skip to Main Content

Francia Russia

App Stop-Covid in Francia: la soluzione extra Apple-Google, il ruolo di Macron e il peso di Philippe

Che cosa è emerso in Francia dal dibattito parlamentare sull'app Stop-Covid. L'approfondimento di Enrico Martial

Ieri, 27 maggio, all’Assemblea nazionale francese si è tenuto il primo significativo dibattito parlamentare in Europa sull’app di tracciamento anti-Covid. Tra fatti conosciuti e nuovi si è confermato l’approccio nazionale, malgrado l’origine collaborativa ed europea dei gruppi di lavoro di PEPP-PT e DP-3T. Al limite ci si è copiati tra Stati europei mentre la Commissione europea ha svolto un ruolo minimo: non se ne ricorda infatti citazione nel dibattito di ieri. La vittoria del governo è stata netta, 338 voti contro 215, e in tarda serata anche al Senato, 186 contro 127, dove invece ci si attendeva un voto (non vincolante) negativo.

Se la presentazione del ministro della salute, Olivier Véran, è stata ordinata e didattica, il segretario di stato per il digitale, Cédric O ha sottolineato e rivendicato l’isolamento francese nella scelta dell’applicazione nel modello accentrato PEPP-PT con i dati su un server, rispetto agli altri 22 Paesi europei che hanno scelto il modello decentrato DP-3T, con i dati che restano sui telefoni. Si sarebbero messi nelle mani della coppia Apple-Google, i giganti americani dei big data, una abdicazione di sovranità, mentre la soluzione “indipendente” non a caso è stata adottata soltanto da Regno Unito e Francia, che si distinguono anche per la loro indipendenza militare nucleare.

Questa “applicazione in un solo Paese” è stata incardinata in una visione del progresso tecnico nazionale che Cédric O ha collegato al positivismo di Auguste Comte, alla tradizione tecnico-scientifica nazionale, da Marie Curie a Lavoisier (l’aula rumoreggiava), al senso di Stato e nazione di De Gaulle, patrimonio di destra e sinistra. La Francia deve superare la “paura di innovare”, i dubbi su OGM, 5G e intelligenza artificiale: sebbene i processi di sviluppo vadano governati (come si vede nella crisi climatica) la Francia deve crescere nelle scienze e nelle tecniche proprio per mantenere la sua indipendenza e sovranità.

Questo neo-positivismo gaullista così forte è rimasto circoscritto all’intervento di Cédric O ma va considerato come una voce esplicita e avanzata all’interno del governo di Edouard Philippe. Sul piano parlamentare è stato presto inquadrato in chiave europea e non meramente nazionalistica dagli altri interventi di maggioranza, per esempio da Philippe Latombe, a nome del gruppo dei MoDem di François Bayrou, che conta 46 voti nella maggioranza. La sovranità digitale deve essere infatti europea, da porre a metà strada tra l’America di Google-Apple e il mondo asiatico: un’autonomia strategica peraltro ascoltata nei discorsi di Macron durante la crisi sanitaria, con radici nei tentativi di difesa comune europea dal 2017 in poi e proposta anche nel programma pre-COVID della Commissione europea di Ursula Van der Leyen.

L’app stop-Covid ha raccolto critiche su libertà e utilità. Malgrado le apparenze, la volontarietà sarà influenzata dalle richieste dei datori di lavoro, dal contesto sociale, dai luoghi rurali e dall’ambiente urbano, per esempio nei trasporti pubblici. Si tratta di un controllo che riguarda l’intimità delle vite, preparando non all’autoritarismo, ma al totalitarismo, come hanno detto dalla sinistra comunista e Jean Paul Dufrègne. Il rischio di militarizzazione – con tutte queste Brigades sanitaires – è stato evocato anche a destra da Damien Abad, dei Republicains, eredi di Chirac, di Sarkozy e dell’evoluzione del gaullismo. Secondo diversi deputati, come per Stéphane Peu dei socialisti, l’app sarebbe inutile, perché negli altri Paesi occidentali se ne è mostrata o la scarsa penetrazione, come in Austria inferiore al 20%, o la scarsa efficacia, come in Australia, dove ha permesso di identificare un solo positivo. Manca l’interoperabilità transfrontaliera, bisognerà scaricare un’applicazione in ogni Paese europeo che si attraversa senza che queste si parlino, come ha detto Cécile Untermaier dei socialisti. Le libertà vengono prima delle tecnologie, e non a caso nel suo vivace intervento Jean-Luc Melenchon, a capo de La France Insoumise, ha citato Michel de Montaigne, generando così una contrapposizione tra umanesimo (con tratti neo-aristotelici alla Hanna Arendt) e neo-positivismo sovranista.

Per la maggioranza l’app è solo complementare al tracciamento umano, è efficace perché sperimentata in scala reale grazie all’esercito e a prove nella stessa metropolitana di Parigi (partendo da Billancourt), controllata da hackers “buoni” (il collettivo “Yes We Hack”), per coloro che non hanno lo smartphone si pensa a soluzioni alternative, come un orologio intelligente. È rispettosa delle libertà individuali a differenza delle app asiatiche, come ha detto Laure de la Rodière, di Agir Ensemble, che però ha chiesto un rapporto di avanzamento a luglio. Per la ministra della giustizia, Nicole Bellubet, è conforme ai tre principi della privacy, come confermato dal loro garante, il CNIL: perimetro determinato, esplicito e legittimo – soltanto la salute pubblica e per tempo delimitato con dati poi cancellati – proporzionale, cioè con dati pertinenti e strettamente necessari, e legittimo, cioè rispettoso delle basi giuridiche del regolamento GDPR, per esempio con il consenso della persona interessata. Inoltre, il codice sarà aperto e pubblicato (come lo è già quello dell’italiana “Immuni”).

Per arrivare al dibattito ci sono state grandi manovre, che lasciano intendere un maggior peso del governo di Edouard Philippe per la scelta finale dell’app centralizzata rispetto al resto delle forze parlamentari e forse dello stesso Macron. Il nuovo gruppo di Écologie démocratie solidarité (EDS) scissionista dai marciatori di LREM, ha fatto perdere la maggioranza dei seggi al partito in parlamento e ha votato contro, salvo il divertente matematico Cédric Villani. D’un tratto però, mercoledì scorso, si è costituito un nuovo gruppo parlamentare di ex-marciatori, Agir ensemble, più a rafforzare il governo di Edouard Philippe e l’app centralizzata di Cédric O piuttosto che lo stesso Macron: e ha votato a favore. Dalla parte del presidente della Repubblica si è intesa la prevalenza della dimensione europea rispetto a quella sovranista di Cédric O (e forse del governo), come si è capito dai voti del Modem ma anche dai dissidenti di LREM che avevano costretto il 28 aprile scorso a rimandare il dibattito parlamentare perché mancavano i voti. Il giovane deputato Sacha Houlié, finora considerato tra i più vicini a Macron, ha centrato il suo intervento sul tema delle libertà e ha votato contro.

Emergerebbe così una distinzione di posizioni tra il presidente Emmanuel Macron e il primo ministro Edouard Philippe, a cui la stampa francese ha dato qualche credito nei giorni scorsi. È un mondo, la cosiddetta “Macronie”, dinamico e in evoluzione, nelle diverse eredità e culture politiche che lo compongono e lo agitano.

Back To Top