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Innova

Covid-19, come sostenere le aziende che si metteranno in sicurezza

Innovazione, etica e imprese ai tempi del Coronavirus. L'intervento di Alessandra Todde, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, anche sul programma "Innova per l'Italia"

Dopo quasi 30 anni di vita professionale nel mondo privato, come imprenditrice e come manager, la mia prima esperienza politica e al Governo si scontra con la più grave crisi che il Paese affronta dal dopo guerra.

La domanda che mi pongo incessantemente — a maggior ragione nelle ultime settimane — è come io possa mettere in modo efficace quest’esperienza al servizio delle Imprese. Il Ministero dello Sviluppo economico deve non solo rappresentare ma anche tutelare, proteggere e sviluppare, nel momento più complicato che le Aziende devono affrontare. In questi 7 mesi al Mise, mi sono occupata principalmente di ambiti quali innovazione, crisi aziendali, sostenibilità, attuazione e semplificazione per le PMI. E di finanza etica e di imprese sociali. Sto portando avanti programmi internazionali, come lo sviluppo delle Smart Cities, gestisco vertenze complesse come quella dell’Ex Alcoa nel Sulcis in Sardegna, che durano da oltre 10 anni. Lavoro sul Piano Nazionale Energia e Clima e sul Phase Out dell’Italia dal carbone. Mi sono posta come obiettivo salvaguardare le attività piccole e medie, di frequente anche le più qualitative, rafforzando i loro strumenti e processi tecnologici ed informandole sugli incentivi disponibili e su come poterli utilizzare.

L’abbattersi di questa crisi senza precedenti ha stravolto le priorità ma mi ha anche mostrato la profondissima correlazione dei temi di cui mi sto occupando, e di come una ripartenza che metta a fattor comune questi aspetti possa costituire l’asse portante di un percorso di resistenza e di rinascita. Il Governo di cui faccio parte ha focalizzato le sue misure su aiuti economici immediati per le persone e le aziende oggi in difficoltà, ma deve permettere la riapertura delle imprese nel più breve tempo possibile e in sicurezza sanitaria. Ogni giorno di chiusura ha impatti molto gravi sul sistema economico italiano, dati Ocse ci indicano la perdita di almeno due punti di Pil ogni mese di chiusura.

È chiaro che una ripartenza che non protegga la salute dei lavoratori e non li metta in condizioni di sicurezza durature, è destinata a rigettarci in complessità ancora più insidiose da gestire, e condannare molte aziende al fallimento. La chiave per la riapertura passa attraverso un approvvigionamento sicuro e continuo dei “Dispositivi di Protezione Individuale” per le aziende, e la modifica dei modelli di produzione aziendali per poter proteggere la salute di chi lavora. Per sopravvivere e prosperare ai tempi del CoronaVirus, è necessario trasformare profondamente il concetto di attività produttiva, e in questo senso l’innovazione deve essere centrale. È necessario che un’azienda si prenda cura dei propri dipendenti garantendo sia percorsi sicuri per arrivare al lavoro sia la protezione nel luogo di lavoro stesso, e incentivare lo smart working dove questo è possibile. È necessario virtualizzare in modo efficace i rapporti con i propri clienti e fornitori, perché non sarà possibile ancora a lungo viaggiare come prima, ma sono rapporti vitali per le nostre aziende. Nuovi modelli di marketing, quindi, di posizionamento, di produzione, di logistica e di operatività. Lo Stato in tutte le sue espressioni deve lavorare per poter supportare le aziende in questo percorso.

Ho potuto testare la capacità di reazione delle nostre imprese nelle scorse settimane, osservando come rispondevano al programma “Innova per l’Italia”, che ho seguito per conto del Mise. Un’iniziativa realizzata in collaborazione con il MID, con il MUR e il commissario straordinario, con l’obiettivo di incentivare le aziende che vogliono riconvertire la loro produzione per fronteggiare l’emergenza Covid-19. Oltre 2000 domande e progetti validi, utili e innovativi. Definire le giuste strategie d’azione per l’ingresso nella fase di post emergenza e di convivenza con il virus, può essere un’occasione importante per mettere al centro della nostra economia non l’essere umano che consuma, ma che produce e crea valore. E il cui rapporto con l’ambiente diventa un volano di sviluppo e non una costrizione.

Una visione più etica della nostra economia che potrà contribuire a rafforzare la resilienza del sistema paese dove i distretti di eccellenza, che sono la spina dorsale dell’Italia, svilupperanno dei meccanismi di supporto solidale per mantenere competenza ed eccellenza nei territori dove sono insediati, proteggendoli e sostenendoli nel contempo. La situazione di emergenza in cui versiamo, renderà più aspre le problematiche di crisi. Dovremo dare alle imprese risposte certe ed efficaci. L’obiettivo non è solo rimettere le aziende in grado di tornare alla piena attività, ma di crescere ancora, garantendo sviluppo e occupazione, eliminando gli alibi per modelli non più sostenibili, di cui la crisi indotta dal Covid-19 non è stata causa ma acceleratore.

Due parole chiave: Sviluppo e Crisi. Due facce della stessa medaglia. Le difficoltà possono trovare soluzione attraverso la capacità di reinventare il proprio business. Bisogna avere coraggio, coraggio di innovare e coraggio supportare le aziende, coraggio di trasformare questa situazione in opportunità. E’ fondamentale rivedere e ristrutturare la politica industriale dell’Italia. Ad esempio, le ultime tre regioni per attività di impresa sono tutte regioni del Mezzogiorno: Campania, Calabria e Sicilia. La Sardegna, da cui io provengo, ha sviluppato negli anni, dei limiti alla capacità di impresa evidenti, dove un sistema politico-burocratico medioevale punisce l’imprenditore invece di incentivarlo e non dota l’Isola delle infrastrutture necessarie, per i trasporti e per la connettività, cercando invece di ancorarla al passato. Queste regioni presentano il minor numero di imprese attive ogni mille abitanti.

Per questo dobbiamo lavorare a potenziare i distretti produttivi e gli ambiti dove siamo eccellenti, per citarne alcuni la meccanica di precisione e l’aerospazio. Siamo la terza manifattura in Europa. E dobbiamo riportare in Italia le filiere strategiche e produzioni di materie prime essenziali, come l’alluminio. Perché niente sarà come prima. Anche nelle relazioni commerciali internazionali. Rafforzare i distretti produttivi, incentivando meccanismi di aggregazione negli acquisti, nella presenza internazionale e nell’utilizzo di strumenti finanziari a supporto.

L’Italia deve investire sempre più nella banda larga e in infrastrutture digitali, per consentire la creazione di ecosistemi tecnologici che portino alla realizzazione di nuovi modelli di sviluppo. Deve usare la tecnologia per semplificare la burocrazia. Nell’ultimo anno sono stati fatti passi avanti importanti, specie per quanto riguarda gli investimenti nella banda larga e la costituzione di un fondo per l’innovazione a favore delle start-up italiane, ma ora è il tempo dell’efficacia. Abbiamo il vantaggio di avere nuove generazioni totalmente digitali in grado di comprendere e maneggiare la tecnologia in modo nativo. La ripartenza deve mettere al centro le loro competenze e usare la loro capacità ed entusiasmo come acceleratore per la ripartenza del Paese.

Concludo proponendo un metodo: si deve stabilire una catena di comando e di responsabilità per garantire e sostenere le aziende che si metteranno in sicurezza. Nel momento in cui virologi ed epidemiologi comunicheranno che si potrà uscire dalla fase emergenziale, dobbiamo essere pronti.

Usando le parole del filosofo greco Eraclito: Ethos Anthrophoi Daimon.

Il carattere di un uomo è il suo destino. Dimostriamo il nostro carattere. Ne va del futuro del nostro Paese.

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