Il problema della sicurezza, che nasce dall’interazione con operatori e fornitori di servizi non italiani, la cui affidabilità può essere messa in discussione, è “un problema sostanzialmente insolubile: bisogna solo scegliere se essere spiati, tra virgolette, dai cinesi o dagli americani, questo per quanto riguarda i sistemi che sono assai complessi”.
E’ quello che ha detto il presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), Angelo Marcello Cardani, in audizione in commissione Trasporti alla Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni. Comunque, ha fatto presente Cardani, “i servizi inglesi ritengono di potersi fidare”. E poi, ha sottolineato il numero uno di Agcom, il nostro “Paese non ha capacità di fare isola e poggiare solo sulle proprie forze”.
Cardani ha detto anche l’Italia “ha compiuto i passi necessari a promuovere la diffusione del 5G con largo anticipo rispetto alla gran parte degli altri Stati europei” e il “parametro relativo all’aspetto frequenziale del 5G è l’unico in cui l’Italia primeggia” nella classifica Desi, ma rischia di restare nuovamente indietro.
Ecco i dettagli sull’audizione.
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO
Partiamo da uno degli argomenti più discussi negli ultimi tempi, quello dell’inquinamento elettromagnetico connesso al 5G. Ecco, su questo punto il presidente di Agcom ci tiene a tranquillizzare tutti. È “rientrata la preoccupazione iniziale degli effetti ambientali e sanitari del 5G, tecnologia che tra l’altro espone a un “inquinamento” elettromagnetico molto inferiore rispetto ai 2G/3G/4G”, spiega il Presidente in audizione, aggiungendo che “ora che gli operatori stanno costruendo le reti 5G si cerca di valutare come i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici vigenti in Italia possano incidere sullo sviluppo della nuova rete”.
LIMITI CAMPI ELETTROMAGNETICI: CEPPO AL PIEDE
I limiti infatti risultano essere, in Italia, significativamente più bassi di quelli della maggior parte degli altri paesi: “i limiti che ha l’Italia non hanno un parallelo in altri paesi, derivano da un’eccessiva preoccupazione che se prima, quando la tecnologia era in fase di sviluppo, poteva essere vista come prudenza” oggi rappresenta “un ceppo al piede per lo sviluppo delle reti”.
“A questi tipi di preoccupazione legati, se vogliamo, ad ideologie politiche anni ’60 e ’70, corrispondo anche le difficoltà di sviluppo create in molti piccoli paesi” e non è “chiaro che sono proprio i piccoli paesi ad essere i primi beneficiari di una operazione di inclusione, inclusione per cui la tecnologia è fondamentale”.
Queste preoccupazioni infondate sorgono perché “fa molto più notizia l’opposizione che la buona notizia” ha aggiunto il Presidente di Agcom. “Se qualcuno strepita che ci saranno morti e feriti è più facile guadagnare le prime pagine di un giornale, che poi siano guadagnate per sincere preoccupazioni o per calcolo politico, io non lo posso dire”, ha detto Cardani.
HUAWEI O NON HUAWEI?
L’audizione del presidente di Agcom ha toccato anche la questione degli operatori, “non italiani o la cui affidabilità potrebbe essere opzionata”, e la relativa sicurezza della rete.
Su questo fronte, spiega Cardani “oltre alla protezione fisica delle infrastrutture, appare necessario considerare gli aspetti di sicurezza connessi con i sistemi informatici che sovrintendono al funzionamento delle infrastrutture nazionali”, ma il tema “è estremamente vasto e complesso e non può essere affrontato solo dal punto di vista regolatorio”.
UN PROBLEMA INSOLUBILE
L’affidamento ad un operatore estero, aggiunge poi Cardani, è “un problema sostanzialmente insolubile: bisogna solo scegliere se essere spiati, tra virgolette, dai cinesi o dagli americani”.
ITALIANI COME INGLESI?
“I servizi inglesi ritengono di potersi fidare di Huawei e hanno permesso al Governo di concludere altri contratti per la realizzazione dell’infrastruttura”, ha detto Cardani aggiungendo: “Andiamo verso sistemi sempre più complessi, il mercato per queste forniture è un mercato sempre più internazionale, su questo fronte il nostro Paese non può fare isola e contare sulle proprie forze”, ha spiegato il presidente di Agcom.
TIM-OPEN FIBER: SULLA RETE DEVE DECIDERE IL GOVERNO
E nell’ultima parte dell’audizione, Cardani ha toccato anche una delle questioni più spinose su questo fronte: la rete unica Tim-OpenFiber.
“Telceom sostiene che non cederà mai la sua rete e fa benissimo, perché ha una ragionevole difesa dell’integrità aziendale. E in effetti se togliamo dal bilancio di Telecom Italia il valore del backbone ci rimangono solo quattro uffici. Se però non sottraiamo a Telecom Italia il backbone, l’operazione che si sente ventilare, di unificazione di una sola rete, non può essere compiuta”, ha spiegato Cardani.
LA DECISIONE SPETTA AL GOVERNO
Cosa fare dunque? Per il presidente Agcom bisogna unificare anche se “Telecom Italia non è per niente contenta”.
L’unificazione della rete, ha detto il presidente “è un problema politico e sta al Governo e al Parlamento decidere cosa fare, diciamo che il senso della storia dovrebbe dirci di andare avanti”, aggiungendo che “una cosa è se Telecom Italia cede la propria rete, altro è se la mette nel mucchio pappandosi il backbone di Open Fiber. Lasciando il potere di monopolio in mano a Telecom Italia sarebbe un ritorno al passate, andare indietro agli anni 80”.