Tim accelera sulla banda ultraveloce e installa 6 mila chilometri fibra al giorno. Entro il 2019 promette copertura totale del 4G e importanti investimenti
Avanti tutta sulla rete 4G, sugli investimenti in banda larga e barra ferma sull’occupazione. Il 2017 di Tim si preannuncia all’insegna dello sprint, come hanno chiarito i vertici societari alla Camera, ascoltati dai deputati della commissione Attività produttive. Prima però il presidente Giuseppe Recchi ha voluto rassicurare su un punto. Andiamo con ordine.
Nessuna ristrutturazione in vista
Nei mesi scorsi erano spesso circolate voci di una ristrutturazione aziendale, con annessi diversi esuberi di personale. Rumors che avevano scatenato la mobilitazione dei sindacati. Ma nulla di tutto questo sarebbe vero, come ribadito da Recchi in occasione del confronto in Parlamento. Per Tim non è prevista “alcuna ristrutturazione occupazionale: Abbiamo spiegato gli aggiornamenti del piano industriale e occupazionale dove ci siamo impegnati a mantenere l’attuale perimetro” dell’occupazione, ha spiegato il presidente dell’ex Telecom Italia.
Copertura 4G quasi totale entro il 2019
Messe in sicurezza le questioni legate al lavoro, è tempo però di capire in che modo il gruppo si muoverà nel corso del 2017, ma anche nei prossimi anni. Molto lo si può capire dal piano industriale, che contiene tra le altre cose informazioni precise sullo stato di attuazione della cablatura nazionale su rete mobile, ovvero sulla possibilità di usufruire della rete veloce in tutte le zone d’Italia. Tanto per cominciare entro il 2019 la copertura del Paese con la rete 4G sarà del 99%, contro l’attuale 96%. Un target in linea con Paesi come Regno Unito, Germania e Spagna, ma superiore alla Francia, dove la cablatura a 4G è ferma all’88%.
Lo sprint della banda larga
Passando sulla sponda della rete fissa, dai dati diffusi dalla compagnia Tlc nel corso del confronto coi deputati, emerge una vera e propria accelerazione sulla banda larga. Ad oggi sono 14,3 milioni le abitazioni servite dalla banda ultraveloce, ma entro il 2019 Tim punta a servirne 23 milioni. Stando ai volumi di crescita odierni, il gruppo sta piazzando 6 mila chilometri fibra al giorno, per un totale di 400 mila case servite ogni mese. Inoltre, a partire dal 2013 al 2016, le abitazioni dotate di banda ultralarga sono state 10 milioni, praticamente tre volte la cablatura totale dell’Austria. Certo, il confronto internazionale è ancora amaro: nel Regno Unito la copertura veloce è già al 92%, in Germania all’82%, in Italia ancora al 72%.
Gli investimenti
Per quanto riguarda gli investimenti, nei prossimi tre anni il gruppo investirà 11 miliardi in Italia, di cui cinque per la rete ultraveoloce e sei per quella tradizionale mentre nel solo Brasile, dove la compagnia è presente con Tim Brasil, l’azienda investirà 3,6 miliardi. Con la nuova strategia Tim dovrebbe coprire oltre il 99% della popolazione con la rete mobile LTE 4G e il 95% della popolazione con la fibra ottica. Saranno 50 le città che avranno a disposizione la fibra ottica da 1 GBit, e l’operatore dovrebbe cablare gran parte dell’Italia nel giro di due anni. Numeri che, purtroppo dobbiamo ammetterlo, ad oggi sembrano fantascienza considerando la capillarità odierna della fibra nelle zone periferiche. Pare però che Tim ci creda davvero puntando gran parte degli investimenti proprio sull’espansione delle infrastrutture a banda ultra larga. La società prevede che nel 2019 i clienti Lte rappresenteranno il 90% dell’utenza Mobile Broadband e potranno godere di un’infrastruttura da 75 Mbps “pressoché totalitaria del Paese”, con picchi da 500 Mbps nelle aree centrali grazie alle tecnologie di carrier aggregation. La crescita passerà anche anche per il settore fisso domestico, che è forse quello su cui un po’ tutti abbiamo puntato i riflettori.
La lezione svedese
Allargando il discorso all’Europa, viene da chiedersi: chi è il campione del Vecchio Continente in tema di internet veloce? Non c’è un vero vincitore, ma la Svezia è sicuramente un esempio. Il Paese nordeuropeo registra un alto livello di competenze nel campo della banda larga. L’associazione Swedish Local Fibre Alliance punta a dare l’opportunità ad altri paesi di usufruire delle competenze e dell’esperienza acquisite dalle aziende svedesi attive nel settore della fibra ottica e scambiare best practices. Questa settimana una delegazione composta dall’associazione e circa 15 dei suoi membri con Business Sweden farà una visita in Italia con l’obiettivo di fornire un primo importante contatto con le parti interessate italiane. “Le nostre aziende svedesi nel settore della banda larga hanno esperienze e competenze uniche che vogliamo promuovere. Se riusciremo in questo intento, a mio giudizio ci possiamo aspettare un futuro positivo nell’esportazione verso diversi paesi” dice Mikael Ek, Ceo dello Swedish Local Fibre Alliance. La visita in Italia è organizzata da Business Sweden in collaborazione con Swedish Local Fibre Alliance. Durante la visita le aziende svedesi incontreranno rappresentanti di Open Fiber, la società che si è aggiudicata la prima gara Infratel per la realizzazione della rete a banda ultralarga nelle aree bianche delle prime sei Regioni. In Italia, la Svezia è vista come un esempio nel campo della fibra ottica. A mio parere quindi ci sono buone possibilità per le aziende che fanno parte della delegazione di fare affari in futuro, dice Kristofer Svartling, Trade Commissioner dell’Ambasciata di Svezia in Italia.
Tim e il caso Infratel
E pensare che proprio Tim ha da poco detto di no al secondo bando Infratel, la spa incaricata di gestire e coordinare i privati nell’opera di cablatura del Paese. Il gruppo infatti non parteciperà alla seconda gara Infratel da 1,2 miliardi per la realizzazione delle reti ultrabroadband nelle aree bianche di 10 Regioni (Piemonte, Valle D’Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Basilicata, Sicilia) più la Provincia di Trento, per un totale di 3.710 comuni. Alla scadenza per la presentazione delle offerte la società capitanata da Flavio Cattaneo ha deciso di tirarsi fuori. Una scelta, aveva spiegato il gruppo, coerente con quanto già comunicato a suo tempo al Ministero dello Sviluppo Economico e a Infratel.
Minacce francesi
Qualcosa però preoccupa Tim, nonostante il piano industriale a trazione anteriore. Xavier Niel, il numero uno del gruppo francese Ilad, ha affermato di puntare al 10-15% del mercato italiano della telefonia mobile. Secondo l’imprenditore transalpino in Italia ci sarebbero spazi per offerte con un prezzo inferiore di circa il 10% rispetto a quelle attualmente più convenienti. Iliad dovrebbe lanciare la sua offerta verso la fine di questo anno dopo aver rilevato alcune delle frequenze cedute da Wind e 3 Italia prima della fusione. Iliad userà anche in Italia il marchio Free che ha registrato negli ultimi anni una forte crescita in Francia. Ma non è tutto. Niel ha affermato di voler entrare anche nella telefonia fissa e di aver perciò contattato Enel che sta lavorando ad una rete in fibra ottica alternativa a quella di Telecom Italia.
La banda larga fa bene
Alla fine però, rimane una domanda di fondo. La banda larga quanto fa bene all’economia? A dirci cosa guadagnerebbero anche le piccole imprese grazie all’installazione della banda ultralarga è un documento redatto dall’Istat, “Valutazione della relazione tra l’uso di Ict da parte delle microimprese, copertura a banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato e performance aziendale”, in cui si prendono in esame 250mila imprese fra 3 e 9 addetti. “In tutti i domini considerati si avrebbe un aumento di produttività variabile dal 7% fino al 23% del valore aggiunto delle aree bianche/bianche dirette calcolato in assenza di investimenti e pari al 13% per il complesso di tutte le aree bianche italiane considerate“, si legge nel documento. A conti fatti, la produttività aumenterebbe di circa 4.900 euro per addetto. È bene specificare che le aree bianche sono quelle considerate a fallimento, in cui è necessario l’intervento pubblico per garantire la copertura del servizio a banda ultralarga. Se diamo uno sguardo a livello territoriale, i benefici più grandi si avrebbero per le imprese del Nord-Ovest, con un aumento di valore aggiunto del 14%. Seguono, secondo il rapporto dell’Istat, le imprese del Nord-est e del Centro, con un valore aggiunto superiore del 12%. Il Sud e le Isole, invece, avrebbero benefici più limitati, con un valore aggiunto del 9%.
Gianluca Zapponini