Mentre Sky Ireland è tornata a tuonare contro i furbetti del pezzotto (nome partenopeo ma cattiva abitudine diffusa in tutto il mondo) ricordando che in Irlanda è illegale possederne, venderne o utilizzarne uno ai sensi del Copyright Act del 2000 e che, se si viene scoperti, si rischiano multe fino a 127.000 euro o pene detentive fino a cinque anni, la Data Protection Commission irlandese, ovvero l’autorità a tutela della privacy, ha avviato un processo di verifica approfondito con Sky per accertare che ogni trattamento o condivisione di dati personali avvenga nel pieno rispetto del Regolamento generale sulla protezione dei dati.
PERCHE’ IL GARANTE SFRUCULIA SKY
Benché la pirateria sia un reato il cui contrasto è di primaria importanza, anche per gli immensi danni economici che il fenomeno procura ai colossi dell’intrattenimento e, a cascata, alle varie Leghe sportive, il presidente della DPC, Des Hogan, ha voluto ribadire che la lotta non può avvenire al di fuori dei limiti tracciati dalla legge: “ci sono motivi legittimi per cui un’azienda possa voler agire contro le frodi”, ha spiegato l’ex Vice Capo Procuratore dello Stato sottolineando come “la questione per noi è se l’uso dei dati personali sia stato effettuato in modo appropriato ed etico”.
La DPC ha chiarito che l’interlocuzione con la multinazionale dell’intrattenimento on demand è in corso da tempo e che è previsto un incontro ufficiale nelle prossime due settimane per approfondire i temi ancora aperti. “Ci auguriamo di raggiungere un punto di atterraggio positivo”, ha aggiunto Hogan. “Ogni condivisione o trattamento dei dati personali al di fuori di un’azienda deve avvenire in modo lecito”, ha ricordato il numero 1 dell’Autorità a tutela della privacy.
LA DIFFUSIONE DELLA PIRATERIA HA SPINTO ALL’USO DI METODI NON CONVENZIONALI?
Secondo i media irlandesi l’autorità sarebbe stata insospettita dalla guerra senza quartiere che Sky Ireland ha promesso per contrastare la pirateria. L’amministratore delegato di Sky Ireland, JD Buckley, aveva detto che l’azienda “evolve costantemente le sue strategie investigative per contrastare lo streaming illegale e proteggere i consumatori dai rischi legati a malware, frodi e furti d’identità”, aggiungendo che “ci saranno conseguenze per chi opera servizi illegali e per chi li utilizza”.
I numeri del resto permettono di comprendere che Sky sia realmente messa all’angolo dai pirati: in Irlanda la multinazionale conta circa 700.000 abbonati, ma almeno altri 400.000 furbetti sarebbero comunque in grado di fruire dei contenuti protetti grazie a dispositivi illeciti.
L’ATTENZIONE PER LA TUTELA DEI DATI
Da qui l’intenzione di esplorare “diverse opzioni investigative” consentite dalle odierne tecnologie, come confermato da un portavoce dell’azienda, tra cui proprio l’uso mirato dei dati per individuare i responsabili di attività illecite. Consentite dalle tecnologie, appunto, mentre si dovrà comprendere se siano consentite anche dalla legge che affonda le sue radici nel dettato comunitario.
Secondo l’articolo 35 del regolamento europeo che disciplina la materia, per attività che possano comportare “un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone”, è obbligatoria una valutazione d’impatto: l’autorità irlandese intende capire se Sky abbia condotto tale valutazione e se le modalità operative finora adottate siano compatibili con gli standard europei.
Laddove l’autorità preposta individuasse violazioni da parte della multinazionale potrebbe, a seconda della gravità delle condotte poste in essere, invalidare i suoi atti ed elevare nei suoi riguardi pesanti sanzioni, col paradosso che il sanzionatore finirebbe a sua volta sanzionato. Uno scenario che rischierebbe di spuntare ulteriormente le armi a disposizione di chi prova ad arginare la pirateria, fenomeno sociale che in Irlanda fatica già oggi a essere arginato.