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Offshore Mediterranean Conference

Tutte le novità dell’Offshore mediterranean conference

Conversazione di Start con Gianni Bessi, consigliere regionale in Emilia Romagna, esperto di energia e autore del saggio "Post Merkel", sull'Offshore mediterranean conference

Bessi, come ogni due anni Ravenna, con l’Offshore mediterranean conference, è diventata per tre giorni la capitale dell’energia. Che edizione è stata?

«Innovativa, se si può riassumere in un aggettivo. E con un chiaro sguardo al futuro, quello che siamo tenuti a costruire, e in fretta, abbattendo le emissioni di CO2 e puntando sull’economia circolare, giusto per utilizzare due concetti ormai diffusi. Ma la vera novità di quest’anno è che l’Omc diventerà un appuntamento a cadenza annuale, in questo modo mettendo l’Italia e Ravenna al centro del dibattito sulle scelte in materia di politiche energetiche europee e del mediterraneo».

E quali sono le ipotesi per centrare l’obiettivo?

«L’Omc ha dimostrato di essere al passo coi tempi già dalla scelta del titolo dell’edizione di quest’anno: “Ripensare energia insieme, alleanze per un futuro energetico sostenibile”. Ed è riuscita a riunire i rappresentanti degli stati, gli scienziati e i produttori di fonti energetiche per confrontarsi sulla transizione energetica e su come realizzarla».

Una strada che però sembra ancora in salita.

«Ogni grande cammino, come disse un antico saggio cinese, comincia con un passo. Il passo che serve in questo momento è un’alleanza stretta fra la politica e l’economia vista nella dimensione, come mi sono permesso di ricordare più volte nei miei interventi anche qui su StartMag, di alleanze e di collaborazioni.  Da soli, stati o imprese non possono andare da nessuna parte. Neppure le grandi nazioni come gli Usa o la Cina: questo logicamente vale anche per l’Europa».

Veniamo ai temi centrali di questa edizione 2021.

«Ovviamente il primo è l’energia, che ormai nel tempo è divenuto ‘pop’ e anche per questo è causa di divisioni ideologiche. Sul piano delle conferenze gli argomenti più gettonati sono stati l’economia circolare e la carbon neutrality. Si è parlato di come collaborare, come dicevo prima, per trovare strategie comuni per realizzare l’ormai divenuta celebre transizione energetica, che come ormai penso sia chiaro dovrà basarsi su un mix energetico equilibrato costituito dal binomio gas-rinnovabili. Aspettando che l’era delle rinnovabili si concretizzi nella quotidianità».

È questa la strada allora?

«È l’unica strada a meno di non volere perdere tempo a inseguire soluzioni miracolistiche. Del resto l’Unione europea l’ha scritto chiaramente: è il modo in cui uscire dall’emergenza climatica garantendo allo stesso tempo il funzionamento dell’economia con l’obiettivo, che a questo punto dovrà essere avvicinato nel minore tempo possibile, di  soddisfare la produzione di energia elettrica per l’umanità solo con fonti rinnovabili».

Cosa può fare la politica in questo scenario?

«Se mi si permette una battuta: il suo mestiere, una volta tanto. È chiamata a scelte decisive e da questo punto di vista l’Italia, che è stata spesso in affanno su questi temi, pare avere compreso come ci si debba muovere. L’Omc ne è una prova e vorrei da questo punto di vista ringraziare gli organizzatori, a cominciare dalla presidente Monica Spada e il Roca, che nel 1993 ha lanciato l’Omc e rappresenta le società ravennati, tra le quali vi sono eccellenze di livello internazionale quali la Rosetti Marino, i F.lli Righini, la Cosmi, la Micoperi. Sono imprese che operano nel settore offshore collaborando con Eni, Saipem e con le principali major mondiali: sono loro la base su cui costruire un futuro sostenibile perché ci hanno sempre creduto e continuano a impegnarsi in questa direzione».

Ovviamente le parole da sole non bastano e servono i fatti. Ci sono progetti concreti da questo punto di vista?

«Certo, sia nel campo dell’eolico sia del solare a mare. Ma mi permetto di portare come esempio un progetto di politica industriale integrata, perché a mio parere questa è la vera sfida. Mi riferisco allo “Schema Industriale Zero Waste”, progetto sviluppato da Assorisorse coinvolgendo nella progettualità una decina di aziende con le loro diverse attitudini e specializzazioni, che è stato presentato proprio all’Omc da un panel di esperti e di manager tra cui Giacomo Rispoli di Assorisorse Economia Circolare, Andreas Kipar e Matteo Pedaso di LAND, Filippo Brandolini del Gruppo Hera, Chicco Testa di Fise Assoambiente e Luigi Ciarrocchi di Eni spa».

Cosa prevede lo “Schema Industriale Zero Waste”?

«L’integrazione di diverse tecnologie per trattare i rifiuti, con riciclo del vetro, digestione  anaerobica della frazione organica, riciclo plastiche e conversione frazione secca a etanolo ed idrogeno valorizzando le componenti recuperabili e convertendo le frazioni non recuperabili in biometano, idrogeno e chemical. È quello che ci serve: una piattaforma logistica industriale di economia circolare e di materiali in cui operino le nostre eccellenze industriali e dei servizi con l’obiettivo di costruire collaborazioni che portino a soluzioni concrete e sostenibili. E che creino ricchezza non solo economica, ma di competenze e di cultura della sostenibilità ambientale, economica e sociale. Ravenna è già in grado di ospitare esperienze come questa, ma lo stesso vale per altre aree del Paese».

Perché è importante?

«Perché ha la caratteristica che dovranno avere tutti i progetti che da oggi in avanti saranno presentati in un’ottica di sostenibilità e riduzione dell’impronta di carbonio: funziona, è finanziato ed è immediatamente cantierabile. Non possiamo perdere tempo, come dicevo prima, con idee meravigliose ma irrealizzabili. Abbiamo il dovere, uso il termine dovere perché lo dobbiamo ai nostri figli, di essere concreti e di ‘fare le cose’, non solo parlarne. Come dimostrano i paesi che hanno già avviato il processo di transizione, serve una forte volontà politica accompagnata da una presenza finanziaria disponibile a investitore sull’innovazione. Non dev’essere solo lo stato l’unico motore della transizione ma tutto il sistema economico».

In sintesi, quale lezione viene dall’Omc sul come abbattere la CO2 e affrontare la transizione ecologica?

«Non serve solo finanziare la tecnologia o redigere un quadro legislativo perfetto ma anche politiche di sistema che determinano la fattibilità e la sostenibilità ambientale sociale ed economica della produzione e dell’utilizzo industriale dell’idrogeno verde o di qualsiasi altra modalità per abbattere CO2 e andare verso la decarbonizzazione. Inoltre, bisogna agire sul divario tra il costo dell’idrogeno rinnovabile e l’idrogeno fossile perché se il costo è troppo alto gli investitori non si trovano. Oppure l’investimento è ‘coperto’ esclusivamente da risorse pubbliche, col rischio che i progetti diventino per sempre ‘dipendenti’ dalla salute delle casse pubbliche. E questo inficia la loro sostenibilità. Vanno quindi sciolti tre nodi essenziali: il principio di addizionalità e contemporaneità della direttiva RED II, perché il rischio è di restare fermi, di togliere o ripensare gli oneri di sistema della catena produttiva dell’idrogeno per ottimizzare la produzione e definire una cumulabilità degli incentivi per arrivare a un’esenzione degli oneri di sistema. Per questo serve molta attenzione su come spenderemo, anzi investiremo, la dote del Pnrr».

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