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Spesa Sanitaria

Dati sanitari accessibili in Lombardia. Fatti e commenti

Cartelle cliniche, risultati delle analisi mediche, i giorni di ricovero in ospedale, i farmaci assunti. Novecento milioni di dati personali sulla nostra salute ora vengono messi a disposizione della ricerca scientifica. Per la prima volta in Lombardia, con la delibera XI/491, la Regione ha acconsentito lo scorso 2 agosto all’accesso ai dati sanitari agli enti…

Cartelle cliniche, risultati delle analisi mediche, i giorni di ricovero in ospedale, i farmaci assunti. Novecento milioni di dati personali sulla nostra salute ora vengono messi a disposizione della ricerca scientifica. Per la prima volta in Lombardia, con la delibera XI/491, la Regione ha acconsentito lo scorso 2 agosto all’accesso ai dati sanitari agli enti di ricerca con l’esclusiva finalità di rilevante interesse
pubblico di programmazione, controllo, valutazione ed appropriatezza dell’assistenza sanitaria.

DOVE SONO CUSTODITI I DATI

Si chiama DataWareHouse l’archivio informatico messo a punto dalla Regione Lombardia che da dieci anni raccoglie i dettagli delle prestazioni sanitarie che riceviamo. Ad oggi, contiene circa novecento milioni di dati sulla salute, interamente a disposizione della ricerca scientifica. I dati sono conservati in un ambiente protetto e controllato, nel completo rispetto dell’anonimato del paziente.

OBIETTIVO

L’obiettivo è fornire ai ricercatori strumenti sempre più potenti per valutare l’efficacia delle cure, l’appropriatezza delle prestazioni, i fattori di rischio legati agli stili di vita e la prevenzione delle malattie attraverso l’analisi dei big data raccolti dal Sistema Informativo Socio Sanitario lombardo (SISS) e
presenti sul DataWareHouse della Regione Lombardia. I dati dovranno essere già privi degli elementi
identificativi diretti quali nome, cognome, codice fiscale, codice di assistenza sanitaria.

CHI NE FARÀ USO

Nell’ambito di questa collaborazione, la Regione Lombardia prevede di coinvolgere Università e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), sia pubblici sia privati in entrambi i casi, purchè abbiano sede in Lombardia. In particolare, “L’ente deve garantire che svolgerà direttamente le attività promosse e richieste dalla Regione senza commissionarle ad altri – si legge nella delibera -. Va utilizzato personale dotato delle conoscenze specifiche, in particolare nel settore della protezione dei dati personali. Università e Irccs per capacità e affidabilità devono fornire idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di trattamento dei dati”.

PUNTI CRITICI

Nodo cruciale è che queste delicate informazioni siano rese anonime in modo che i pazienti non siano identificabili. Nicola Vanin, Senior Manager Data Governance and Information Security Awareness di Tim evidenzia su Twitter alcune criticità che andranno tenute presenti: innanzitutto va impedito che anche senza identificatori espliciti (nome, indirizzo e numero di previdenza sociale), qualcuno possa risalire al paziente incrociando le informazioni ottenute con altre banca dati. Inoltre, sarà necessario affidarsi a personale dotato delle conoscenze nel settore della protezione dei dati personali.

TUTELE MA SENZA RALLENTARE SVILUPPO

Guardare sempre alla protezione della privacy dei pazienti ma la collaborazione tra Sistema Informativo Socio Sanitario lombardo (SISS) con gli enti di ricerca è “Un progetto che va studiato molto attentamente. Certamente occorre trovare un punto di equilibrio tra Big Data, Data Analysis e tutela dei dati personali. Occorre molta attenzione e lungimiranza sia da parte dei detentori dei dati che dei ricercatori che, infine, dei regolatori. Ma su questa via occorre muoversi. E lo stesso, con ancora maggiori difficoltà, per il mondo e-privacy. Ma anche in quel mondo inutile dettare regole troppo rigide che, volendo bloccare quasi tutte le possibilità di uso Big Data e Data Analysis salvo stare dentro limiti molto stretti o usare tecniche molto costose (e spesso fonti di possibili controversie). Il rischio è di rallentare o bloccare lo sviluppo oltre ogni ragionevolezza”. Ha risposto così su LinkedIn Francesco Pizzetti, ex Garante della privacy e docente ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Torino alle criticità osservate da Vanin.

 

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