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Google, Meta e Twitter devono pubblicare le spese dei partiti sui social in campagna elettorale

L'intervento di Andrea Boscaro, partner The Vortex, sulla proposta del professor Marco Mayer di rendere disponibili gli investimenti pubblicitari sui social media da parte dei candidati e dei partiti in queste settimane di campagna elettorale

 

La proposta, avanzata su Startmag dal professor Marco Mayer, di rendere disponibili gli investimenti pubblicitari sui social media da parte dei candidati e dei partiti in queste settimane di campagna elettorale è talmente doverosa che merita di essere diffusa e approfondita.

È talmente doverosa che la stessa Commissione Europea, in una proposta di riforma avanzata lo scorso 25 novembre in previsione delle prossime elezioni del Parlamento Europeo, ha inteso imprimere una maggiore trasparenza affinché non solo le piattaforme digitali, ma anche gli attori politici e i centri media, diano conto degli investimenti sostenuti in campagne pubblicitarie social e digital e indichino i criteri di profilazione adottati nel contempo raccomandando di limitare, in tale attività, l’uso dell’intelligenza artificiale come modo per ridurre il controllo umano nelle scelte di targetizzazione dei destinatari dei messaggi pubblicitari.

È inoltre una proposta che merita di essere approfondita perché il Professor Mayer include nel suo spunto piattaforme che oggi non offrono strumenti come Libreria Inserzioni che Meta è stata chiamata ad introdurre in seguito allo scandalo Cambridge Analytica e che consente, per le campagne di carattere sociale e politico, di osservare le pianificazioni e gli investimenti pubblicitari da parte di candidati, movimenti e partiti.

La disponibilità di un’interfaccia così puntuale non deve però nascondere le difficoltà ad avvalersene: i profili pubblicitari monitorati sono infatti oltre 52 mila solo in Italia e la granularità dei centri di investimento (profili dei partiti nazionali, dei singoli candidati, dei soggetti che li supportano, delle sedi locali…) non rende semplice avere un quadro completo degli investimenti pianificati.

Tale difficoltà si aggiunge all’opacità di cui le campagne pubblicitarie sui social media possono godere quando si avvalgono di sistemi automatizzati: il micro-targeting derivante dall’uso di dati demografici e personali e dalla combinazione di interessi e comportamenti non può infatti che essere raggiunto grazie a tecniche di automazione e machine learning che sfuggono al controllo possibile con interfacce come Libreria Inserzioni.

A rendere più semplici le cose forse contribuisce TikTok che, per una scelta propria, ha rinunciato a raccogliere pubblicità politica benché sia chiaro a tutti quanto, negli ultimi anni, abbia saputo dare voce a forme di attivismo politico e supportare la mobilitazione di militanti e appartenenti a culture alternative.

Se fino a pochi mesi fa, l’unico leader politico italiano ad esservi presente era Matteo Salvini, da qualche mese anche Giuseppe Conte è attivo sulla piattaforma, pur consapevole del minor controllo possibile dei video pubblicati per via del poter essere, questi ultimi, commentati da parte dei detrattori con Duetti e Stitch, due tipologie di video che, su TikTok, possono fare il verso ai messaggi originariamente lanciati.

Le polemiche che in questi giorni hanno seguito i rilievi fatti da Elodie al programma politico di Giorgia Meloni indica poi quanto la campagna elettorale sui social media dovrà essere seguita non solo sui profili dei candidati, ma anche osservando il ruolo giocato questa estate da celebrities e influencer.

La campagna elettorale è appena iniziata e, per la sua brevità e per il distribuirsi della popolazione lontano dalle città per il periodo estivo, la renderà senza dubbio ancor più presente sui social media: una maggiore trasparenza del loro uso potrebbe dunque essere un ulteriore modo per renderla partecipata e consapevole.

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