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Video Streaming

Perché la concorrenza di Facebook a YouTube sarà musica per il video sharing

Che cosa cambia con l'annuncio di Facebook del lncio di un servizio di video sharing concorrente a YouTube? L'intervento di Enzo Mazza, ceo di Fimi (Federazione dell'industria musicale italiana)

 

L’annuncio di Facebook di pochi giorni fa, relativo al lancio di un servizio di video sharing concorrente a YouTube, offre l’occasione per fare un’analisi più approfondita sull’evoluzione del mercato dello streaming video, grande protagonista anche nel corso del recente lockdown globale.

Come è noto la rivoluzione digitale nell’industria musicale è guidata dallo streaming che, complessivamente, nel 2019, ha generato oltre 11,4 miliardi di dollari su un totale dei ricavi complessivi di poco più di venti miliardi, con una crescita di mercato del 10, 3 %

Con una percentuale del 56,1% globale, e in alcuni mercati, come l’Italia, oltre il 65%, la diffusione di musica in streaming è ormai la forma dominante di ascolto da parte dei consumatori. Oggi a livello internazionale gli abbonati a servizi streaming pay sono quasi 400 milioni, e ovviamente superano il miliardo gli utenti di musica free e sostenuta della pubblicità.

La rivoluzione digitale che ha accompagnato il settore è ormai giunta da una nuova importante fase. La monetizzazione dai social è sempre più consistente e significativa, soprattutto se consideriamo che il 51,6% dell’utenza dello streaming si colloca tra i 16 e 24 anni di età.

In tale contesto il video streaming è cresciuto del 15% nel 2019 con una fetta preponderante rappresentata da YouTube che, come noto, a livello globale supera il miliardo di utenti.

In Italia i ricavi da video stream hanno raggiunto nel 2019 i 18 milioni di euro su un totale di 121 milioni dallo streaming. Da considerare anche la grande fetta di consumi che passa da questo segmento, con l’81% dei fan che dichiara di accedere a musica registrata tramite YouTube.

Un fenomeno sostenuto chiaramente dalla pubblicità e di fatto legato ad un consumo gratuito tanto che il video sharing sconta anche la famosa questione del value gap, recentemente affrontata dalla Direttiva copyright. A titolo di confronto possiamo osservare come una piattaforma con il 22% di market share in termini di stream come Spotify rappresenti il 44,5% come ricavi mentre YouTube, con il 51% di market share, a livello di stream generi solo il 6,5% come quota di ricavi.

Con il recepimento della nuova normativa comunitaria tutti si aspettano una revisione al rialzo dei ricavi dal video sharing. Gli effetti della direttiva si applicano ovviamente anche agli eventuali nuovi servizi di video sharing o di short video come quello di Facebook o TikTok.

Sicuramente la mossa di Facebook è stata accelerata dall’effetto lockdown che ha mostrato nei Paesi occidentali una forte spinta del segmento video nella musica. Ad esempio, in Usa, nelle prime settimane della crisi pandemica, a fronte di una crescita dell’1% dell’audio streaming, i video musicali sono saliti del 12,5 % secondo i dati Nielsen.

Anche in Italia, dove già in condizioni normali il fan ascolta musica in audio streaming per circa due ore, il video streaming supera le 3,5 ore, la crescita durante la crisi Covid-19 è stata rilevante, con YouTube, ma anche TikTok a mostrare forti rialzi, poi ribilanciati dalla ripresa dello streaming audio che è cresciuto nel primo semestre di oltre il 16 % secondo i dati GfK.

Certamente la discesa di Facebook nell’area dei video musicali non può che essere accolta con favore perché stimolerà sicuramente la concorrenza, oltre a rivolgersi tendenzialmente ad un pubblico più adulto con repertori più tradizionali, rispetto a Youtube, fortemente condizionato dall’hip hop e della fascia di utenti della generazione Z, così come Spotify.

Con 2,6 maliardi di utenti a livello globale, secondo i dati del Q1 2020, le potenzialità del servizio di Facebook sono davanti agli occhi di tutti.

Teniamo conto che in Italia YouTube e Facebook sono oggi rispettivamente la prima e la terza piattaforma social più utilizzata, entrambe ben oltre l’80% degli utenti che accedono ai servizi. Solo Facebook, secondo gli ultimi dati di We are Digital, conta 29 milioni di utenti nel nostro Paese.

Fino ad oggi gli accordi delle major con Facebook hanno riguardato prevalentemente le licenze per lo user generated content, ovvero i ricavi dalla musica utilizzata dagli utenti sui propri profili Facebook, Instagram e Oculus.

Con il nuovo servizio in fase di lancio in Usa, ma il cui roll out internazionale è prevedibile che avvenga non molto tempo dopo, le previsioni di incasso potrebbero essere sicuramente interessanti per l’industria musicale, in particolare, come si è visto, anche in un Paese come l’Italia dove Facebook è tutt’ora una piattaforma centrale nell’eco sistema social.

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