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Cos’ha davvero in mente Trump con l’AI Action Plan

Con l’AI Action Plan, Trump propone una strategia per dominare il settore dell’intelligenza artificiale, fondata su deregulation, supremazia militare e controllo ideologico, ridisegnando i confini tra tecnologia e potere. L’approfondimento di Laura Turini per Appunti di Stefano Feltri

 

L’America, secondo Donald Trump, non può permettersi di perdere la corsa globale all’intelligenza artificiale e non deve esserci spazio per nessun altro stato al di fuori degli Stati Uniti.

L’AI Action Plan, pubblicato nel mese di luglio 2025, più che un piano operativo è una dichiarazione di visione politica netta e decisa. Presentato come la chiave per un futuro di prosperità economica, sicurezza nazionale e primato tecnologico, il documento delinea una strategia aggressiva e senza compromessi che comprende deregulation, potere militare, dominio industriale. Ma dietro la retorica dell’innovazione si nasconde anche un progetto culturale preciso, che punta a riscrivere e controllare ciò che l’intelligenza artificiale potrà o non potrà dire.

Uno dei punti centrali del piano è la promessa di promuovere una intelligenza artificiale obiettiva, priva di pregiudizi ideologici imposti dall’alto, un principio che, letto distrattamente, potrebbe apparire come una salvaguardia della neutralità algoritmica, ma che svela una diversa natura.

Lo scopo è quello di eliminare ogni riferimento nei documenti federali a concetti come diversità, equità, inclusione e persino cambiamento climatico, che rappresenterebbero una forma di ingegneria sociale da estirpare.

In pratica, il governo federale si impegna a finanziare solo quei modelli linguistici che aderiscono a una visione del mondo “priva di distorsioni ideologiche”, purché non siano di matrice progressista.

Il National Institute of Standards and Technology (NIST) è incaricato di rivedere le linee guida sull’AI per eliminare ogni accenno a queste tematiche e il risultato dovrebbe essere una vera e propria “bonifica semantica” dello spazio digitale pubblico, che ridefinisce i confini della libertà d’espressione algoritmica.

Il piano Trump mette al centro, come era prevedibile, anche una strategia di deregolamentazione totale per favorire lo sviluppo e la diffusione dell’AI in tutti i settori.

Vengono proposte misure per smantellare regolamenti federali che ostacolerebbero l’innovazione, si scoraggia qualsiasi legge statale troppo restrittiva, e si prevede addirittura di tagliare i finanziamenti federali agli Stati che adottano regolamenti sull’AI considerati “eccessivi”.

Per lo sviluppo di questa tecnologia non ci si preoccupa neppure dell’ambiente, e anche questa non è una novità nel pensiero trumpiano. Il documento invita esplicitamente a potenziare la rete energetica nazionale per sostenere la crescita di settori industriali ad alto consumo, come data center e produzione di semiconduttori, senza curarsi troppo dell’impatto ambientale.

IL SENSO GEOPOLITICO

Ciò che più colpisce, però, è che l’Action Plan lascia trasparire un’ambizione geopolitica di più ampio respiro.

Il governo intende integrare l’intelligenza artificiale in modo sostanziale all’interno del Dipartimento della Difesa, trasformandola in un vantaggio competitivo nei conflitti futuri. L’intelligenza artificiale verrà usata dalle operazioni sul campo alle attività logistiche e sebbene il piano riconosca i rischi derivanti dall’uso dell’AI per scopi militari, non offre strumenti normativi per mitigarli, limitandosi a prevedere una costante vigilanza.

All’azione militare si affianca una strategia di esportazione della tecnologia americana verso gli alleati.

L’obiettivo è quello di creare una sorta di alleanza globale, ovviamente capeggiata e dominata dagli Stati Uniti, fondata su standard e hardware sviluppati negli USA per impedire ai rivali strategici, prima di tutto la Cina, di dettare le regole o penetrare nei sistemi tecnologici dei partner occidentali.

Per raggiungere lo scopo si prevede anche un rafforzamento dei controlli all’esportazione e nuove misure protettive nella catena di approvvigionamento, soprattutto nel settore dei semiconduttori.

In merito all’impatto che l’intelligenza artificiale potrà avere nel mondo del lavoro, la risposta dell’Action Plan, più che semplice è semplicistica.

Si prevedono corsi di formazione, incentivi fiscali, piani di riqualificazione, come se bastasse aggiornare le competenze per risolvere un problema così complesso, senza che vengano presi in considerazione meccanismi di protezione sociale.

Nell’Action Plan, l’intelligenza artificiale non è vista solo come uno strumento di progresso, ma come un mezzo per affermare una precisa egemonia culturale e geopolitica, eliminando l’idea stessa che l’AI possa essere un riflesso pluralista della società.

Non è un caso che tra gli autori principali del piano figurino consiglieri come Michael Kratsios, David Sacks e Marco Rubio, noti per il loro orientamento nazionalista in campo tecnologico e per il loro scetticismo verso le big tech progressiste.

AL SERVIZIO DELLE AMBIZIONI AMERICANE

Il documento più che per le misure che introduce, che sono piuttosto generiche, è rilevante per la visione che propone di un mondo in cui l’intelligenza artificiale è al servizio della forza economica, della supremazia militare e dell’uniformità ideologica degli Stati Uniti, in cui l’etica e il pluralismo rappresentano quasi una minaccia.

Meno Stato regolatore, più Stato stratega, capace di indirizzare la tecnologia secondo gli obiettivi del potere. La corsa al predominio nel settore dell’AI, secondo Trump, non si vince solo con i processori e i modelli linguistici, ma controllando chi li costruisce, le risposte che danno, e a chi vengono venduti.

L’idea in sé non sarebbe sbagliata. La tecnologia dovrebbe rispecchiare la volontà politica intesa nel senso più sacro del termine e che quindi dovrebbe essere quella della collettività non del singolo e tanto meno quella di un singolo stato al mondo come pretenderebbe Donald Trump.

Sarebbe quindi auspicabile una forte risposta europea a questo piano. Visto che siamo tra gli alleati è importante capire se saremo ancora una volta sudditi e meri destinatari della volontà di oltreoceano o se avremo finalmente il coraggio di osare qualcosa di diverso. Le alternative ci sono.

Se non le perseguiremo, non avremo in casa soltanto la tecnologia americana ma anche le ideologie e i valori che essa vuole trasmettere e che, spiace dirlo, sembrano sempre più lontani dal pensiero della maggior parte dei cittadini d’Europa.

(Estratto da Appunti di Stefano Feltri)

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