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Economia Tedesca

Tutti gli schizzi in Germania sull’embargo del gas russo

Come si discute in Germania su embargo e dipendenza dal gas russo. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

 

C’è sempre quella maledetta dipendenza energetica dalla Russia a segnare il solco fra la Germania e il resto dell’occidente, che ora preme per inserire anche gas e petrolio nelle sanzioni a Mosca, mentre Berlino frena, chiede tempo per riequilibrare il proprio paniere energetico e non vuole né può rinunciare a quanto arriva dalla Russia.

Olaf Scholz è stato chiaro, la Germania non può fare a meno del gas russo: “Al momento non c’è altro modo per garantire l’approvvigionamento energetico dell’Europa per il riscaldamento, la mobilità, l’approvvigionamento elettrico e l’industria”, ha detto, “l’energia proveniente dalla Russia è di fondamentale importanza per la vita quotidiana dei cittadini. Ecco perché l’Europa ha deliberatamente escluso la fornitura di energia dalle sanzioni”.

Oltre al gas, Berlino importa dalla Russia anche il carbone. Il governo sta lavorando da mesi, con i suoi partner dell’Unione Europea e oltre, per sviluppare alternative all’energia russa, ha aggiunto il cancelliere: “Ma questo non accadrà dall’oggi al domani. È quindi una decisione consapevole da parte nostra mantenere i rapporti con imprese russe nel campo dell’approvvigionamento energetico”.

Mentre a Bruxelles i ministri energetici dell’Ue provano a trovare un compromesso accettabile, al fianco del cancelliere socialdemocratico è sceso anche il suo vice ecologista, il ministro dell’Economia e del Clima Robert Habeck, anche lui contrario all’embargo sull’energia. Habeck, oltre ai riflessi sull’attività delle imprese, teme ripercussioni sulla pace sociale in Germania, e ha allo stesso tempo assicurato che le riserve energetiche tedesche sono comunque sufficienti fino al prossimo inverno. Ma non bastano certo sei mesi a rimodulare una strategia energetica complessa come quella della Germania.

Quanto complessa sia la partita che si sta giocando a Berlino lo testimoniano posizioni più sfumate all’interno dello stesso governo, oltre che nelle opposizioni. Il ministro delle Finanze Christian Lindner ha affermato che l’opzione di fermare le importazioni era sul tavolo: “Al momento, però, sembra opportuno non fare questo passo da soli se si vogliono sanzioni sostenibili contro Vladimir Putin”. E lo stesso portavoce del governo Steffen Hebestreit aveva affermato che un embargo “non è generalmente escluso”, anche se dovrebbe essere deciso a livello europeo. Ma cosa ci sarà nella posizione Ue condizionata dalla Germania non è ancora chiaro.

Il riposizionamento complessivo tedesco, annunciato solennemente proprio da Scholz nel suo intervento al Bundestag di dieci giorni fa, prevede, oltre al riarmo e al potenziamento dell’esercito, un rapido allentamento della dipendenza energetica da Mosca: ma rapido, su questo punto, non significa immediato.

La necessità di rivedere i rapporti energetici con la Russia piomba nel mezzo della transizione energetica, per la quale Berlino ha bisogno del gas come energia di transizione. Andare a prenderla altrove non sarà facile, mentre Mosca minaccia adesso di stringere i rubinetti anche del Nord Stream 1, il gasdotto sotto il Baltico gemello del Nord Stream 2, posto adesso “in sonno” dal governo di Scholz.

Un simile embargo sarebbe giustificato date le “accuse infondate contro la Russia in merito alla crisi energetica in Europa e al divieto del Nord Stream 2”, ha dichiarato alla televisione di Stato il vice primo ministro russo Alexander Novak. Il governo russo non ha ancora deciso di farlo, resta una minaccia utile soprattutto a far pressioni su Berlino: “Ma i politici europei ci stanno spingendo in questa direzione con le loro dichiarazioni e accuse contro la Russia”, ha concluso Novak.

Sul fronte interno appare divisa anche la principale forza di opposizione, la Cdu, con il presidente Friedrich Merz allineato sulla posizione del governo e il maggior esperto di politica estera del partito, Norbert Röttgen, che preme per l’embargo: è un sacrificio che possiamo e dobbiamo sostenere, ha detto in diverse interviste, ed è l’unica misura che può impattare in maniera massiccia su Putin.

Nel frattempo si accende il dibattito sui tre reattori nucleari ancora in funzione, che dovrebbero essere spenti alla fine di quest’anno. Da alcune parti si chiede un prolungamento della loro attività, almeno fino a quando la crisi sarà finita. Lo ha chiesto con forza anche il presidente della Baviera Markus Söder, cinque anni di proroga per sopperire alla crisi e produrre energia a basso costo che peraltro non pregiudica gli obiettivi ecologici: “Tecnicamente è possibile, bisogna capire se lo è anche politicamente”.

Le prime risposte sono arrivate dai Verdi, e sono negative. No dal ministro Habeck e dalla sua collega all’Ambiente Steffi Lemke. L’opposizione poggia proprio su questioni tecniche e si basa anche su analoghe considerazioni da parte della aziende del settore: “La ponderazione dei benefici e dei rischi suggerisce che non sia consigliabile prolungare la vita delle tre centrali nucleari ancora in funzione, anche alla luce dell’attuale crisi del gas”, dice un comunicato emesso dal gruppo di esperti che ha valutato l’ipotesi.

Il prolungamento della loro attività non porterebbe ulteriori quantità di elettricità nell’inverno 2022-2023, ma al più presto dall’autunno 2023, dopo il riempimento con barre di combustibile di nuova produzione, aggiungono gli esperti. Il proseguimento dell’esercizio dovrebbe essere poi accompagnato da un ampio controllo di sicurezza e dalla formazione del personale per ciascuna delle tre centrali nucleari.

Il gioco non vale la candela, insomma. Ma un altro esponente dei Verdi, il presidente della regione industriale del Baden-Württemberg Winfried Kretschmann invita a non avere pregiudizi e a mantenere tutte le opzioni aperte.

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