Misure antiriciclaggio per le criptovalute: adeguata verifica della clientela per le transazioni superiori ai mille dollari e sanzioni per le violazioni antiriciclaggio nonché registro dei soggetti – siano essi persone fisiche o entità giuridiche – che eroghino servizi di moneta virtuale. Sono queste alcune delle misure che la task force Ocse sull’antiriciclaggio (Fatfi-Gafi) ha elaborato durante l’ultimo summit del 22-23 febbraio e che ha posto in consultazione pubblica. L’idea originaria era, però, quella di arrivare alla conclusione dell’incontro con l’approvazione di queste prime linee guida per i paesi aderenti in tema di antiriciclaggio delle monete virtuali. Il testo dovrà essere approvato in via definitiva entro giugno 2019.
Sulla nozione di criptovalute il Gafi (che ha promosso l’Italia sui progressi della compliance tecnica nel settore del contrasto ai flussi finanziari illeciti, grazie alle misure introdotte con il dlgs 90/2017 di recepimento della IV direttiva europea) prova a tracciare un confine, identificando le monete virtuali come: «proprietà», «proventi», «fondi», «fondi o altre attività» o altro «valore corrispondente».
Le misure devono intendersi applicate ai cosiddetti Vasp (virtual assets and virtual asset service providers), i fornitori di servizi di asset virtuali.
Anche per i rischi riciclaggio del mondo virtuale, il Gafi prevede la metodologia dell’approccio basato sul rischio: «I paesi dovrebbero richiedere ai Vasp», si legge nella comunicazione, «di identificare, valutare e adottare misure efficaci per mitigare i loro rischi di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo».
Gli occhi dell’authority Ocse antiriciclaggio si concentrano, poi, sulle entità che gestiscono le piattaforme di scambio di bitcoin, si richiede, in particolare, che i Vasp debbano essere autorizzati, o avere una licenza o essere sottoposti a registrazioni nelle giurisdizioni in cui sono creati. Se si tratta di persone fisiche il monitoraggio dovrebbe avvenire nella giurisdizione in cui hanno sede. Ma allo stesso tempo le giurisdizioni in cui queste Vasp operano, fornendo dei servizi a clienti finali, possono richiedere a loro volta modalità di registrazione o di autorizzazione.
Più precisamente nel documento si richiede ai paesi di prevedere le necessarie misure legali o regolamentari per impedire ai criminali o ai loro associati di detenere, o di essere il beneficiario effettivo, di un interesse significativo o di controllo o di detenere una funzione di gestione in un Vasp. «I paesi dovrebbero agire per identificare le persone fisiche o giuridiche che svolgono attività Vasp senza la necessaria licenza o registrazione e applicare sanzioni appropriate».
Per questi soggetti dovranno applicarsi le regole vigenti per chi garantisce servizi legati alla moneta elettronica e ai pagamenti virtuali. Inoltre, il documento Ocse riporta sotto le autorità di vigilanza l’attività di queste società: «Le autorità di vigilanza dovrebbero disporre di poteri adeguati per sorvegliare o monitorare e garantire l’osservanza da parte dei Vasp dei requisiti per combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, compresa l’autorità di condurre ispezioni, obbligare la produzione di informazioni e imporre sanzioni. Le autorità di vigilanza dovrebbero avere il potere di imporre una serie di sanzioni disciplinari e finanziarie, tra cui il potere di revocare, limitare o sospendere la licenza o la registrazione di Vasp, ove applicabile».
Sulle sanzioni, nel documento si specifica: «I paesi dovrebbero garantire che vi sia una serie di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, penali, civili o amministrative, disponibili per trattare i Vasp che non rispettano i requisiti».
Le sanzioni dovrebbero essere applicabili non solo per i Vasp, ma anche per i loro direttori e dirigenti e sarà necessario prevedere la conservazione dei dati e dei flussi passati sulle piattaforme.
Le transazioni superiori ai mille dollari, infine, devono essere soggette ad adeguata verifica della clientela.
Articolo pubblicato su ItaliaOggi