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Emissioni

Perché la transizione verde non ferma le emissioni di CO2

Nel 2023 le emissioni mondiali di CO2 hanno raggiunto un record, nonostante gli impegni per la transizione energetica. Cosa dice l'ultimo rapporto Global Carbon Budget.

Record di emissioni di anidride carbonica nel 2023. A dispetto di tutti gli sforzi, nonostante i costi altissimi dell’energia e la pioggia di sussidi al green, il 2023 diventa l’anno in cui le emissioni mondiali di origine antropica hanno toccato il massimo.

Lo certifica la serissima pubblicazione annuale Global Carbon Budget, curata da Global Carbon Project, un network di studiosi e ricercatori, uscito ieri e pubblicato dall’altrettanto seria Earth System Science Data.

COSA DICE IL GLOBAL CARBON BUDGET

La concentrazione di CO2 nell’atmosfera è arrivata a 419,3 parti per milione in media nel 2023 (+2,4 ppm) e le emissioni da fossili nell’anno hanno toccato 37,5 miliardi di tonnellate, nuovo record (+ 400 milioni di tonnellate). Le emissioni totali (considerato l’uso del suolo e il cemento) hanno toccato quest’anno 40,9 miliardi di tonnellate.

CHI SONO I MAGGIORI RESPONSABILI DELLE EMISSIONI

Il report contiene molti dati interessanti. Ad esempio, diventa lampante come tutti gli sforzi che l’Europa, a suon di miliardi di euro, sta facendo per tagliare le emissioni sono totalmente annullati dall’aumento delle emissioni di India e Cina, che quest’anno hanno raggiunto il loro massimo storico. Se l’Europa, con i sacrifici che tutti vediamo, è riuscita a tagliare le proprie emissioni di 200 milioni di tonnellate di CO2, l’India ha cancellato questo piccolo vantaggio emettendone 230 milioni in più. Poi la Cina ha fatto il resto con altri 460 milioni di tonnellate in più. Persino gli Stati Uniti nel 2023 sono stati virtuosi, emettendo 150 milioni di tonnellate in meno, ma anche i loro sforzi sono stati inutili.

In sintesi, la Cina è il maggior emettitore mondiale di CO2 derivante dall’uso di combustibili fossili, con 11,9 miliardi di tonnellate di CO2 emessa nel 2023, in crescita rispetto al 2022 del 4%. Seguono gli USA, con 4,9 miliardi di tonnellate, in calo del 3%. Poi l’India, con 3,1 miliardi di tonnellate, in crescita del 8,2%. Poi l’Unione europea con 2,6 miliardi di tonnellate, in calo del 7,4%. La Cina da sola, cioè, emette 4,5 volte quanto l’intera Ue.

Il resto del mondo emette per 14 miliardi di tonnellate.

Nel complesso, le emissioni cinesi pesano per il 31% del totale, quelle degli Stati Uniti per il 14%, le emissioni indiane pesano per l’8%, quelle europee per il 7%, quelle della Russia per il 4% e infine quelle giapponesi per il 3%.

CARBONE, PETROLIO E GAS

Nel mondo, il combustibile responsabile delle maggiori emissioni è il carbone, con 15,4 miliardi di tonnellate di CO2 emessa. Seguono il petrolio (12,1 mld T), il gas (7,8 mld T).

Da notare che degli 11,9 miliardi di tonnellate emesse dalla Cina, ben 8,5 sono dovute al carbone (pari al 71%). In pratica, le sole emissioni derivanti dall’uso del carbone in Cina sono pari a 3 volte l’intero stock di emissioni annuali di tutta l’Unione europea. Allo stesso modo, le emissioni da carbone in India sono pari a 2 miliardi di tonnellate di CO2, pari al 65% delle emissioni totali indiane e al 76% di quelle totali europee.

Non solo: le emissioni dall’uso di carbone in Cina rappresentano il 55% del totale mondiale di emissioni da uso di carbone.

L’Unione europea, nel 2023, ha emesso 1,2 miliardi di tonnellate dall’uso di combustibili a base di petrolio, 640 milioni di tonnellate da gas, 577 milioni di tonnellate da carbone. Tutti questi valori sono in netto calo rispetto all’anno precedente.

LA TRIPLA SCIAGURA PER L’OCCIDENTE

Utile anche osservare la proiezione relativa alle necessità di contenere l’aumento della temperatura entro i 1,5° centigradi. Per riuscirci, il mondo dovrebbe dimezzare le emissioni annuali entro il 2030 ed azzerarle completamente entro il 2037. Se l’obiettivo invece fosse di contenere le temperature entro gli 1,7 gradi di aumento, il dimezzamento delle emissioni si sposterebbe in avanti al 2040 e l’azzeramento totale al 2054. Con un obiettivo di 2 gradi, le emissioni sarebbero da dimezzare entro il 2050 ed azzerare entro il 2080.

Dunque, tutto ciò che fa l’Occidente viene cancellato dall’aumento delle emissioni dei paesi in via di sviluppo e dalla Cina. Con la stretta europea sulle emissioni, come è evidente, il risultato è una tripla sciagura.  Da una parte, l’economia non cresce, i bilanci pubblici affondano nei debiti e il potere d’acquisto dei cittadini si assottiglia, creando risentimento e tensioni sociali. Dall’altra, la Cina si avvantaggia della deindustrializzazione occidentale e occupa i mercati con i suoi prodotti a basso costo, favorita dal dumping ambientale. Infine, non si raggiunge l’obiettivo di ridurre le emissioni, che infatti aumentano.

La propensione occidentale a farsi del male è peraltro evidente anche dalla paradossale vicenda delle sanzioni al petrolio russo, decise da G7 e Unione europea in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca.

Secondo un rapporto del Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA), il tetto al prezzo del greggio russo, fissato a 60 dollari al barile, è stato comodamente aggirato con una serie di escamotage. Qualche effetto c’è stato, certo, ma molto inferiore alle attese. Circa la metà dei carichi russi ha viaggiato esattamente come prima del price cap, mentre sul resto le triangolazioni con altri paesi hanno consentito di evitare il vincolo. Il price cap ha provocato soprattutto disagi e prezzi più alti in Europa, senza ottenere il risultato per cui era stato istituito. Un altro fallimento occidentale da aggiungere alla lista.

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