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Il decreto Di Maio? Regole su piattaforme in evoluzione. Il commento di Marco Gay (Confindustria)

Conversazione di Start Magazine con Marco Gay, già presidente dei Giovani di Confindustria e ora presidente di Anitec-Assinform, l’associazione nazionale delle imprese ICT e dell’elettronica di consumo sulla bozza di decreto che riguarda imprese come Deliveroo, Foodora, Just Eat e Glovo ma anche altre piattaforme digitali dei professionisti È stato battezzato “Decreto dignità” ed è il…

È stato battezzato “Decreto dignità” ed è il provvedimento con cui il governo punta a combattere la “precarietà 4.0”. Il suo simbolo sono i “rider”, i fattorini che consegnano cibo a domicilio, e il cui lavoro è al centro del dibattito. La bozza del decreto ha sollevato dubbi e critiche, soprattutto da parte delle aziende. Sotto accusa sono finite soprattutto le ipotesi di trasformare il lavoro indipendente in lavoro subordinato, introdurre un salario minimo e l’abolizione del lavoro a cottimo.

Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform ed ex presidente dei Giovani di Confindustria, qual è la vostra posizione sulla bozza del Decreto Dignità?

Prima di tutto chiariamo che stiamo valutando una bozza. Credo che la priorità sia ascoltare il mercato e fare un’attenta analisi del settore: non si può ridurre il ragionamento al solo food delivery, perché la proposta impatta su tutto il mondo delle piattaforme. Senza dare giudizi affrettati ritengo occorrano molti approfondimenti per non gestire un mercato nuovo usando vecchie logiche. Bisogna tutelare il lavoratore e al contempo lasciare al mercato l’opportunità di esprimersi. Bisognerebbe innanzitutto partire dall’analisi dei dati e capire come gestire l’innovazione.

Non ritenete fosse necessario dare più tutele ai fattorini?

Nessuno deve e può discutere sulle tutele ai lavoratori che sono sacrosante, ma bisogna approfondire i temi: la Gig Economy è un mondo nuovo, occorre capire come aiutarla a svilupparsi.

Concretamente che significa?

Significa partire da un’analisi profonda di come si muove il mercato. La Gig Economy porta a tutta la filiera un valore aggiunto: non solo ai rider, ma alle piattaforme, ai ristoranti, ai negozi. Però va capita. Soprattutto bisogna capire come incoraggiarla a svilupparsi in un’economia matura come quella italiana affinché produca valore e ricchezza.

Che cosa vuole dire con questo?

Diciamo anche che, dai dati che emergono, si scopre che buona parte dei lavoratori del food delivery sono studenti o soggetti che arrotondano con un secondo lavoro. Poi c’è una parte di soggetti che si trovano in discontinuità lavorativa. Ecco, bisognerebbe capire come agevolarli, ma a partire da un’analisi di mercato. Noi non vogliamo passare sopra ai diritti, ma stiamo attenti, prese di posizioni forti possono portare a paradossi: che si regoli il mercato producendo come effetto un aumento del nero. Sarebbe inammissibile.

Nella bozza del decreto vede più pregi o difetti?

Il difetto maggiore è che si punta a regolamentare un mercato nuovo con regole vecchie. Ma c’è anche un grande pregio: ciò porta a discutere in profondità di un mercato che sta cambiando. Servono regole chiare concepite apposta per lo scopo.

Quali piattaforme potrebbero rientrare nella norma? È vero che ci sarebbero anche quelle di professionisti come avvocati e ingegneri?

Sì. Il mondo delle professioni, i service gestiti su piattaforma. Ma anche le start-up e le piccole e medie imprese che stanno iniziando a implementare i servizi su piattaforma o che utilizzano algoritmi. Pensare la legge per i rider può aver senso, ma poi le leggi si applicano a 360 gradi: introdurre paletti ci si potrebbe ritorcere contro.

Che cosa consiglia lei?

L’innovazione tecnologica non si può circoscrivere, perché non si può sapere dove andrà il mercato. Sconsiglierei interventi di pancia, perché ci vuol poco ad approvare un decreto, molto di più a correggerne la rotta.

Davvero si rischia che le società debbano assumere a tutti gli effetti i rider?

Da quanto vedo sembra sia questa la direzione, anche se mi pare una direzione difficilmente percorribile. Eviterei estremismi e prove di forza, in ogni caso.

Quale sarebbe l’effetto del divieto di cottimo?

Dipende: ogni piattaforma lavora a cottimo e sull’orario. Io credo che sarebbe opportuno reintrodurre i voucher e parte del problema sarebbe automaticamente risolto, almeno nell’immediato.

Perché temete la disposizione sul salario minimo?

Non la temo particolarmente, se è frutto di un ragionamento, almeno. Certo bisogna fare attenzione a capire quanto si sovrapporrebbe al lavoro fatto sui contratti nazionali e sulla contrattazione di secondo livello.

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