La conoscenza dovrebbe essere sempre aperta a nuove critiche in grado di rileggere ogni teoria per rimetterla in discussione.
Ma spesso questo diventa il teorema di chi cerca rifugio in nozioni più semplici e rassicuranti cadendo così facilmente preda di inconsapevoli inganni e assurde fantasticherie. Il vero progresso sta nel mettersi in discussione, nell’avere una voglia inesauribile di imparare, evolversi, capire.
Abbiamo la sconcertante e preoccupante tendenza a credere in ciò che più somiglia ai nostri schemi mentali, ai nostri pregiudizi, alle più sciocche abitudini della cultura in cui viviamo o alle faziose deformazioni del sistema politico ed informativo in cui siamo immersi, a non percepire, o rifiutare come falso e irrilevante quanto non corrisponde ad un banale preconcetto sempre più spesso racchiuso nei pochi caratteri battuti in un tweet.
Mantra demagogici ci ripetono, senza supporto oggettivo alcuno, che la produzione di gas inquina, che le energie “green” rinnovabili sono in grado di sostituire quelle fossili oggi stesso e che l’industria delle rinnovabili può dare lavoro ad un numero maggiore di persone rispetto a quante occupate oggi in quella estrattiva tradizionale.
Proviamo a confutare questi tre pilastri “pentastellati”.
• Innanzitutto occorre ribadire come il gas naturale sia la meno inquinante tra le fonti fossili e concordemente in tutti i paesi in cui si perseguono fattivamente gli obiettivi COP21 in materia di transizione energetica, il gas è considerato il solo attore in grado di traghettarci senza traumi (senza cioè dovere rinunciare alle comodità che lo stesso ci garantisce nella vita quotidiana) verso bassissime emissioni.
Ad inquinare non sono la coltivazione e la produzione di gas dalle piattaforme ma il consumo stesso. Il track record in materia di incidenti conferma, senza dubbio alcuno, che sulle piattaforme nazionali l’attività si svolge nel pieno rispetto delle normative in tema di sicurezza per i lavoratori e l’ambiente.
La scelta residua nel periodo di transizione è quindi tra utilizzo di gas naturale nazionale e importazione da Paesi terzi. Se importassimo via tubo (pipeline) il gas naturale inquineremmo meno? La risposta è certamente no. Se importassimo il Gas Naturale Liquefatto (GNL) via nave inquineremmo meno? La risposta è ancora certamente no. Quindi se volessimo effettivamente ridurre le emissioni nocive dovremmo necessariamente ridurre i consumi.
L’estrazione di gas naturale deve essere impedita nei luoghi destinati alla salvaguardia ambientale, i cosiddetti parchi marini, ma non andrebbe demonizzata in luoghi come l’Adriatico centrosettentrionale in cui da 60 anni viene svolta con sempre crescente professionalità sia tecnica sia in relazione alla sicurezza ambientale.
• Le energie rinnovabili non sono oggi in grado di sostituire le fossili; possono accompagnarne la decrescita prendendone progressivamente il posto, ma questo non può accadere nel breve periodo.
La sostituzione del gas naturale potrà avvenire nel medio termine perché gli impianti a gas a copertura dei picchi sarebbero comunque utilizzati quotidianamente per tamponare l’intermittenza del vento e gli ingressi solari alla rete. Quando questi nuovi impianti diventeranno dominanti nel nostro mix energetico avremo bisogno di considerevoli quantità di accumulatori di energia a livello di rete e di una profonda revisione della rete distributiva.
Questo cambiamento comporterà ostacoli tecnologici e comportamentali quali la necessità di far coincidere il nostro uso/bisogno di energia con la disponibilità di luce solare e energia eolica che non sarà, quindi, più a nostra “prima ed immediata richiesta”.
• I posti di lavoro persi dall’industria nazionale del settore Oil & Gas oltre a quelli del relativo corposo indotto, non potranno essere ne’ in termini numerici ne’ in termini di profili professionali sostituiti da altrettanti lavoratori del settore rinnovabili.
Occorrono molti anni e ingenti capitali oppure fortissime sovvenzioni per sedimentare un know-how in grado di affrontare e gestire in autonomia un mercato nuovo; la ricerca, la formazione, le start up e le imprese dell’industria delle rinnovabili che intendessero investire nel nostro territorio andrebbero finanziate.
Diversamente l’Italia dovrebbe importare la tecnologia, i materiali e la componentistica da Paesi terzi occupando quindi un numero molto basso di operatori a bassa specializzazione. Ci vorranno almeno tre decenni per eliminare completamente i combustibili fossili, mIl primo passo potrebbe essere quello di dare il via ad un progetto sinergico tra gas e rinnovabili come avviene nell’avanzatissimo modello norvegese in cui le royalties derivanti dalla produzione di gas naturale sono destinate dallo Stato nella ricerca e nel finanziamento di start up nazionali con oggetto nuove tecnologie in materia di energie rinnovabili.
Le due cose importanti da capire in tema di transizione energetica sono: che non è opzionale e che un ulteriore ritardo sarebbe fatale. È tempo di intraprendere un comune percorso sostenibile: in questo quadro l’esperienza e le capacità dell’industria petrolifera rappresentano una risorsa e non possono diventare il capro espiatorio.
La sospensione di 18 mesi delle attività di ricerca di idrocarburi rappresenta il colpo mortale al settore Oil & Gas nel nostro Paese, senza che la stessa sia motivata da ragioni tecniche, senza che nella stessa sia evidenziata l’importanza della salvaguardia delle aree protette. Si perderanno certamente i 2 miliardi stanziati da Eni per mantenere e valorizzare il settore offshore ravennate.
Dato il blocco delle attività per i prossimi 18 mesi senza certezza alcuna di cosa accadrà in seguito, la conseguenza naturale per molte aziende sarà il trasferimento della propria sede in Paesi con progetti definiti e con favorevoli condizioni di lavoro. La beffa estrema di questo processo di estinzione è che altri Paesi beneficeranno della eccellenza tecnologica costruita mattone su mattone in tanti anni di esperienza insieme ai relativi benefici economico-fiscali cui l’Italia rinuncerà. Per sempre.
Solamente cercando ogni giorno di capire e di imparare mediante il confronto costruttivo con una classe politica preparata potremmo attenuare l’oscurantistica opposizione sistematica dell’evoluzione sociale in cui stiamo precipitando.