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Populismo

Vi spiego perché Di Maio su Ilva giochicchia col fuoco

Il commento dell'editorialista Giuliano Cazzola sul dossier Ilva

Chi ha avuto la (s)ventura di ascoltare l’intervista di Giggino Di Maio a ‘’In Onda’’, giovedì scorso, si è reso conto di quale sia il Piano B del governo sull’Ilva: l’annullamento del bando di gara e quindi dell’assegnazione alla multinazionale Arcelor-Mittal; poi si vedrà.

Non ci sarà bisogno di chiudere lo stabilimento: finirà di tirare le cuoia da solo. Il disegno perverso è ben congegnato. Il primo atto è stato quello di formulare gravi sospetti di illegittimità in occasione di una comunicazione urgente del ministro alla Camera. Di quali vizi si tratti non è dato sapere se non per alcune vaghe considerazioni svolte nel parere richiesto all’Anac, il cui presidente si è affrettato a prendere pubblicamente le distanze dal ministro nel caso in cui egli avesse voluto servirsi (possiamo scrivere strumentalizzare?) di quel testo per fare saltare l’operazione di salvataggio del gruppo.

In coerenza con questo atteggiamento dilatorio, Di Maio, convocando ‘’oves et boves et omnia pecora campi’’, ha di fatto reso inutile l’ultimo incontro con l’azienda al Ministero. Poi ha fatto sapere di aver chiesto un parere all’Avvocatura dello Stato e di attendere che gli venga consegnato, prima di procedere oltre. Al che, una persona, che abbia un po’ di esperienza sulle competenze delle istituzioni pubbliche, si sarà chiesto il motivo di tale scelta, visto che l’Avvocatura non è abilitata a dare pareri con carattere di terziarietà, ma si limita a difendere gli interessi dello Stato in giudizio.

La ragione l’ha spiegata Di Maio nella intervista citata: nella sua qualità di ministro ha chiesto all’Avvocatura se può essere abilitato ad annullare in funzione di autotutela la gara perché inficiata da illegittimità. Se non ci siamo persi qualche passaggio importante, la conclusione sembra essere, quindi, una sola: Di Maio se la suona e se la canta da solo.

Ha dichiarato di aver scoperto delle irregolarità, da lui medesimo (non da un’autorità che ne avesse il potere e la competenza) ritenute gravi; e su questa base si è rivolto all’Avvocatura dello Stato (come farebbe un cliente qualsiasi con il suo legale) per conoscere quali conseguenze giuridiche ci potrebbero essere in caso di revoca della gara (dal momento che Arcelor-Mittal è pur sempre titolare di un contratto).

Perché tutta questa messa in scena? Semplice: secondo la (a)moralità populista fa aggio sull’opinione pubblica agitare, senza curarsi troppo della loro reale presenza, i fantasmi dei brogli, delle pastette – magari con un po’ di corruzione appresso – delle ‘’manine’’ eterodirette dalle lobby e dalle consorterie.

Ciò ,in nome di un principio di ‘’onestà’’ che mette paura. In primo luogo, perché si contrappone ad una ‘’disonestà’’ insussistente, inventata a bella posta; in secondo luogo, perché non guarda in faccia a nessuno. Neppure a migliaia di lavoratori che resterebbero a spasso. E ad una grande acciaieria che si trasformerebbe in tonnellate di rottami.

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