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Sanzioni o meno, Nord Stream 2 si farà. Parola del politologo tedesco Meister

L'articolo di Pierluigi Mennitti

“Anche se dovessero arrivare le sanzioni dagli Stati Uniti, credo proprio che il gasdotto Nord Stream 2 entrerà in funzione. Putin lo vuole e dunque i lavori verranno completati, a costo di eseguirli con aziende non europee”. A parlare è Stefan Meister, il massimo esperto di Russia della Società tedesca per la politica estera (Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik, Dgap), il think-tank più ascoltato dal governo di Berlino in materia di geopolitica e affari esteri. “Certo, la cancelliera potrebbe ancora sospendere tutto, ritirare le autorizzazioni concesse”, prosegue Meister, “non sarebbe la prima volta che che recede da una posizione e ora non correrebbe neppure rischi elettorali, visto che non si ricandiderà più. Ma con la Russia i rapporti diventerebbero difficili, le aziende coinvolte potrebbero con successo ricorrere ai tribunali e, soprattutto, in Germania manca la pressione dell’opinione pubblica contro questo progetto”.

Al centro della discussione è Nord Stream 2, il gasdotto che dovrebbe raddoppiare l’import tedesco di oro azzurro direttamente dalla Russia, non amato da Bruxelles, osteggiato dagli americani e dai paesi dell’Europa orientale ma difeso strenuamente dai tedeschi che proprio ultimamente hanno fronteggiato lo sbandierato ripensamento dei francesi, raggiungendo in extremis un compromesso in sede europea. La questione resta aperta, lo studioso della Dgap invita a leggere gli avvenimenti estraniandosi dall’altalena delle notizie quotidiane.

Il colloquio, al quale Start Magazine ha partecipato, si svolge in una sala della Bundespressekonferenz, di fronte ai giornalisti della stampa estera. Stefan Meister, politologo, classe 1975, ha alle spalle studi alle università di Jena, Lipsia e Niznij Novgorod, nel centro della Russia europea. Per la Dgap coordina i programmi su Russia ed Europa orientale e poco più di un anno fa è divenuto direttore del Robert Bosch Center per l’Europa centro-orientale, la Russia e l’Asia centrale. Nel suo campo è un’autorità, particolarmente ascoltato dalle parti della cancelleria e del ministero degli Esteri.

“Il problema è semmai che Angela Merkel ha sottovalutato il potenziale esplosivo del raddoppio del gasdotto”, prosegue Meister. La cancelliera lo ha difeso derubricandolo a semplice progetto economico, negandone qualsiasi valenza politica e non ha capito che Donald Trump lo avrebbe sfruttato per ridisegnare i rapporti all’interno dell’Europa, mobilitando i paesi che sono ostili. “Il conflitto non è rimasto confinato nello spazio europeo ma ha assunto una dimensione transatlantica”, osserva il politologo, e il governo tedesco si è trovato spiazzato: “Non fa abbastanza per soddisfare i critici del gasdotto e si è cacciato in una situazione dalla quale non è facile uscire”.

Addirittura Meier è convinto che “fra i politici tedeschi siano in molti a pensare che sarebbe stato meglio non avere mai avviato questo nuovo progetto” e “tanti hanno in fondo sperato che i paesi interessati dal passaggio sottomarino non avessero concesso le autorizzazioni”, togliendo così le castagne dal fuoco ai tedeschi. Ma alla fine le concessioni sono state approvate, solo la Danimarca sta provando a prendere tempo, ma l’opinione più diffusa è che alla fine anche Copenhagen darà il suo via libera. E così Berlino continua a tenere il punto, anche per non creare un precedente: che altri possano immischiarsi nelle sue strategie di politica energetica e industriale.

“La verità è che il mercato del gas sta cambiando velocemente”, riprende Meister, “si muove sempre più verso il modello del mercato del petrolio, diventa più flessibile, l’offerta si allarga e i contratti a medio termine sostituiscono sempre di più quelli a lungo termine”. Lo stesso timore, avanzato dai paesi Baltici, dalla Polonia, dall’Ucraina e dall’Ue che con il Nord Stream 2 si accentuerà la dipendenza della Germania e dell’Europa dalla Russia “perde progressivamente la sua valenza”. “Comprendo le preoccupazioni dei Baltici e di Varsavia”, dice Meister, “ma la dipendenza dalla Russia non aumenterà, semmai con i futuri rigassificatori previsti in Polonia e Lituania e nella stessa Germania sarà possibile trattare da una posizione di forza maggiore il prezzo del gas con i russi”.

Lo stesso Trump deve dosare con accortezza la minaccia di sanzioni. Eventuali ripercussioni sulle aziende impegnate nella costruzione del gasdotto potrebbero, a detta del politologo della Dgap, addirittura rinforzare i legami tra i paesi europei colpiti e avvicinarli a Mosca. D’altro canto le sanzioni possono incidere sulle imprese tedesche e l’eventuale apertura di un conflitto economico con gli Usa potrebbe preoccupare una Germania costretta a puntare gran parte del suo export solo sul mercato cinese: “Ci si potrebbe accorgere che i costi politici del gasdotto sono troppo alti, mentre i vantaggi economici si fanno di anno in anno meno sicuri”. Esistono studi che dubitano dell’efficacia del nuovo gasdotto, se la svolta energetica fosse stata portata a termine anche sul versante delle infrastrutture di trasporto energetiche, la componente di energia proveniente dalle rinnovabili sarebbe già oggi molto più importante: ci sono stati giorni in cui l’intero fabbisogno quotidiano della Germania poteva essere soddisfatto dalle fonti verdi. E tuttavia è più probabile che il progetto verrà portato a termine.

Secondo Meier, gli americani puntano soprattutto a vendere ai tedeschi (e agli europei) il loro gas liquido e Trump continuerà a utilizzare Nord Stream 2 per rimodellare gli equilibri dentro l’Europa in chiave ostile alla Germania. Il punto di vista di Mosca è invece più netto: il gasdotto è anche un progetto geopolitico, costruisce un’infrastruttura che lega di più l’Europa, il suo mercato energetico principale dopo le delusioni sul mercato cinese, e soprattutto “mettere offline l’Ucraina”. Tenere sotto pressione Kiev e rendere il paese superfluo per il transito del gas verso occidente mentre nel Mar Nero si gioca un nuovo braccio di ferro (che allarma anche Turchia e Romania).

Per Poroshenko deve essere stato abbastanza duro osservare che due dei paesi che hanno partecipato alle trattative per gli accordi di Minsk (Germania e Francia) concordano, seppure in maniera diversa, sul raddoppio del gasdotto. E c’è poco da fidarsi delle rassicurazioni moscovite sulla salvaguardia del flusso di transito del gas via Ucraina: “Putin è sempre molto accorto nelle sue dichiarazioni, evita forzature verbali ma si può dubitare che le garanzie fornite ai tedeschi in merito saranno mantenute. Nord Stream 2 è un progetto che mira a mettere fuori gioco Kiev”. Certo, ammette Meister, la Russia dovrebbe sviluppare una nuova e diversa politica europea, così come ripensare i rapporti con i piccoli vicini a occidente, che Putin non ama ma che possono mettere i bastoni fra le ruote a progetti di cooperazione.

Il politologo conclude tracciando due scenari. Da un lato le sanzioni europee contro Mosca resteranno in vigore nella forma attuale: non aumenteranno ma non verranno meno, fino a quando non vi saranno progressi sulla road map fissata a Minsk. L’appoggio di Merkel a Nord Stream 2 è anche la contropartita a Spd e mondo industriale per aver dovuto digerire le sanzioni. Dall’altro i tempi di completamento del gasdotto: c’è da credere che la data fissata verrà rispettata e che tra fine anno e inizio del prossimo il gas comincerà a transitare nella seconda pipeline. I dubbi ormai vengono solo dai tempi della decisione danese e dall’eventualità che Trump dia seguito alla minaccia di sanzioni contro le imprese coinvolte: in questo caso ci potranno essere dei ritardi.

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