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Terre rare, perché l’Ue ha le mani legate

Che cosa sta succedendo davvero fra Usa, Cina e Ue sulle terre rare. L'analisi di David Carretta tratta dal Mattinale Europeo.

La Commissione di Ursula von der Leyen e gli Stati membri dell’Unione europea hanno tirato un sospiro di sollievo, quando Donald Trump e Xi Jinping ieri hanno annunciato una tregua di un anno sulle restrizioni alle esportazioni di terre rare che la Cina aveva imposto il 9 ottobre per rispondere alla guerra commerciale del presidente americano. I portavoce della Commissione non hanno voluto commentare. Una delegazione di Pechino oggi incontrerà a Bruxelles i funzionari di von der Leyen. Ma uno dei due grandi contenziosi che minacciano di fermare la produzione in alcuni importanti settori industriali europei è uscito temporaneamente dal tavolo. L’accordo Trump-Xi “ci darà un po’ di tempo”, ha spiegato al Mattinale Europeo un responsabile della Commissione. Come sui dazi di Trump, l’alternativa era vedersi imporre un brutto accordo: accettare di togliere i dazi sui veicoli elettrici cinesi o di non portare avanti la legislazione volta a proteggere il mercato europeo dai comportamenti predatori della Cina. Come con Trump, l’Ue è condannata a farsi ricattare da Pechino a causa delle sue dipendenze. Con Trump, la dipendenza riguarda la sicurezza e l’Ucraina. Con la Cina, la dipendenza sono le terre rare.

LE CONSEGUENZE DELLE RESTRIZIONI CINESI SULLE TERRE RARE

La decisione di Pechino, annunciata il 9 di ottobre, di imporre restrizioni alle esportazioni di terre rare era diretta principalmente contro gli Stati Uniti, ma ha avuto pesanti ripercussioni sulle imprese in Europa. La scorsa settimana, diversi amministratori delegati di produttori di automobili, pale eoliche e altri prodotti tecnologici hanno lanciato un grido di allarme alla Commissione. Email, sms o telefonate, il messaggio era sempre lo stesso: entro due o tre settimane potrebbero esaurirsi le scorte di terre rare, in particolare di magneti permanenti, che sono essenziali alla produzione di motori elettrici ed ibridi, sistemi di frenata, smartphone e computer, sensori, sistemi di movimentazione, sistemi di navigazione per satelliti, risonanza magnetica, turbine eoliche e generatori di energia idroelettrica (la lista è lungi dall’essere esaustiva). L’arresto della produzione in Europa era imminente.

Il tema è stato discusso al più alto livello, dai capi di Stato e di governo durante il Consiglio europeo del 23 ottobre, quando il presidente francese, Emmanuel Macron, ha chiesto di attivare la prima fase dello “strumento anti-coercizione”, per poterlo usare come arma nei negoziati con la Cina. Sabato 25 ottobre, la presidente della Commissione ha alzato i toni. Le restrizioni della Cina sulle terre rare “minacciano la stabilità delle catene di approvvigionamento globali e avranno un impatto diretto sulle aziende europee”, ha detto von der Leyen in un discorso a Berlino, citando le potenziali vittime: automotive, motori industriali, difesa, aerospaziale, chip di intelligenza artificiale, data center. “Siamo pronti a utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione per rispondere, se necessario”, ha detto von der Leyen.

LO STRUMENTO ANTI-COERCIZIONE DELL’UE

Molti hanno letto nelle parole di Ursula von der Leyen una minaccia implicita di usare lo “strumento anti-coercizione”, la principale arma di cui l’Ue dispone per rispondere ai paesi terzi che usano la loro forza politica o economica per compiere ricatti, ottenere concessioni vessatorie o imporre la loro volontà. Entrato in vigore nel 2023, è un’arma potente. Nei corridoi delle istituzioni dell’Ue viene chiamato il “bazooka”. Consente agli europei non solo di adottare dazi sui beni, ma anche di imporre restrizioni alle esportazioni, all’accesso al mercato interno dell’Ue, ai suoi appalti, ai suo servizi.

Confrontata ai dazi di Trump, la Commissione lo avrebbe potuto attivare per minacciare di colpire i giganti del digitale, che realizzano una parte importante dei loro profitti nel mercato europeo. Von der Leyen ha preferito l’appeasement. L’accordo di agosto sui dazi è stato accettato ufficialmente per garantire “stabilità e prevedibilità” alle imprese europee. Come ha rivelato la direttrice generale del Commercio alla Commissione, Sabine Weyand, le considerazioni di sicurezza – l’impegno degli Stati Uniti verso la Nato e la vendita di armi per l’Ucraina – sono state le vere ragioni per cui von der Leyen si è piegata a Trump malgrado un accordo penalizzante.

Anche con la Cina la minaccia di usare lo “strumento anti-coercizione” può essere efficace. “Consente all’Ue di reagire duramente, con una serie di strumenti variabili progettati per creare una pressione reale”, hanno spiegato Tobias Gehrke e Janka Oertel dell’European Council on Foreign Relation, in un paper pubblicato il 21 ottobre: “Questa è l’arma più efficace dell’Ue contro il ricatto economico, soprattutto perché non richiede l’unanimità per le decisioni” (Spagna e Ungheria sono sospettate di difendere gli interessi della Cina nell’Ue). Secondo i due ricercatori, “una volta attivato, lo strumento offre un ampio e flessibile menu di opzioni che possono essere adattate per massimizzare lo spazio negoziale. E la Cina presenta gravi vulnerabilità che l’Europa può sfruttare”.

LE DIPENDENZE CINESI DALL’EUROPA

Tobias Gehrke e Janka Oertel hanno elencato le dipendenze cinesi dall’Europa. Alcuni esempi: macchine per la produzione di semiconduttori (compresi pezzi di ricambio e manutenzione); motori a reazione e macchinari avanzati per realizzare il programma aeronautico nazionale; aerei di Airbus, prodotti dell’acciaio specializzato, superleghe in polvere, grandi turbine a gas. L’Ue può fare male imponendo dazi proibitivi su alcuni prodotti che la Cina non riesce più a esportare negli Stati Uniti a causa dei dazi di Trump. “Per costringere Pechino al tavolo delle trattative, i politici europei dovrebbero prendere esempio da Pechino e passare all’offensiva”, hanno scritto Gehrke e Oertel.

Eppure sulle terre rare la Commissione ha nuovamente scelto di evitare il rapporto di forza. Ursula von der Leyen ha dato priorità alla diplomazia, portata avanti dal commissario al Commercio, Maros Sefcovic. Una soluzione negoziata è stata considerata l’unica soluzione possibile per il livello di dipendenza dalla Cina e per l’impossibilità di trovare in una settimana altri fornitori che siano in grado di rispondere alla domanda europea. Lo “strumento anti-coercizione”? “Si possono usare questi strumenti solo quando si è sicuri di avere una soluzione di ricambio”, ha risposto l’Alto rappresentante, Kaja Kallas, all’Economist. A Berlino von der Leyen ha annunciato il piano RESourceEU, che dovrebbe permettere all’Ue di diversificare le fonti di terre rare, attraverso riciclaggio, partnership con altri fornitori (dal Brasile all’Australia) e stoccaggio. I funzionari lo stanno preparando. Per RESourceEU ci vuole tempo. Ma, di fronte allo stop della produzione in una o due settimane l’Ue, non aveva tempo.

L’ACCORDO TRUMP-XI

L’accordo Trump-Xi dovrebbe estendere la tregua di un anno all’Ue. Alcuni dentro la Commissione sono convinti che sulle terre rare l’Europa fosse la vittima collaterale della guerra commerciale tra Washington e Pechino. Tuttavia, c’è anche chi sospetta che la Cina stia testando in modo sistematico le capacità di resistenza dell’Ue, per vedere fino a che punto può spingersi nel ricatto per ottenere delle contropartite. Anche prima della decisione del 9 ottobre sulle terre rare, nei settori soggetti a restrizioni alle esportazioni, la Cina imponeva alle imprese europee condizioni vessatorie o esigeva informazioni che equivalgono a segreti industriali. Il commissario Sefcovic sta negoziando con la sua controparte cinese anche sui chip di Nexperia, l’altro contenzioso che minaccia un arresto dell’industria. Mercoledì Acea, l’associazione che raggruppa i produttori di automobili europei, ha lanciato l’allarme su uno stop imminente della produzione se le forniture non riprenderanno dopo che l’ex casa madre di Nexperia, la cinese Wingtech, ha interrotto le forniture di chip a seguito della nazionalizzazione da parte del governo olandese.

COSA VUOLE LA CINA DALL’UE

I contenziosi su cui Pechino vuole concessioni dell’Ue sono molti: dazi sui veicoli elettrici e acciaio, inchieste sui sussidi stranieri, grandi progetti in rinnovabili o infrastrutture bloccati dalle indagini sugli investimenti cinesi. La Commissione ha proposto o sta preparando diversi provvedimenti che potrebbero chiudere le porte del mercato europeo alla Cina, come la preferenza europea negli appalti pubblici o nuove paletti per gli investimenti stranieri nell’Ue. Alcuni Stati membri e alcuni commissari ritengono che i comportamenti cinesi, messi insieme, dimostrano la coercizione economica e che sia necessario armare il “bazooka” prima di avviare serie discussioni. Tra le richieste di Emmanuel Macron di entrare in un rapporto di forza con la Cina e gli interessi di breve periodo dell’industria tedesca, cosa sceglierà Ursula von der Leyen?

(Estratto dal Mattinale europeo)

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