Alimentazione, ambiente, clima, consumo e produzione: gli ambiti che spiccano, tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile elencati dall’Agenda 2030 dell’ONU, sono a vario titolo correlati all’agricoltura e all’allevamento, non solo fonti di nutrimento ma strumenti effettivi per il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche della popolazione, oltre che per la salvaguardia del pianeta.
Secondo lo scienziato del suolo Rattan Lal, insignito nel 2020 del World Food Prize, la salute del suolo e quella umana sono profondamente connesse: la lotta alla fame, corrispondente al secondo SDG, passa dal cibo sano, ma questo a sua volta implica che terreno, piante, animali, persone e ambienti, indistricabilmente correlati, siano tutti sani, insieme. Meno evidente è la correlazione tra questi obiettivi e quello di migliorare la vivibilità delle città e degli altri insediamenti umani: eppure, se si considera attentamente l’imperativo di produrre di più con meno risorse – come suolo, acqua, nutrienti – si comprende come la scommessa dell’agricoltura del futuro passi necessariamente per lo sviluppo di sistemi di coltivazione intelligenti, tecnologicamente avanzati e compatibili con un contesto, come quello urbano, caratterizzato da un’alta densità abitativa e da un intensiva occupazione di suolo a scopi diversi da quello agroalimentare.
FUTURE FARMING: TRA COLTIVAZIONI VERTICALI E AGRICOLTURA DI PRECISIONE
Le azioni messe in campo per il conseguimento di questi obiettivi possono essere così a ragione rubricate sotto l’etichetta del future farming, che comprende oggi tanto progetti di ricerca e sviluppo – finanziati a livello europeo tramite il programma Horizon, ma anche attraverso il programma DIGITAL, entrambi parte del nuovo framework pluriennale di finanziamento 2021-2027 della UE – che strategie più complesse, come quella denominata Farm to fork, che mira a un vero e proprio capacity building del settore attraverso le dimensioni legislativa, economica e culturale.
Il binomio agricoltura-digitalizzazione rappresenta in quest’ottica un passaggio obbligato: la gestione delle coltivazioni basata su monitoraggio, raccolta e analisi di dati è l’ultima frontiera della cosiddetta precision farming o agricoltura di precisione, inaugurata alla fine degli anni Ottanta ma potenziata e pienamente abilitata dall’adozione di sistemi GPS e droni, e di piattaforme di Big Data Analytics con algoritmi di machine learning. A sfruttare questo tipo di tecnologia sono innovazioni già affermate, come il cosiddetto vertical farming, che si fonda su una tecnica di coltivazione ancora più antica, risalente alla fine dell’Ottocento (in cui il terreno è sostituito da un sostrato inerte e le piante sono irrigate con soluzioni acquose di sostanze nutritive), ma che svela potenzialità inedite e acquisisce nuovo impulso grazie e all’integrazione in sistemi cyber-fisici (con l’ausilio di dati e dispositivi, come quelli Internet of Things e robotici, propri dell’Industria 4.0).
Il principale vantaggio, in ottica di sostenibilità, non sta solo nella drastica riduzione del consumo di acqua e nell’aumento della produttività, ma anche nella possibilità di accorciare decisamente la filiera, avvicinando gli stabilimenti di produzione ai luoghi di consumo: soprattutto le città, visto che le coltivazioni idroponiche sono realizzabili in qualsiasi tipo di edificio, non di rado poste in strutture dismesse e da recuperare, con effetti benefici anche in termini di rinascita delle aree più degradate. Non è un caso che alcuni dei progetti più significativi stiano sorgendo negli ultimi anni in prossimità di centri come Dubai, e in Italia Milano o Brescia o Venezia. D’altro canto, si tratta di impianti che richiedono investimenti iniziali molto importanti, se paragonati a quelli necessari per realizzare le canoniche serre orizzontali – anche riviste e corrette in senso tecnologicamente avanzato. A complicare ulteriormente lo sviluppo del nascente settore concorre l’attuale crisi energetica: impianti produttivi come quelli del vertical farming necessitano di illuminazione artificiale e risultano quindi altamente energivore.
LE CITTÀ E LA SFIDA PER LA SOSTENIBILITÀ AGROALIMENTARE
Per vincere la sfida della sostenibilità agroalimentare, insomma, come sempre è necessario immaginare e implementare una combinazione di soluzioni, tenendo conto dei benefici ma anche dei limiti che ciascuna presenta, continuando nel contempo a dare impulso alla ricerca per sviluppare strumenti che consentano di superarli.
Nell’approccio del Nature Co-Design, definito come una rivoluzione ancora più dirompente rispetto a Industria 4.0, biologia, scienza dei materiali e nanotecnologia si intersecano per intervenire a livello atomico e molecolare e potenziare gli stessi principi naturali della progettazione della materia organica e inorganica. Le tradizionali barriere e le categorizzazioni invalse sono destinate a cadere: nel provocatorio saggio “Regenesis” di George Monbiot, la chiamata al veganismo estremo e alla riforestazione estesa si sposano con un approccio futuristico alla coltivazione del suolo, che diventa “agroecologia ad alto rendimento”. Tra i casi di studio citati da Monbiot c’è quello di un agricoltore finlandese la cui start-up produce farina proteica a partire da un batterio che vive nel suolo: un esempio eloquente di creatività, oltre che di competenza scientifica e di perizia tecnologica, che mal si accorda con l’antica immagine dell’agricoltore, isolato dalla civiltà e tendenzialmente poco istruito.
Nel futuro dell’agricoltura c’è dunque una sinergia sempre più spinta con il contesto accademico e industriale, un dialogo serrato tra coltivatori e ricercatori, una prossimità inedita tra luoghi di produzione e di consumo, ma anche tra laboratori di sperimentazione e centri di innovazione applicata: impensabili senza postulare un riavvicinamento tra i due poli storicamente distanti della città e della campagna, ciascuno dei due pronto a contaminare e trasformare l’altro nella direzione di una maggiore sostenibilità e di una prospettiva di vita più armonica e integrata.
È possibile scaricarne gratuitamente la versione digitale in pdf utilizzando questo link: https://www.startmag.it/wp-content/uploads/SM_16_web.pdf.