Con il via libera definitivo del Parlamento europeo e del Consiglio Ue sul caricabatterie universale restano sul tavolo i mugugni di Apple. L’USB-C è già uno standard condiviso nel panorama dei dispositivi mobili. Tutti i principali produttori di smartphone al mondo, da Samsung a Xiaomi e Huawei, hanno adottato la porta di nuova generazione da qualche anno. La maggior parte dei telefoni Android è dotata di porte di ricarica USB micro-B o è già passata allo standard USB-C più moderno. Tutti tranne Apple.
L’Europa ha rimandato a Cupertino tutte le eccezioni sollevate dalla società della mela morsicata. Obiezioni che sono state il contenuto della lettera che Apple aveva depositato presso la Commissione. Secondo Cupertino “l’uso inappropriato degli standard soffoca l’innovazione e mina l’obiettivo di un’ampia interoperabilità”. Per Apple gli standard vengono aggiornati su base continuativa e “la procedura per l’aggiornamento del testo giuridico comporterà ritardi significativi nel portare innovazioni e miglioramenti al mercato europeo”.
STIMOLO
Ma è veramente così? Gli standard soffocano l’innovazione? “A mio avviso no, o comunque non del tutto. Nello specifico, Apple ha già adottato lo standard USB-C per i propri portatili Macbook e per i tablet iPad, sui quali non ci sono particolari limiti di performance, anzi: grazie allo standard Thunderbolt ha raggiunto ottime prestazioni. In generale poi, l’innovazione viene stimolata da direttive come queste, che spingono i player del settore a trovare soluzioni nuove” ha spiegato Francesco Ronchi, torinese, classe 1975, laureato in Informatica, fondatore e presidente di Synesthesia, digital experience company che supporta i clienti nelle fasi di realizzazione di un progetto accompagnandoli e supportandoli in tutti gli step sia sul fronte del marketing sia sul fronte della tecnologia.
IL CONNETTORE LIGHTNING, LA SOLUZIONE PONTE
Già, ma perché Cupertino ha alzato il muro? “Quello che è vero, d’altro canto, è – ha aggiunto Ronchi, che in In Synesthesia ha lavorato a eventi internazionali come Droidcon Italia, ha ideato Swift Heroes e lanciato il progetto FuturMakers dedicato alla divulgazione tecnico-scientifica per bambini e ragazzi – che quando è stato lanciato il connettore Lightning (usato attualmente su iPhone), lo standard USB-C non era ancora pronto ed Apple ha dovuto trovare una soluzione “intermedia” temporanea”.
“C’entra poi il fatto che Apple è da sempre stata iper-protettiva nei confronti del “walled garden” che ha creato per i propri utenti. Questo ha sicuramente rappresentato un vantaggio per l’azienda, ma ne hanno giovato spesso anche gli utenti, a discapito di una certa interoperabilità e libertà di movimento verso altri produttori o brand, ovvero finché non si ha la necessità di uscirne”.
Per Ronchi però “il vero problema di Apple in questo caso è che un nuovo cambiamento di connettore, scatenerebbe lo scontento di molti utenti che si vedrebbero costretti a cambiare, come minimo, diversi cavi e caricatori per i vari accessori. Forse Apple sta aspettando di passare ad una ricarica completamente wireless, eliminando del tutto (come con il jack delle cuffie) i connettori esterni dall’iPhone”.
Per le altre Big Tech invece uno standard unico è quasi una necessità. “Di fatto la maggioranza degli altri produttori, già usava lo standard USB (micro) prima dell’avvento di USB-C, quindi il passaggio è stato più naturale. Il mondo Android è poi molto più aperto, ma anche frammentato, ed uno standard comune è necessario”.
IL VANTAGGIO DEGLI STANDARD
Secondo Ronchi uniformare gli standard come stanno cercando di fare in Europa è una prospettiva che va nella giusta direzione. “E ci sono molte buone ragioni per farlo, soprattutto ecologiche ed economiche. In definitiva gli standard nell’informatica hanno sempre rappresentato un grande vantaggio e opportunità sia per le aziende che per i consumatori. L’Europa sta lavorando correttamente, in questo e altri campi (come i marketplace) intervenendo con regolamentazioni a vantaggio dei cittadini e della libera concorrenza, creando dei precedenti che spesso vengono seguiti da altri paesi nel mondo (basti pensare al GDPR)”.
Articolo pubblicato su agi.it