Un Cern dell’intelligenza artificiale che tenga l’Europa nella scia dell’innovazione trainata da Cina e Stati Uniti. Si chiama CLAIRE (acronimo per Confederation of Laboratories for Artificial Intelligence Research in Europe) ed è un progetto promosso da 158 accademici e scienziati, in primis olandesi (Holger Hoos dell’Università di Leida), norvegesi (Morten Irgens dell’Università di Oslo) e tedeschi (Philipp Slusallek del Centro tedesco di ricerche per l’Intelligenza artificiale), anche se non mancano alcuni italiani.
L’obiettivo è costruire una rete di centri d’eccellenza dislocati in tutta Europa che permettano all’Ue di non perdere terreno rispetto agli sviluppi della tecnologia. Il la al progetto è stato dato con una call rivolta a esperti del settore, chiamati a dare il proprio contributo allo sviluppo di un “hub” legato all’intelligenza artificiale.
La peculiarità del progetto Claire, almeno nelle intenzioni dei proponenti, è che si cercherà di sviluppare un’ “Human-centered AI”. Ovvero un sistema di intelligenza artificiale che ponga al centro del suo approccio l’uomo e che sia all’avanguardia sui temi etici e sociali che le nuove tecnologie, basate su algoritmi e machine learning, stanno ponendo in discussione.
L’APPROCCIO EUROPEO ALL’AI
La premessa è che sull’AI l’Europa è in grave ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina, che hanno già lanciato programmi di sviluppo governativi (o privati, nel caso degli Usa). La Cina si è posta l’obiettivo, dichiarato, di ottenere entro il 2030 la supremazia globale nell’AI.
La conseguenza di questa corsa, evidenziano i promotori del Claire, è «una crescente perdita dei talenti nel mondo accademico e industriale» da parte dell’Europa. «L’Europa deve invece giocare un ruolo chiave nel definire i cambiamenti che l’Intelligenza Artificiale metterà in atto nel mondo», scrivono gli scienziati nella lettera di intenti. Gli accademici puntano a sviluppare un “approccio europeo” al tema, evidenziando alcuni indirizzi già espressi dall’UE, in particolare dalla Commissione.
Al netto del ritardo del Vecchio Continente, il documento sottolinea un dato positivo da cui partire: «Abbiamo una forte tradizione di eccellenza in tutte le aree dell’AI, e molti dei migliori ricercatori europei sono riconosciuti come figure trainanti dalla comunità scientifica».
COSA SI INTENDE PER ARTIFICIAL INTELLIGENCE
Cosa si intende, in pratica, per Intelligenza Artificiale? Il tema è difficile da circoscrivere, perché l’AI si può applicare a ogni settore. In generale stiamo parlando di una tecnologia tramite la quale i computer, sostanzialmente tramite l’analisi e l’elaborazione di dati, possono svolgere le funzioni più disparate e sviluppare processi decisionali e di interazione, fra loro e con gli esseri umani. Nel processo è rilevante il ruolo del machine learning, ovvero il procedimento tramite il quale le macchine sono in grado di auto migliorarsi nei loro compiti specifici. Come detto, le applicazioni dell’AI sono infinite, a partire dalla robotica passando per l’elaborazione del linguaggio naturale (ovvero la capacità delle macchine di capire ciò che diciamo) e molto altro. Queste tecnologie stanno già impattando su sanità, industria, agricoltura, ricerca scientifica e militare, eccetera eccetera.
UN APPROCCIO UMANO
A distinguere il progetto europeo dovrebbe essere l’approccio “umano”. «L’intelligenza artificiale permette di sviluppare nuove forme di produzione, migliora i trattamenti medici, ma può anche contribuire ad aumentare il divario economico fra le persone, a manipolare le idee, a invadere la privacy e a produrre disoccupazione – scrivono i promotori – Noi crediamo in una ricerca responsabile, focalizzata sul miglioramento delle possibilità di azione dell’uomo piuttosto che in una sua sostituzione. Dunque la ricerca, in Europa, dovrebbe capire, anticipare e indirizzare gli aspetti etici, legali e sociali dell’Intelligenza Artificiale». Per farlo si punta a stabilire un “Manifesto dell’AI” che dovrebbe stabilire principi, linee guida e limiti sull’«uso responsabile dell’AI»..
UNA RETE DI LABORATORI
Claire dovrebbe prendere la forma di una rete diffusa di laboratori, costituita da centri di eccellenza strategicamente collocati in Europa, e un hub centrale che ospiterebbe le principali infrastrutture, per esempio i server dei dati. E dovrebbe svolgere per il settore un ruolo simile a quello che il Cern di Ginevra riveste per la fisica. La rete, più “distribuita” rispetto al modello Cern, sarebbe costituita da Centri di eccellenza dislocati nei vari Stati e nelle ragioni europee, che lavorino da collettori di talenti e contributi per le varie aree. Il processo di sviluppo delle idee e delle tecnologie dovrebbe combinare approcci “top-down” (cioè promossi dagli scienziati) e “bottom-up” (suggeriti dai membri della comunità che aderirà al progetti).
La creazione di una rete coordinata a livello europeo potrebbe non solo sviluppare progetti organici di sviluppo ma anche, ovviamente, attrarre finanziamenti.