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Giappone Nucleare

Rifiuti nucleari, M5S invoca l’aiuto degli Stati esteri per smaltirli, critica i governi Pd e bacchetta Sogin

Che cosa c'è scritto nella bozza di risoluzione conclusiva dell’indagine conoscitiva in tema di rifiuti nucleari depositata in commissione Industria del Senato dal presidente e relatore Gianni Girotto (M5s).

Innegabili ritardi nella gestione dei rifiuti nucleari italiani e nella localizzazione di aree idonee a realizzare un deposito per le scorie. Per questo sarà necessario allacciare rapporti con altri Paesi per ovviare al problema.

È quanto evidenzia la bozza di risoluzione conclusiva dell’indagine conoscitiva in tema di rifiuti nucleari, depositata in commissione Industria del Senato dal presidente e relatore Gianni Girotto (M5s).

VERIFICARE FATTIBILITÀ DI ACCORDI BILATERALI CON ALTRI PAESI

Premessi i “ritardi per la definizione del Programma” che determinarono “nel Governo precedente la decisione di uno slittamento della pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione (CNAPI)” è necessario “verificare prioritariamente la fattibilità di accordi bilaterali, con Stati membri o paesi terzi per utilizzare un impianto di smaltimento situato in uno di essi ai fini dello smaltimento dei rifiuti radioattivi di medio alta e alta attività italiani così da evitare l’immagazzinamento dei suddetti rifiuti, a titolo provvisorio di lunga durata, presso il deposito nazionale”, sottolinea la bozza di risoluzione.

ATTIVARE I CANALI DIPLOMATICI PER I MATERIALI PROVENIENTI DA ELK RIVER

Sempre all’esecutivo viene chiesto di emanare i decreti attuativi su sanzioni e obblighi di comunicazioni in capo a chi produce, trasporta, vende, raccoglie materiale radioattivo, e di attivarsi “con una decisa e concertata azione diplomatica per un accordo con gli Stati che si rendessero disponibili allo smaltimento delle 64 barre di combustibile nucleare uranio/torio, non ritrattate e attualmente site nell’impianto nucleare Itrec di Rotondella (MT), provenienti dal reattore nucleare Elk River (United States of America, MN)”.

LE CRITICITÀ NEL PROGRAMMA DELLA CNAPI

“Sulla base degli ultimi dati contabili rilevati da ARERA con la delibera n. 606/2018/R/EEL, sul programma quadriennale 2018-2021, si riscontano ritardi aggiuntivi a quelli già significativi accumulati dalla commessa nucleare, con conseguente crescita dei costi a vita intera e ulteriori slittamenti della data di fine attività prevista per importanti progetti (slittamenti che vanno dai 2,5 ai 5,5 anni), imputabili tanto a fattori endogeni, quanto a fattori esogeni alla Sogin”, si legge nella bozza, che critica Sogin anche per altri aspetti come emerge dal testo integrale che si può leggere in fondo.

LA STIMA DEI COSTI DEL DECOMMISSIONING

All’interno della bozza è presente anche una stima dei costi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi italiani che “ha raggiunto i 7,2 miliardi di euro, ovvero 400 milioni in più rispetto ai 6,8 miliardi precedenti. Dal 2001 al 2018, il programma di smantellamento è stato realizzato per circa un terzo delle attività, per un costo di 3,8 miliardi di euro, pari a poco più del 50 per cento del budget. Vanno aggiunti inoltre gli 1,5 miliardi previsti per la realizzazione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi e il costo di esercizio annuale non ancora stimato”.

SU SLITTAMENTO CRONOPROGRAMMI ANDREBBERO PERTANTO VERIFICATE CON ATTENZIONE EVENTUALI RESPONSABILITÀ

Per quanto riguarda lo slittamento dei cronoprogrammi, “andrebbero pertanto verificate con attenzione eventuali responsabilità dovute, tra l’altro, a una insufficiente attenzione politica e alle criticità che hanno determinato, a fronte dei rischi per la sicurezza nazionale, una riduzione dei controlli rispetto alle attività poste in essere. Le strutture preposte alle attività di controllo non hanno la dotazione organica di personale sufficiente a fronteggiare con competenza ed esperienza le emergenze connesse alle attività di decommissioning”, evidenzia la risoluzione.

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SCHEMA DI RISOLUZIONE PROPOSTO DAL RELATORE

SULL’AFFARE ASSEGNATO N. 60

La 10ª Commissione permanente,

in esito ad una approfondita istruttoria dell’affare assegnato sulla gestione e messa in sicurezza dei rifiuti nucleari sul territorio nazionale (atto n. 60), anche in considerazione degli elementi informativi acquisiti grazie ad un articolato ciclo di audizioni;

acquisite le risultanze della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Doc. XXIII, n. 7, della XVII Legislatura);

premesso che:

l’attività di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi in Italia è affidata alla Sogin SpA (Società Gestione Impianti Nucleari,) responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare;

la stima dei costi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi italiani ha raggiunto i 7,2 miliardi di euro, ovvero 400 milioni in più rispetto ai 6,8 miliardi precedenti. Dal 2001 al 2018, il programma di smantellamento è stato realizzato per circa un terzo delle attività, per un costo di 3,8 miliardi di euro, pari a poco più del 50 per cento del budget. Vanno aggiunti inoltre gli 1,5 miliardi previsti per la realizzazione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi e il costo di esercizio annuale non ancora stimato. Rispetto alla realizzazione di tale opera, con la determinazione del 9 maggio 2019, n. 47 sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Società Gestione Impianti Nucleari, la Corte dei Conti segnala che attualmente non è stato ancora definito il sistema regolatorio per il riconoscimento dei costi relativi all’attività del Deposito Nazionale e parco tecnologico. Pertanto anche nel 2017 la copertura finanziaria relativa agli investimenti è stata effettuata mediante autofinanziamento della Sogin;

sulla base degli ultimi dati contabili rilevati da ARERA con la delibera n. 606/2018/R/EEL, sul programma quadriennale 2018-2021, si riscontano ritardi aggiuntivi a quelli già significativi accumulati dalla commessa nucleare, con conseguente crescita dei costi a vita intera e ulteriori slittamenti della data di fine attività prevista per importanti progetti (slittamenti che vanno dai 2,5 ai 5,5 anni), imputabili tanto a fattori endogeni, quanto a fattori esogeni alla Sogin;

nel bilancio 2018 approvato dal CdA viene indicato che la Sogin ha realizzato un volume di attività di decommissioning pari a 80,7 milioni di euro (miglior risultato da quando la Società è stata costituita, +41 per cento rispetto alla media storica 2010-2017), in crescita rispetto ai 63,2 milioni di euro nel 2017 e 53,8 milioni di euro nel 2016, ma comunque, come chiarito dalla delibera ARERA di cui sopra, significativamente inferiore rispetto al preventivo 2018 di 94,95 milioni di euro, cifra che già risultava inferiore a quanto previsto dal programma quadriennale 2017-2020, che prevedeva 143,13 milioni di euro, importo già ridimensionato anche rispetto al programma preventivo 2016-2019, che prevedeva 163,05 milioni di euro, sempre rispetto all’anno 2018;

la cosa più preoccupante è che ben poco è stato fatto nelle due situazioni più critiche nel nostro Paese: la solidificazione dei rifiuti liquidi presenti nel centro di Saluggia, del prodotto finito nel centro di Trisaia e l’allontanamento delle barre di combustibile Elk River sempre dalla Trisaia. I ritardi accumulati in questi ambiti sono assolutamente inaccettabili e sarà compito della nuova consiliatura SOGIN procedere con urgenza con misure adeguate. Va del pari segnalato il decommissioning della centrale di Latina, per la quale il grande quantitativo di grafite – che svolgeva le funzioni di “moderatore” della reazione di fissione – “attivato” dagli anni di funzionamento costituisce un problema che richiede interventi di tipo tecnico-scientifico ancora allo studio nei Paesi che, come il Regno Unito, hanno installato reattori nucleari moderati a grafite;

per quanto riguarda lo slittamento dei cronoprogrammi, andrebbero pertanto verificate con attenzione eventuali responsabilità dovute, tra l’altro, a una insufficiente attenzione politica e alle criticità che hanno determinato, a fronte dei rischi per la sicurezza nazionale, una riduzione dei controlli rispetto alle attività poste in essere. Le strutture preposte alle attività di controllo non hanno la dotazione organica di personale sufficiente a fronteggiare con competenza ed esperienza le emergenze connesse alle attività di decommissioning;

il quadro regolatorio nazionale è caratterizzato da inadempienze e ritardi nell’applicazione della direttiva europea;

la legislazione nazionale prevede linee di indirizzo che non si configurano come una reale strategia che deve invece essere individuata in attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM del Consiglio del 19 luglio 2011, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. Il cardine del quadro nazionale è il “Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi”. Tale programma impone la definizione di obiettivi generali della politica nazionale concernente la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi; la determinazione delle tappe e dei relativi limiti temporali, oltre alla redazione di un inventario di tutto il combustibile esaurito e dei rifiuti, nonché ubicazione, quantità e classificazione degli stessi. Il punto di partenza del programma è il censimento e la classificazione dei materiali. Qui si rileva una prima criticità, poiché occorre tenere anche conto del materiale dei rifiuti radioattivi generati dall’attività generate dalle forze armate e dei depositi in cui sono temporaneamente custoditi. Si tratta principalmente di materiale detenuto nel centro di San Piero a Grado (PI) dove per anni sono state effettuate attività industriali e di ricerca di natura principalmente “civile”. Un’altra criticità è il materiale radioattivo da bonifiche le cui stime della volumetria sono aumentate in maniera significativa negli ultimi anni e potrebbero aumentare ancora. Il Programma deve affiancare la definizione di progetti, piani e soluzioni tecniche per la gestione del materiale in questione, oltre alle soluzioni relative alla fase post-chiusura di impianti di smaltimento, compreso il periodo in cui sono mantenuti opportuni controlli;

l’articolo 1, punto 6) della direttiva 2014/87/Euratom prevede che gli Stati membri assicurino l’effettiva indipendenza dell’Autorità di regolamentazione competente da qualsiasi influenza indebita nei processi decisionali regolatori. In tale contesto, sono state effettuate le nomine del Direttore e dei membri della consulta. Tuttavia, solo dal 1° agosto 2018, l’ISIN è operativo. L’avvio dell’Ispettorato è avvenuto a seguito dell’approvazione del regolamento che definisce l’organizzazione e il funzionamento interno e la stipula di una prima convenzione tra il Direttore dell’ISIN e il Direttore generale dell’ISPRA che prevede e disciplina, tra l’altro, il collocamento in posizione di distacco presso l’ISIN del personale ISPRA dell’ex Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale. Dalle audizioni tenute nell’ambito dell’Affare assegnato sono emerse criticità rispetto al funzionamento della struttura, considerata sottodimensionata rispetto alle attività che deve svolgere;

in questo quadro, la Commissione europea ha sollevato la procedura d’infrazione n. 2018/2021 e conseguentemente ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per la mancata trasmissione del “Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi”, a norma della direttiva per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi (direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio);

tale tipologia di rifiuto comprende anche quei rifiuti provenienti dagli utilizzi delle tecnologie nucleari e radiologiche per scopi diversi dalla produzione di energia, quali la ricerca scientifica e diverse applicazioni mediche ed industriali. Per la Commissione è prioritario garantire l’adozione delle più rigorose norme di sicurezza in materia di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva, gli Stati membri erano tenuti a trasmettere per la prima volta alla Commissione il contenuto del loro programma nazionale non oltre il 23 agosto 2015. La Commissione ha rammentato gli obblighi a norma della direttiva e ha chiesto chiarimenti sulle procedure che ancora dovevano essere intraprese prima dell’adozione dei loro programmi nonché le date previste per la relativa adozione e trasmissione. Poiché è stata trasmessa unicamente la versione provvisoria del programma, il 29 aprile 2016 è stata trasmessa la lettera di costituzione in mora, seguita dal parere motivato nel luglio del 2017. La Commissione ritiene che spetti alle autorità di tali Stati membri prendere tutte le misure necessarie per adottare il programma nazionale definitivo per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi e trasmetterlo alla Commissione;

i ritardi per la definizione del Programma determinarono nel Governo precedente la decisione di uno slittamento della pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione (CNAPI) che ai sensi del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 recante “Disciplina dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché benefici economici, a norma dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99” dovrebbe portare a individuare le aree potenzialmente idonee al fine di ubicare il deposito nazionale destinato allo smaltimento, a titolo definitivo, dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari e all’immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari. In merito alla individuazione delle aree ai fini della pubblicazione della CNAPI, è opportuno rilevare quanto esposto nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, approvata nella seduta del 1° ottobre 2015 (Doc. XXIII, n. 7).  La relazione evidenzia un aspetto, apparentemente solo formale, di congruenza tra quanto richiesto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 e quanto attuato dall’ISPRA con la Guida tecnica n. 29. La questione è stata posta sia al Ministro dello sviluppo economico nell’audizione del 31 marzo 2015, sia all’ISPRA stesso nell’audizione del 30 luglio. È stato infatti osservato che il suddetto decreto legislativo stabilisce, come è ampiamente noto, che il deposito nazionale debba essere costituito da due parti, poste sul medesimo sito, all’interno di un cosiddetto «parco tecnologico»: un impianto per lo smaltimento dei rifiuti a bassa e media attività e un impianto per il deposito temporaneo di lungo periodo (50-100 anni) dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato non riprocessato. Per contro, la Guida tecnica   dell’ISPRA indica i criteri di localizzazione solo per il deposito di smaltimento dei rifiuti a bassa e media attività (anche il titolo stesso della Guida è al riguardo molto chiaro: Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività) e non menziona in alcun modo l’altra parte del deposito nazionale, cioè l’impianto per l’alta attività;

va tenuto conto inoltre che l’attuale impianto regolatorio per la realizzazione del deposito nazionale è quello configurato da un Governo che aveva deciso di costruire nuove centrali nucleari e che il referendum ha respinto: ha abrogato la parte centrale della norma sulla produzione di energia nucleare non potendo però modificare la parte che riguarda il deposito nazionale. Il deposito era stato pensato appunto per contenere molte più rifiuti di quelli che l’Italia oggi produce e per svolgere attività come quelle individuata nel cosiddetto parco tecnologico pensato allora come un centro di ricerca nucleare sul trattamento del combustibile e dei rifiuti radioattivi e altro che attualmente non avrebbe più ragione di essere sostenuto. L’assenza di alcuni dettagli fondamentali, inoltre, emerge in modo evidente dalla documentazione prodotta nel corso della Valutazione Ambientale Strategica  per il programma nazionale. In particolare, nel parere di compatibilità ambientale sulla proposta di programma, al punto 26, si chiede di integrare l’analisi con la strategia del “brown field”, ossia la trasformazione degli attuali siti in depositi di sé stessi, rispetto alla realizzazione del DN. Ai punti 44 e 45 si chiede di effettuare un’analisi dei trasporti e dei rischi ambientali connessi. Mentre nei punti 13, 14 e 15 si chiede di approfondire la descrizione e la valutazione degli impatti dei rifiuti provenienti da attività industriali e da bonifiche, aspetto critico oltre ai rifiuti di altissima attività per la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi nazionali;

per il Paese è indispensabile e fondamentale l’interesse ad approfondire ogni aspetto attraverso un’analisi completa delle tematiche e delle criticità reali dello stato attuale, coinvolgendo attraverso procedure trasparenti tutte le parti interessate. È doveroso altresì ricostruire l’iter delle scelte politiche e gestionali conseguenti alla normativa europea e nazionale analizzando su costi e benefici, rischi e opportunità, ostacoli ed interventi legislativi funzionali alla definizione della migliore strategia per la salute pubblica, la tutela dell’ambiente e la sicurezza nazionale;

impegna il Governo a:

–          completare – ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, recante “attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi” – la procedura per la definizione del Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, comprendente tutti i tipi di combustibile nucleare esaurito e di rifiuti radioattivi provenienti da attività civili soggetti alla giurisdizione nazionale;

–           porre in essere, al fine di tutelare la salute della popolazione dai rischi nucleari, nei tempi più brevi e con la massima urgenza, un’accelerazione delle attività di messa in sicurezza e decommissioning, con particolare attenzione alle criticità dei centri di Saluggia e Trisaia per la presenza dei rifiuti liquidi e al problema del decommissioning del reattore “moderato” a grafite di Latina;

–          recepire e attuare la direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio del 5 dicembre 2013 in materia di radioprotezione;

–           adottare iniziative urgenti affinché ISIN possa incrementare gli organici in misura adeguata allo svolgimento delle attività istituzionali e per consentire a ISIN di espletare in tempi rapidi concorsi pubblici per l’assunzione di personale tecnico in possesso dei requisiti professionali necessari allo svolgimento delle attività istituzionali, nonché a favorire il trasferimento a questo personale delle conoscenze necessarie acquisite dai dipendenti in quiescenza prevedendo la possibilità di attivare con questi ultimi rapporti di collaborazione;

–          emanare i decreti attuativi previsti dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, volto a regolamentare, tra l’altro, sanzioni e obblighi di comunicazioni in capo a chi produce, trasporta, vende, raccoglie materiale radioattivo e le disposizioni procedurali per il rilascio del nulla osta e per la disattivazione delle diverse tipologie di installazione di deposito temporaneo di rifiuti radioattivi;

–          verificare prioritariamente la fattibilità di accordi bilaterali, in coerenza con quanto stabilito all’articolo 4, paragrafo 4 della direttiva 2011/70/Euratom, con Stati membri o paesi terzi per utilizzare un impianto di smaltimento situato in uno di essi ai fini dello smaltimento dei rifiuti radioattivi di medio alta e alta attività italiani così da evitare l’immagazzinamento dei suddetti rifiuti, a titolo provvisorio di lunga durata, presso il deposito nazionale. In ordine all’ipotesi di cui al punto precedente, attivare gli istituti competenti (ISPRA, ISIN, ISS) per le analisi di rischio e le stime conseguenti relative al trasporto del materiale radioattivo di medio alta e alta attività;

–          atteso che in Italia non è attualmente presente una tecnologia in grado di ritrattare il materiale fissile Uranio/Torio, ad attivarsi con una decisa e concertata azione diplomatica per un accordo con gli Stati che si rendessero disponibili allo smaltimento delle 64 barre di combustibile nucleare uranio/torio, non ritrattate e attualmente site nell’impianto nucleare Itrec di Rotondella (MT), provenienti dal reattore nucleare Elk River (United States of America, MN);

–          rafforzare l’operatività dei tavoli nella trasparenza regionale, al fine di garantire la partecipazione ed il più ampio coinvolgimento possibile delle istanze locali rappresentate dagli attori interessati alle informazioni e alla conoscenza delle attività di decommissioning;

–          assicurare con cadenza periodica la redazione, da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, di un rapporto sullo “Stato di salute della popolazione residente nei Comuni già sedi di impianti nucleari: Analisi della mortalità, stima dei casi attesi e rassegna degli altri studi epidemiologici”, sino al compiuto decommissioning delle centrali nucleari, per proseguirla poi soltanto con riferimento al contesto in cui verrà realizzato il deposito nazionale;

–          rafforzare il complesso delle professionalità tecniche necessarie di cui devono avvalersi i soggetti pubblici a diverso titolo coinvolti nelle procedure autorizzative e di controllo (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, Istituto superiore di Sanità e le competenti direzioni generali del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico) promuovendo bandi di assunzione per le specifiche professionalità richieste. Si evidenzia, infatti al riguardo, la necessità di assicurare il ricambio generazionale;

–          sollecitare l’ISIN a chiarire definitivamente nella Guida tecnica “Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività” (n. 29), se tali criteri siano validi, oltre che per gli impianti di smaltimento della bassa e media attività, anche per l’area di immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti radioattivi ad alta attività, coerentemente con quanto indicato dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, Disciplina dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché benefici economici, a norma dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99;

–          promuovere, nell’ambito dell’Amministrazione della Difesa, la possibilità di redigere un apposito “Programma” per la gestione dei rifiuti radioattivi prodotti dall’Amministrazione della Difesa, in analogia con quanto fatto per i rifiuti radioattivi prodotti da attività civili, e contestualmente, assicurare opportune forme di trasparenza nei processi decisionali concernenti la gestione degli stessi rifiuti;

–          esprimere un indirizzo, in attuazione del “Programma nazionale”, che, per i motivi ricordati in premessa, demandi chiaramente la costituzione del “parco tecnologico” previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 alla scelta delle competenti autorità elettive territoriali, assicurando benefici economici equivalenti a quelli previsti per la costituzione del “parco tecnologico”.

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