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maga in the desert

Cosa cambierà per l’Intelligenza artificiale dopo gli accordi di Trump con l’Arabia Saudita

La missione di Trump in Arabia Saudita unisce capitali del Golfo e colossi tech per dominare l’AI. Ma l’uso dell’AI per la sorveglianza in regimi autoritari, l’impatto ambientale dei data center e la dipendenza da fondi stranieri sollevano dilemmi etici e geopolitici. Estratto del Settimanale "Tech e Privacy", la newsletter di Claudia Giulia Ferrauto.

(MAGA in the Desert: l’America di Trump tra capitali del Golfo e oligarchi tech Estratto del Settimanale “Tech e Privacy”, la newsletter di Claudia Giulia Ferrauto)

Lo slogan “Make America Great Again” (MAGA) non è più solo un grido elettorale, ma il simbolo di una complessa alleanza economica e geopolitica. La missione “MAGA in the Desert”, culminata nel Saudi-US Investment Forum di Riyadh (13-14 maggio 2025), vede Donald Trump affiancato da titani tech come Elon Musk, Mark Zuckerberg, Larry Fink e Sam Altman. Atterrati in Arabia Saudita l’11 maggio, hanno siglato accordi per 600 miliardi di dollari, puntando su intelligenza artificiale (AI), difesa e tecnologia (New York Post). Ma dietro il luccichio degli investimenti si celano interrogativi su sovranità, etica e potere. Questo testo esplora il contesto, gli accordi, gli attori coinvolti e le implicazioni, con una riflessione critica su una strategia che intreccia capitali degli sceicchi e ambizioni dei nuovi oligarchi tech.

IL QUADRO: ACCOORDI MILIARDI E STRATEGIE GLOBALI

La missione di Trump a Riyadh, riportata da New York Post e France 24, ha segnato un punto di svolta nei rapporti USA-Golfo. Gli accordi, siglati durante il forum e un summit del Gulf Cooperation Council (GCC), coprono settori strategici: Nvidia e AMD forniranno chip per data center sauditi ed emiratini dedicati all’AI, con un potenziale export di un milione di chip agli Emirati (Gulf Insider). Elon Musk ha negoziato l’uso di Starlink per aviazione e navigazione marittima, rafforzando la connettività regionale (New York Post). Sul fronte militare, il Dipartimento della Difesa USA ha autorizzato una vendita di missili AIM-120C-8 per 3,5 miliardi di dollari all’Arabia Saudita (New York Post).

Questi patti riflettono l’agenda “America First” di Trump, che ha esentato i Paesi del Golfo dai dazi del 10-49% imposti a Europa e Cina, favorendo partnership bilaterali (France 24). Il fondo sovrano saudita (PIF) ha intensificato gli investimenti in USA, seguendo il precedente del 2022, quando ha versato 2 miliardi di dollari nella società di Jared Kushner (France 24). Trump ha annunciato un piano da 500 miliardi per l’AI, criticato da Musk per la vaghezza sui finanziamenti. Tuttavia, il Congresso e il Committee on Foreign Investment in the United States (CFIUS) supervisionano questi accordi, anche se la loro influenza appare limitata di fronte alla spinta politica (France 24). Questo intreccio tra governo, corporation e capitali esteri evidenzia una strategia sistemica per competere con la Cina nella corsa tecnologica.

ATTORI E INTERESSI: CHI MUOVE I FILI

La missione coinvolge un mosaico di attori con interessi economici e geopolitici:

  • Amministrazione Trump: Trump è il volto pubblico, ma il suo entourage, incluso Kushner, opera in un sistema che coinvolge Congresso, Dipartimento del Commercio e CFIUS. Kushner, legato al PIF, solleva timori di conflitti di interesse (France 24).
  • Oligarchi tech: Musk (SpaceX, Tesla), Zuckerberg (Meta), Fink (BlackRock) e Altman (OpenAI) rappresentano il potere delle corporation. Musk espande Starlink, Zuckerberg punta sulla comunicazione digitale, Fink guida investimenti infrastrutturali e Altman plasma l’AI (New York Post). Nvidia e AMD, con i loro chip, sono pilastri della rivoluzione tecnologica (Gulf Insider).
  • Paesi del Golfo: Arabia Saudita ed Emirati, attraverso il PIF, cercano tecnologia e influenza, diversificando le loro economie. In cambio, offrono capitali e un’alleanza contro l’Iran (France 24).
  • Nuova élite economica: Imprenditori come Musk e aziende come Palantir sfruttano il protezionismo di Trump e i capitali esteri per consolidare il loro potere (New York Post).

Gli interessi convergono su accesso a mercati, contenimento dell’Iran e leadership tecnologica, ma il peso delle corporation e i legami personali di Kushner sollevano dubbi su trasparenza e sovranità.

L’AI: INNOVAZIONE O ARMA A DOPPIO TAGLIO?

L’AI è il cuore degli accordi, con data center sauditi ed emiratini destinati a fare del Golfo un hub tecnologico (Gulf Insider). Tuttavia, in regimi autoritari, l’AI alimenta la sorveglianza: l’Arabia Saudita usa sistemi di riconoscimento facciale per monitorare dissidenti, mentre gli Emirati gestiscono reti come “Falcon Eye” (Amnesty International). Questi precedenti suggeriscono che i nuovi data center potrebbero amplificare la repressione, sollevando dilemmi etici. L’assenza di normative globali lascia spazio a rischi, come sottolineato da France 24.

L’impatto ambientale è altrettanto critico. Un data center AI può consumare 1 gigawatt, pari al fabbisogno di una piccola città, aggravando la crisi climatica (post su X).

Starlink ha un potenziale uso militare, mentre Meta e OpenAI potrebbero influenzare comunicazione ed etica dell’AI nel Golfo (New York Post). Questi sviluppi richiedono una governance internazionale, al momento inesistente.

IMPLICAZIONI SISTEMICHE ED ETICHE

“MAGA in the Desert” non è solo una missione di Trump, ma un riflesso del capitalismo globale, dove corporation e governi si intrecciano. I benefici economici, come i posti di lavoro promessi negli USA, rischiano di favorire élite, mentre nel Golfo le ricadute per le popolazioni locali potrebbero essere limitate (France 24). La base MAGA, sensibile al messaggio anti-élite, potrebbe criticare l’alleanza con sceicchi e multinazionali, erodendo il consenso (ZeroHedge). Inoltre, il sostegno USA alla coalizione saudita nello Yemen, citato dal Japan Times, suggerisce uno scambio tra capitali e supporto geopolitico, con implicazioni destabilizzanti.

IL COMMENTO

La missione “MAGA in the Desert”, il Saudi-US Investment Forum di Riyadh (13-14 maggio 2025), rappresenta un’ambiziosa mossa dell’amministrazione Trump per rafforzare la leadership economica e tecnologica degli Stati Uniti attraverso alleanze con il Golfo. Con la partecipazione di colossi come Elon Musk, Mark Zuckerberg, Larry Fink e Sam Altman, l’evento promette accordi da 600 miliardi di dollari in difesa, AI, tecnologia e sanità (New York Post). Tuttavia, dietro il luccichio degli investimenti si nascondono contraddizioni geopolitiche, etiche e sociali che meritano un’analisi approfondita.

UN’AGENZA “AMERICA FIRST” TRA POTERE E CORPORATION

Soprannominata “MAGA in the Desert”, la conferenza incarna la visione “America First” di Trump, che unisce politica estera e interessi privati. La presenza di CEO di Tesla, Meta, BlackRock e OpenAI, insieme a funzionari come Scott Bessent e Howard Lutnick, segnala un’alleanza tra governo e corporation per attrarre investimenti negli USA (Gulf Insider). L’obiettivo, come dichiarato da una fonte, è “creare posti di lavoro negli Stati Uniti” attraverso accordi come la vendita di missili da 3,5 miliardi di dollari all’Arabia Saudita (New York Post). Tuttavia, la forte influenza di figure come Jared Kushner, legato al fondo sovrano saudita, solleva timori di conflitti di interesse, con la famiglia Trump al centro di un “impero del Golfo” (France 24). Questo intreccio tra affari personali e politica estera rischia di offuscare la trasparenza.

GEOPOLITICA: UN GIOCO AD ALTO RISCHIO

L’evento si inserisce in una strategia per contrastare l’influenza cinese nel Medio Oriente, dove Pechino ha guadagnato terreno nelle infrastrutture digitali (France 24). Trump punta a una rete di alleanze tecnologiche con il Golfo per escludere competitor, ma ciò potrebbe inasprire le tensioni con l’Iran, destabilizzando la regione. La dipendenza da capitali sauditi ed emiratini, come i 2 miliardi investiti nella società di Kushner, contraddice la retorica nazionalista di MAGA, esponendo gli USA a influenze esterne (France 24). Inoltre, i Paesi del Golfo, legandosi a tecnologie americane, rischiano vulnerabilità politiche, mentre cercano armi e AI per rafforzare il loro peso globale (ZeroHedge).

IL RUOLO DI MUSK E STARLINK

Elon Musk emerge come figura centrale, con l’accordo per espandere Starlink in aviazione e navigazione marittima (New York Post). Questo riflette la sua capacità di intrecciare interessi privati con la politica internazionale, ma la natura dual-use (civile e militare) di Starlink solleva preoccupazioni su sicurezza e sovranità, soprattutto in un contesto geopolitico volatile. La presenza di Musk, insieme ad altri CEO, sottolinea il peso del settore privato nell’agenda di Trump, ma alimenta il rischio di un’eccessiva concentrazione di potere (France 24).

QUESTIONI ETICHE DELL’AI E DELLA SORVEGLIANZA

L’AI è il fulcro degli accordi, con Nvidia e AMD che guidano la costruzione di data center in Arabia Saudita ed Emirati (Gulf Insider). Tuttavia, la collaborazione con regimi noti per usare l’AI nella sorveglianza di massa pone dilemmi etici. Senza normative globali, queste tecnologie rischiano di amplificare violazioni dei diritti umani (France 24). I media, come Class CNBC, tendono a celebrare gli aspetti economici, trascurando le implicazioni etiche, mentre i post sui social – in particolare, guarda caso, sulla piattaforma di Musk – esaltano l’evento come un trionfo economico senza approfondire i rischi.

IMPATTO AMBIENTALE E SOCIALE

I data center, simboli della corsa all’AI, consumano enormi quantità di energia, contribuendo alla crisi climatica. Inoltre, i benefici economici degli accordi rischiano di favorire élite locali e corporation, lasciando poche ricadute per le popolazioni del Golfo (France 24). Negli USA, la base MAGA, sensibile al messaggio anti-élite, potrebbe criticare l’alleanza con sceicchi e multinazionali, erodendo il consenso interno, soprattutto se i posti di lavoro promessi non si materializzeranno (ZeroHedge).

CONCLUSIONE: MAGA IN THE DESERT, UN’AUDACE SCOMMESSA TRA INNOVAZIONE E INSTABILITÀ

“MAGA in the Desert” segna un capitolo cruciale nella competizione tecnologica globale, un’audace mossa dell’America di Trump per rafforzare la sua egemonia economica e contrastare l’ascesa della Cina. Gli accordi da 600 miliardi di dollari siglati a Riyadh, con l’intelligenza artificiale (AI) e la tecnologia al centro, promettono innovazione e posti di lavoro negli USA, ma il prezzo è alto. Tensioni geopolitiche, rischi di sorveglianza di massa, impatti ambientali e conflitti di interesse – incarnati da figure come Jared Kushner e la sua rete di capitali sauditi – minacciano di trasformare questa “oasi di investimenti” in un miraggio di instabilità.

L’AI, pilastro della missione, è una lama a doppio taglio: può rivoluzionare il futuro, ma senza una governance internazionale rischia di amplificare disuguaglianze e repressione, specialmente in regimi che già usano la tecnologia per il controllo. Figure come Elon Musk, con Starlink, e altri oligarchi tech come Zuckerberg e Altman, incarnano un’era in cui il confine tra pubblico e privato si dissolve, sollevando domande sulla sovranità e sull’etica. La base MAGA, sensibile al messaggio anti-élite, potrebbe storcere il naso di fronte a queste alleanze con sceicchi e corporation, mettendo a rischio il consenso interno (ZeroHedge).

La sfida per Trump e i suoi alleati – chiunque essi siano in questi tempi così incerti – sarà bilanciare ambizioni economiche con responsabilità globali. Gli accordi con il Golfo offrono opportunità, ma il loro successo dipenderà dalla capacità di gestire i rischi etici, ambientali e geopolitici. In un mondo interconnesso, dove capitali stranieri e potere tecnologico ridefiniscono le regole, “MAGA in the Desert” è una scommessa audace che potrebbe plasmare il futuro o precipitare in un gioco pericoloso di instabilità.

 

(Estratto dal Settimanale “Tech e Privacy”, la newsletter di Claudia Giulia Ferrauto)

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