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Ecco fini, bluff e magagne della fattura elettronica

Tutte le (sorprendenti) novità sulla fatturazione elettronica. I fatti analizzati e commentati nell'approfondimento del commercialista Giuseppe Liturri

 

A pochi giorni dall’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica, la vicenda sembra quasi irrimediabilmente nelle mani del Magistrato, che è stato già interessato con esiti al momento non risolutivi.

Il macigno messo sulla strada della e-fattura è il provvedimento del Garante della Privacy del 15 novembre scorso. In esso, si faceva rilevare l’esistenza di un “…rischio elevato per i diritti e le libertà degli interessati, comportando un trattamento sistematico, generalizzato e di dettaglio di dati personali su larga scala, potenzialmente relativo ad ogni aspetto della vita quotidiana dell’intera popolazione, sproporzionato rispetto all’obiettivo di interesse pubblico, pur legittimo, perseguito…”

È stato successivamente attivato un tavolo tecnico tra MEF, Commercialisti, Consulenti del lavoro ed AssoSoftware per rispondere alle criticità sollevate dal Garante ed, all’esito di tale tavolo, è arrivato il Provvedimento del Garante dello scorso 20 dicembre. In esso:

  1. Si prende atto che l’Agenzia si limiti a memorizzare solo i dati fiscali necessari per i controlli automatizzati (es., incongruenze tra dati dichiarati e quelli a disposizione dell’Agenzia), con l’esclusione della descrizione del bene o servizio oggetto di fattura.
  2. I soggetti che erogano prestazioni sanitarie non dovranno emettere fattura elettronica.
  3. Per quanto riguarda il rischio di usi impropri dei dati, il Garante ha messo in guardia tutti gli operatori che alcune clausole contrattuali, predisposte dalle società di software, possono violare il Regolamento ed espongono a sanzioni.
  4. Ulteriori sforzi sono richiesti all’Agenzia delle entrate per implementare la cifratura dei dati (utile soprattutto in caso di utilizzo della pec), per minimizzare i dati da memorizzare e per conformarsi agli obblighi di trasparenza e correttezza nei confronti degli interessati riguardo ai controlli fiscali effettuati attraverso trattamenti automatizzati o con l’acquisizione delle fatture per le quali il contribuente usufruisce dei servizi di consultazione e conservazione.
  5. Rinvia il tutto ad una nuova valutazione di impatto che l’Agenzia dovrà produrre entro il 15 aprile 2019.

Il giorno successivo, L’Agenzia delle Entrate ha immediatamente adottato un Provvedimento che tiene conto dei suddetti rilievi e si impegna a non memorizzare i dati della fattura elettronica previsti dall’art. 21 lettera g) del DPR 633/1972 (natura, qualita’ e quantita’ dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione) ma solo i dati fiscali necessari per i controlli automatizzati. Fatta salva la facoltà del contribuente di richiedere esplicitamente l’adesione al servizio di conservazione sostitutiva.

Ma, e qui viene il bello, l’Agenzia continuerà a memorizzare tali dati fino al prossimo 3 luglio, quando terminerà il periodo transitorio di cui l’Agenzia ha bisogno per di predisporre la funzionalità di adesione al sistema di conservazione sostitutiva e l’ulteriore periodo di 60 giorni concesso al contribuente per aderirvi. Fino a tale data continuerà tutto come prima, i rilievi del Garante resteranno lettera morta e tutti i rischi paventati saranno pienamente effettivi.

Da questa sequenza di atti, emerge la (irrisolvibile) contraddizione di fondo della fattura elettronica. Essa, per definizione, deve contenere dei dati sensibili che però non servono ai fini dei controlli automatizzati. Poiché l’Agenzia (per non parlare delle software house intermediarie) viene giocoforza in possesso di tali, viene costretta dal Garante a distruggerli, offrendo comunque la facoltà al contribuente di poterli consultare e farli conservare dall’Agenzia. In quest’ultimo caso, assumendo coscientemente il rischio di violazione dei dati sensibili.

Ma, distruggendo i dati relativi a natura, qualità e quantità dei beni i servizi fatturati, l’Agenzia si ritrova a disporre, sostanzialmente, degli stessi dati di cui già disponeva con lo spesometro. L’unica differenza è che diventa uno spesometro in tempo reale. Ma a cosa serve il tempo reale, se i controlli automatizzati non possono partire prima del fatidico 16 del mese in cui arriva l’F24 con i versamenti, e solo in quel momento è possibile rilevare le eventuali incongruenze?

In sostanza, la montagna della fattura elettronica (con tutto l’enorme dispendio di tempo e denaro), dopo l’intervento del Garante, ha partorito il topolino dello spesometro in tempo reale. Strumento che, con frequenza trimestrale, c’era già e garantiva un’efficacia anche maggiore della e-fattura in termini di gettito e lotta all’evasione. Un ‘capolavoro’ i cui nefasti effetti si manifesteranno in pieno nei primi mesi del 2019. Auguri!

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