaVirkkunen) September 24, 2025
“Vediamo che sempre più azioni criminali avvengono online”, ha dichiarato la responsabile UE per la tecnologia, Henna Virkkunen. “Dobbiamo assicurarci che le piattaforme online facciano davvero tutti gli sforzi per individuare e prevenire questo tipo di contenuto illegale” la dichiarazione del Commissario in riferimento all’indagine che prende di mira anche la piattaforma olandese Booking.
Bruxelles non poteva però prevedere che, nelle stesse ore, Cupertino sbottasse contro le maglie europee sempre più strette del Digital Markets Act che impongono severi limiti alle aziende più grandi per non adulterare eccessivamente il gioco della concorrenza. Una intromissione dannosa e indebita per l’azienda guidata da Tim Cook, terreno di coltura per favoritismi nei confronti della sua principale avversaria, la sudcoreana Samsung e delle arrembanti realtà cinesi. Ma andiamo con ordine.
PROBLEMI SUL FRONTE DEL DSA
Secondo quanto scrive il Financial Times, la Ue intende verificare se Apple e Google – detentrici dei principali app store di riferimento nel segmento mobile (smartphone e tablet) – abbiano filtri sufficientemente rigidi nei confronti delle applicazioni fraudolente che rischiano di costare caro a chi vi incappa, anche attraverso l’installazione di malware e software spia.
Per quanto riguarda Microsoft gestore del motore di ricerca Bing e ancora Google (che tiene le briglie dell’omonimo motore online) la Commissione vuole procedere con l’esame dei risultati offerti agli internauti per comprendere se ci siano barriere d’accesso contro i siti truffaldini oppure se vengano comunque riportati in bella vista. Infine, Booking, l’unica azienda europea nel gruppo, dovrà rendere conto delle proprie condotte contro le inserzioni di alloggi inesistenti.
APPLE SBOTTA CONTRO IL DMA DELLA UE
Parallelamente Apple, che in passato ha avuto innumerevoli problemi anche col Dma che di fatto le sta scardinando ogni cancello posto a tutela dell’ecosistema della Mela morsicata, storicamente chiuso, per farvi affluire software della concorrenza, ha inoltrato all’indirizzo di Bruxelles una sferzante comunicazione con la quale chiede, senza mezzi termini, l’abrogazione del testo a tutela della concorrenza.
“Con il passare del tempo, è divenuto chiaro che il Dma non sta aiutando i mercati” la tesi di Apple secondo cui il legiferare di Bruxelles “Sta rendendo più difficile fare business in Europa” lasciando la strada libera al suo principale avversario, ovvero Samsung e tirando al contempo la volata ai gruppi cinesi. Una ottica sospettosamente anti-americana, quella di Cupertino.
Il corpus normativo comunitario “sta peggiorando l’esperienza degli utenti Apple nell’Ue” esponendoli “a nuovi rischi” e “compromettendo il funzionamento semplice e fluido dei loro prodotti Apple”. E, ancora, “Con l’arrivo di nuove tecnologie, i prodotti Apple dei nostri utenti europei rimarranno sempre più indietro” dicono da Cupertino riecheggiando l’attacco di inizio anno di Mark Zuckerberg che, nel medesimo messaggio in cui si felicitava con Donald Trump per il suo ritorno alla Casa Bianca, parallelamente accusava la Ue di impedire la corsa all’innovazione.
LE BIG TECH SI SENTONO SPALLEGGIATE DA TRUMP?
La levata di scudi contro le regole della Ue che possono comportare per le aziende decisi cambi nel modello di business pur di restare nel mercato dei 27 non sembra dunque giungere in concomitanza del tagliando annuale del Dma, che ha compiuto il suo primo giro attorno al sole, quanto col rientro di Trump nelle sale dei bottoni che, è ben noto, sul piano mondiale ha comportato notevoli e imprevedibili sussulti tellurici. Non sarebbe dunque così inverosimile che Trump ponga la questione nei prossimi incontri/scontri coi vertici europei, declinandola sul tema dei dazi, sempre mutevoli.
Non si dimentichi che il Ceo di Apple, Tim Cook, aveva donato a titolo personale un milione di dollari al comitato che organizza l’insediamento del prossimo capo della Casa Bianca (proprio come Elon Musk, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg) e tra un regaluccio d’oro e una moina, Apple (che ha già promesso investimenti monstre da 600 miliardi sul suolo americano) è diventata cruciale nella strategia trumpiana della corsa all’Intelligenza artificiale a stelle e strisce. Non sarebbe insomma così strano se, in cambio, The Donald offrisse il proprio ombrello politico nelle relazioni tra le aziende Usa e il legislatore del Vecchio continente.
LA UE AL BANCO DI PROVA
Peraltro questo non è il solo fronte tech aperto tra Trump e l’Europa: la Casa Bianca pretende infatti da Bruxelles un allentamento delle norme sull’Intelligenza artificiale (Ai act) e del Mica su cripto e soprattutto stablecoin. C’è già chi ha fatto notare che l’ultima multa inflitta a Google per abuso di posizione dominante nella pubblicità, pari a 2,9 miliardi, fosse sospettosamente bassa, per quanto comunque dall’importo di tutto rispetto.
Per valutare la tenuta della sovranità della Ue insomma bisognerà guardare a come si muoverà la Commissione in merito ai temi tecnologici: ogni apertura nei confronti delle Big Tech estere potrebbe essere una crepa normativa aperta da Trump per favorire le aziende americane. C’è pure una data: la prima decade di dicembre, quando l’esecutivo comunitario presenterà il pacchetto di semplificazione Omnibus per il settore digitale.