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HarmonyOS NEXT

Tutto su HarmonyOS Next, la risposta della Cina a Windows e Android

Entra nel vivo la sperimentazione di un sistema operativo cinese che rescinda ogni legame con le varianti occidentali, a iniziare da Android di Google. Al via la sperimentazione pubblica di HarmonyOS Next. Così il Dragone risorge dopo il duro colpo americano inflitto dal ban di Huawei.

La Cina si prepara a dire addio a ogni sistema Android (leggasi: Google) e iOS (Apple), ma molto presto confida di poter formattare anche Windows dai suoi device. Nel 2019 Donald Trump da presidente Usa aveva deciso di agevolare l’industria americana nei confronti dell’arrembante alternativa cinese bandendo Huawei, tra le principali big tech asiatiche nel campo hardware produttore di smartphone, smartwatch, ma anche tablet e laptop. Il colosso di Shenzhen ha dovuto così fare di necessità virtù: essendosi ritrovato dall’oggi al domani senza più software occidentali, ha iniziato a prepararli nei propri reparti di Ricerca e sviluppo. Cinque anni e innumerevoli miliardi dopo, la Cina risponde con HarmonyOS Next, il sistema operativo con cui il Dragone intende cancellare dai propri device Android, iOS e Windows.

GRANDI PROVE PER HARMONYOS NEXT

Che il lancio sia dietro l’angolo lo si capisce dal fatto che Huawei ha indetto per il prossimo 8 ottobre una fase di beta testing pubblico: una chiamata a raccolta dell’utenza cinese per installare HarmonyOS Next sugli ultimi dispositivi del Gruppo e, sostanzialmente, vedere che succede: se crasha, se vengono trovati bug di sistema o se i fruitori hanno suggerimenti utili a migliorare la user experience.

BYE, BYE GOOGLE

Rispetto alla soluzione posticcia e – ammettiamolo – un po’ pasticciata sfruttata finora, nel periodo emergenziale causato dalla decisione di Trump di costringere Huawei a recidere ogni rapporto con gli store americani, HarmonyOS Next non avrà più alcuna libreria Android, aspetto che farà cessare  la compatibilità con le utilizzatissime app dell’ecosistema Google (Gmail, Google Maps, Google Drive, Google Meet, Google Home e ovviamente anche YouTube, che appartiene a Mountain View).

Non è semplice recidere il cordone ombelicale con Google, e infatti molti utenti, per lo più europei, che oggi hanno in casa device Huawei continuavano a sfruttare le app statunitensi mettendo in conto di dover fare più operazioni del dovuto per riuscire a installarle, essendo esclusi tali hardware dagli store statunitensi.

LE COPIE CINESI DELLE APP GOOGLE

Del resto, i software dell’azienda Usa si declinano oggigiorno in decine di servizi sfruttati quotidianamente da milioni di persone. Servizi che Huawei dall’inizio della nuova decade ha faticosamente iniziato a sostituire con varianti ad hoc: Google per esempio è sostituito da Petal Search, al posto di Google Play Services si trova il Huawei Mobile Services (Hms), Petal Maps fa le veci di Google Maps, Huawei Cloud dei servizi di storage su nuvola di Mountain View, Meetime di Google Meet, Petal Mail di Gmail e via discorrendo.

Il negozio digitale PlayStore è irraggiungibile, ma c’è l’AppGallery con 10mila app native pronte per gli utenti: svilupparle ha chiesto qualcosa come sei miliardi di yuan l’anno, ma adesso che ogni app occidentale ha la sua variante cinese, tutto è pronto per edificare la versione 4.0 della muraglia cinese, chiudendo al di fuori di essa l’intero ecosistema a stelle e strisce.

UN MONDO VIRTUALE DIVISO TRA EST E OVEST

È innegabile che la Cina abbia saputo fare di necessità virtù perché il ban di Trump ha di fatto costretto i cinesi a non comportarsi da semplici fruitori di servizi esteri, predisponendo da sé i propri. Tutto ciò ha dato ulteriore sprone alle software house del Dragone: oggi la Huawei Developer Alliance conta 6,75 milioni di sviluppatori registrati. Non a caso il presidente di Mobile Cloud di Huawei, Zhu Yonggang, non perde occasione per sottolineare che i progressi compiuti dal sistema operativo HarmonyOS Next nell’ultimo anno hanno permesso di recuperare quanto fatto da Android e iOS in 17 anni.ù

PRESTO ANCHE SU COMPUTER?

Insomma, HarmonyOS Next, in patria più noto come Hongmeng, potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova era tecnologica per la Cina. Non bisogna dimenticare che nel maggio del 2022 (ma la manovra affonda le proprie radici in atti del 2014-2015) Pechino aveva inoltrato alla sua sterminata macchina burocratica un messaggio esplicito: formattare tutti i PC, laptop, tablet – cambiarli qualora fosse stato necessario – per rimuovere ogni traccia di Windows.

Se HarmonyOS Next supererà i primi test e si rivelerà all’altezza delle aspettative, con ogni probabilità avrà inizio la fase 2 che vedrà il sistema operativo asiatico animare tutti i terminali di Stato. Una “rivoluzione culturale 2.0” con le opportune differenze rispetto all’originale degli Anni ’60: riguarda infatti solo la tecnologia e solo i prodotti provenienti dall’estero.

LA DIVISIONE HA ANCHE RISVOLTI POSITIVI

E non è necessariamente un male avere un mondo virtuale eterogeneo: il recente caso del bug informatico CrowdStrike che ha travolto i sistemi operativi Windows ha infatti fotografato la necessità di avere più sistemi operativi cui fare appello, soprattutto in caso di crisi.

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