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Smart Working

Covid e lavoro agile: ecco come gestire il cambiamento

L'intervento di Marco Pepe, consigliere nazionale Unimpresa

 

Lo tsunami della pandemia da Covid-19 che ha colpito anche il nostro Paese, ha portato in evidenza come la necessità del momento ha fatto virtù riscoprendo una norma sulla flessibilità organizzativa, in materia di lavoro, contenuta nella Legge n. 81/2017 che consente di lavorare da remoto utilizzando strumentazioni come pc portatili, tablet e smartphone.

Su tale argomento Unimpresa si è da subito dichiarata favorevole al punto che in tutti i nostri Ccnl il lavoro agile o smart working è applicato e incentivato, laddove possibile, indicandone le procedure di sicurezza, i tempi di pausa, di distacco, le modalità di controllo, di partecipazione alla vita aziendale e dell’equiparazione salariale.

Ma questo istituto contrattuale in Italia, pur da tutti riconosciuto valido ed efficace, è visto come un “freddo” strumento di lavoro.

I motivi sono diversi; anzitutto l’atteggiamento culturale con cui ci approcciamo al lavoro agile: se pensiamo che tale istituto contrattuale sia una modalità di lavoro che di diverso ha solo il luogo di lavoro, continuiamo a commettere l’errore di non vedere lo smart working come dovrebbe essere nella realtà, ovvero una diversa organizzazione del lavoro per progetto.

In questo senso tutta la potenzialità del lavoro agile è messa in evidenza consentendo vantaggi come la produttività, la riduzione de alienazione del posto di lavoro, la riduzione dello stress per muoversi da casa a lavoro e viceversa e non ultimo un inevitabile guadagno ambientale non di poco conto.

Un secondo aspetto ci viene confermato dai dati sulla piaga del mobbing e delle molestie sessuali in Italia che sono a numeri costanti, non scendono e tendono a salire. Il lavoro agile “allontana” le persone tra loro riducendo il tempo a disposizione per dialogare e far sentire la propria presenza e questo potrebbe, a lungo andare essere un bene.

L’accento va posto sul fenomeno della produttività. Infatti non a caso molte aziende, incluse le multinazionali, hanno deciso l’utilizzo del lavoro agile per sempre. Il motivo è semplice: il lavoratore che ha la possibilità di gestire i propri tempi tra lavoro-pausa e tempo libero, produce mediamente il 45% in più di produttività a parità di ore di lavoro in presenza.

Lo smart working, però va organizzato bene e in modo funzionale.

Anzitutto deve esserci un accordo scritto tra dipendente e azienda che deve contenere esattamente le fasi organizzative, le esigenze aziendali, (durata e modalità di recesso/proroga) forme di esercizio del potere direttivo, strumenti lavorativi e modalità di utilizzo, orario di lavoro e tempi di riposo, modalità di esercizio del potere di controllo e misure tecniche per la disconnessione del lavoratore. le circostanze che devono consentire alle parti di interrompere per pausa di lavoro e per distacco totale (fine lavoro), la responsabilità sull’uso degli strumenti e della sicurezza dei dati, della presenza del lavoratore agile in azienda, della bacheca sindacale, della retribuzione e del premio di risultato, ed altro ancora.

Diventa, quindi, necessario per l’azienda predisporre un piano strutturato in grado di fornire le linee guida che comprendono anche la formazione, quali strumenti sono necessari, i contatti per eventuali problemi tecnico-informatici, il livello di accesso ai dati ed altro ancora.

Gli effetti collaterali dell’uso del lavoro agile

Lo smart working, però produce anche degli effetti collaterali non di poco conto: quelli positivi riguardano appunto l’indice di produttività, la consapevolezza della gestione del proprio tempo e non ultimo una maggiore attenzione alla qualità della vita e dell’ambiente in genere.

In negativo si potrebbe avere il rischio di isolamento sociale. Su quest’ultimo aspetto le soluzioni sono tante: vanno dalla presenza obbligatoria in azienda per un certo numero di giorni alla settimana, ad un maggiore uso degli strumenti social tra colleghi.

Ma un diverso effetto collaterale e più interessante riguarda il “ripensare alle città”.

Quest’ultimo aspetto nasce dall’esigenza dello smart worker ovvero lavoratore agile, di utilizzare i tempi di pausa per fare compere di prima necessità in un tempo medio di 20/30 minuti circa che corrisponde al tempo medio di pausa.

Nei Paesi nord europei tale esigenza è molto sentita perché il lavoro agile è applicato su una platea maggiore di lavoratori rispetto all’Italia. Se vogliamo ampliare i nostri orizzonti, lo stesso problema è sentito anche in diversi Paesi asiatici.

Un interessante aspetto ci viene confermato da alcune ricerche a livello europeo basato sulla disponibilità offerta da grandi aziende ai propri dipendenti. Questi ultimi ritengono che lo smart working sia una favorevole occasione perché avrebbero la possibilità di lavorare in qualsiasi luogo. Sono preferiti i luoghi al mare e/o in montagna.

Sulla base di tali considerazioni, diverse città europee stanno adottando le soluzioni più adatte al ripensare all’architettura delle città, ovvero stimolare l’apertura di esercizi commerciali di piccole e/o medie dimensioni in quartieri popolari diversi dalle city commerciali e finanziarie.

Il vantaggio che se ne ricava è enorme. Primo: tutti i servizi possibili sono intorno alle abitazioni nell’arco di circa 20/30 minuti a piedi; secondo: viene eliminato il traffico di spostamento dall’abitazione al luogo di lavoro con enormi vantaggi di riduzione di agenti inquinanti e di tempi cosiddetti “morti” del traffico; (in Italia i tempi “morti” sono molto alti rispetto agli altri Paesi Europei) terzo: aumento della qualità della vita/lavoro.

Tre argomenti di non poco conto anche sotto il punto di vista strettamente economico in considerazione del dispendio di tempo e della riduzione delle polveri inquinanti dannose alla salute umana.

In Italia siamo ancora molto indietro; infatti il ripensare all’architettura delle città non se ne parla, eppure se consideriamo la maggior parte delle strutture delle nostre città medie e di piccoli centri abitati in realtà noi abbiamo il vantaggio “storico” di essere già architettonicamente strutturati. In genere intorno alle chiese e/o alle piazze principali si sviluppano le abitazioni in senso generalmente circolare.

Altro argomento a favore è senz’altro il ripopolamento dei piccoli borghi. Il lavoro agile consentirebbe facilmente di creare le condizioni per ripopolare i borghi abbandonati con vantaggi anche riflessi sul turismo.

La premessa su tutto è certamente la copertura internet su tutto il territorio nazionale.

Bisogna abolire le norme che impediscono la nascita di attività commerciali, misurata oggi in relazione al numero di abitanti, dobbiamo continuare sulla strada della semplificazione iniziata coi Governi Berlusconi dando certezza di apertura di attività commerciali al massimo in 10 giorni e senza limitazioni di distanza e di numero di abitanti.

Un primo timido segnale è stato avviato dalla grande distribuzione organizzata che ha aperto in alcuni centri cittadini dei piccoli store di diretta emanazione della stessa casa madre contenendo i costi in molti casi simili a quelli che si trovano negli scaffali di realtà commerciali molto più grandi.

Il cambiamento indotto generato dalla pandemia Covid è inesorabile: noi abbiamo il compito di gestire il cambiamento e non subirlo come purtroppo la storia ci insegna.

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