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Ucraina

Ucraina, Ungheria e Slovacchia litigano sul petrolio russo di Lukoil

La guerra in Ucraina colpisce ancora l’influenza energetica della Russia sull’Europa. Il caso Lukoil e le tensioni con Slovacchia e Ungheria. L'analisi di Ugo Poletti.

Il clamoroso sabotaggio del doppio gasdotto Nortd Stream, sotto il Mar Baltico, aveva reciso il maggiore cordone ombelicale che legava economicamente la Germania alla fornitura di gas, condizionando politicamente la locomotiva dell’Europa.

L’OLEODOTTO RUSSO CHE PASSA PER L’UCRAINA

Ma c’è un altro cordone ombelicale che sta per essere tagliato: l’oleodotto Druzhba (in Russo: “amicizia”) che rifornisce di petrolio greggio la Slovacchia, l’Ungheria, la Cechia e l’Austria, passando attraverso l’Ucraina. Il Governo ucraino ha recentemente deciso di colpire questa fornitura strategica, bloccando la compagnia petrolifera russa Lukoil.

Può farlo perché, curiosamente, Druzhba passa attraverso il suolo ucraino. Infatti, dalla sua fondazione fino ad oggi, questo oleodotto paga i diritti di passaggio all’Ucraina, garantendo ricche entrate per lo stato ucraino, anche durante la guerra. Questi ricavi per l’Ucraina sono stati una remora che ha protetto questa arteria fondamentale dell’export petroliero russo.

Eppure, a giugno 2024, il Governo ucraino decide di applicare le sanzioni contro la Lukoil, vietando il trasporto del suo petrolio attraverso il suo territorio. Questa decisione rappresenta una nuova fase nella lotta contro la Russia ed è coerente con la politica ucraina di danneggiare l’economia del paese aggressore.

RAPPORTI TESI TRA SLOVACCHIA, UNGHERIA E UCRAINA

L’interruzione del transito del petrolio russo attraverso l’Ucraina ha suscitato l’immediata reazione negativa del primo ministro slovacco Robert Fico (si pronuncia Fitzo), che ha dichiarato che questa decisione avrebbe un impatto negativo non solo sul mercato slovacco, ma anche per la stessa Ucraina, che riceve una fornitura di prodotti petroliferi dalla raffineria Slovnaft. Secondo Fico, questi prodotti di raffinazione rappresentano quasi il 10% del consumo totale petrolifero in Ucraina. Anche l’Ungheria ha espresso il suo disappunto per la decisione ucraina, definendola una violazione dell’Accordo di Associazione con l’UE. Budapest ha perfino minacciato di dare il suo veto ai risarcimenti dai fondi dell’Unione Europea ai paesi membri che forniscono aiuti militari all’Ucraina, fino a quando Kiev non ripristinerà il transito del petrolio della Lukoil alla raffineria Duna in Ungheria.

Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha replicato che l’Ucraina non vuole ripristinare il transito del petrolio della Lukoil attraverso l’oleodotto, ma ha sottolineato che l’interruzione di questa fornitura non minaccia la sicurezza energetica dell’UE o dei suoi singoli membri.

UN DANNO SOLO APPARENTE

Infatti, secondo l’azienda di stato ucraina per l’energia Naftogaz, il petrolio proveniente da Lukoil è stato sostituito da forniture di altre compagnie, e i volumi complessivi di transito del petrolio a luglio sono rimasti invariati rispetto a prima dell’imposizione delle sanzioni. La Commissione Europea ha confermato che le sanzioni imposte dall’Ucraina non influenzano il transito del petrolio verso Ungheria e Slovacchia, e le forniture di petrolio attraverso il territorio ucraino continuano senza interruzioni.

In ogni caso, le azioni della Slovacchia e dell’Ungheria a Bruxelles sono rivelatrici di un atteggiamento diverso verso l’Ucraina. Mentre il governo ungherese si oppone spesso alle decisioni sulle questioni ucraine nell’UE e nella NATO (come il veto al pagamento della consegna di armi, che Budapest ha collegato alla controversia della Lukoil), il governo slovacco non lo ha mai fatto. Fico non pone il veto su nessuna decisione dell’UE riguardante l’Ucraina. Le sue dichiarazioni possono essere bellicose, ma le relazioni con il governo ucraino sono buone, sia su forniture di armi, che su progetti energetici.

QUANTO PETROLIO RUSSO ARRIVA IN EUROPA CENTRALE

La Lukoil è sottoposta a sanzioni ucraine dal 2018, ma in precedenza queste sanzioni erano limitate a determinati aspetti, come il trasferimento di capitale e le restrizioni sulle operazioni commerciali. L’azienda russa fornisce circa 4 milioni di tonnellate di petrolio all’anno a due raffinerie: la Slovnaft a Bratislava (Slovacchia) e la Duna a Százhalombatta (Ungheria), Entrambe appartengono al gruppo ungherese MOL. La Slovnaft riceve dall’oledotto Druzhba circa 500.000 tonnellate di petrolio russo al mese, di cui circa la metà proviene da Lukoil.

Nell’ultimo anno, la raffineria di Bratislava ha ricevuto il 30% del suo petrolio dall’oleodotto Adria dall’isola croata di Krk. La raffineria Duna può importare miscele di petrolio alternative attraverso il porto mediterraneo di Omisalj in Croazia.

Secondo il piano di sanzioni europee alla Russia l’oleodotto Druzhba avrebbe dovuto cessare la sua attività il 1° gennaio 2024, salvo il caso di nuovi accordi. A seguito di questo piano, la più grande raffineria ceca che appartiene al gruppo polacco PKN Orlen, ha annunciato che avrebbe smesso di consumare petrolio russo perché aveva ottenuto una fornitura alternativa, grazie all’espansione dell’oleodotto transalpino Trieste-Ingolstadt.

Il resto del petrolio che continua ad arrivare tramite l’oleodotto è fornito dalle compagnie Rosneft e Tatneft, controllate dalla Federazione russa.

LA STRANA DECISIONE DELL’UCRAINA

Questo solleva una domanda cruciale: perché il governo ucraino ha bloccato la fornitura di Lukoil e non ha posto alcuna restrizione a Rosneft e Tatneft? Non ha senso penalizzare la fornitura di petrolio della Lukoil e non toccare quella delle altre compagnie russe.

L’Ucraina si trova in una situazione di crisi energetica a causa dei massicci attacchi russi alla sua infrastruttura di distribuzione elettrica e le pompe dell’oleodotto Druzhba hanno bisogno di elettricità per funzionare. Questo avrebbe giustificato la scelta dell’Ucraina di interrompere l’oleodotto agli occhi dell’Unione europea. Sarebbe bastato che il gestore ucraino Ukrtransnafta inviasse un semplice avviso alle controparti in Slovacchia e Ungheria per annunciare l’arresto del pompaggio per causa di forza maggiore. Quindi, le sanzioni avrebbero potuto essere applicate in pieno, bloccando completamente le forniture di petrolio russo. Invece è stata sanzionata solo un’azienda senza intaccare il sistema.

LE RAGIONI NASCOSTE DELL’UCRAINA

Apparentemente le motivazioni ucraine di arrecare danni economici all’economia russa sono deboli. Forse si è trattato di una minaccia verso i due paesi europei più filorussi. Ma potrebbe esserci dietro una ragione politica. Le forniture di idrocarburi sono quelle che consentono più facilmente la raccolta di fondi occulti per finanziare la politica (alcuni recenti scandali di partiti politici italiani in Russia confermano questa tesi). Sotto questo profilo potrebbe essere sotto attacco la sospetta attività politica di Budapest, dove da alcuni anni vengono organizzate conferenze internazionali, generosamente sponsorizzate. Di fatto, sono stati incontri per consolidare i rapporti tra esponenti dei partiti europei sovranisti e il Cremlino.

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