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Berlino

Tutte le proteste in Germania est contro il caro-energia

I numeri delle manifestazioni nell’est della Germania crescono di settimana in settimana. L'articolo di Pierluigi Mennitti

 

All’inizio fu Praga, con la sua Piazza San Venceslao ricca di memorie di ribellioni, dalla primavera del 1968 contro i carri armati sovietici alla rivoluzione di velluto, autunno 1989. Poi è arrivata Lipsia, altra città simbolo delle rivolte anticomuniste contro il regime della Ddr. Da quel momento le manifestazioni contro il caro energia si sono diffuse e moltiplicate in tutta la Germania orientale, in città note e paesini sconosciuti ai più, fino alle migliaia di presenze registrate dalla polizia tedesca lunedì 3 ottobre, giorno festivo in cui la Germania celebra proprio la sua riunificazione.

LA MITTELEUROPA PROTESTA CONTRO LE SANZIONI A MOSCA

Da Magdeburgo a Francoforte sull’Oder, da Lipsia a Dresda, da Cottbus a Gera, da Wismar a Lubmin dove arrivano i tubi dei danneggiati gasdotti del Nord Stream, sono ormai decine di migliaia le persone scese per strada a protestare. Una lunga catena di malessere che idealmente si connette con le manifestazioni di Praga (che si sono ripetute), con i sondaggi in Slovacchia che segnalano la maggioranza dei cittadini contraria all’austerity energetica per sostenere l’Ucraina e con l’opposizione della classe dirigente ungherese a ogni tipo di sanzione verso Mosca.

Insomma, una parte di quell’est europeo trent’anni fa festante per essersi staccato dal blocco sovietico, oggi sembra riscoprire antichi legami soprattutto economici. Che sia un richiamo della foresta o il frutto di una sottile propaganda del Cremlino cui sono rimasti ricettori facilmente attivabili alla bisogna poco importa. il dato di fatto è che se Repubbliche baltiche e Polonia costituiscono il bastione più irriducibile dell’opposizione alla Russia, la cosiddetta Mitteleuropa, quell’area dai contorni fragili che va da Dresda a Bratislava passando per Budapest, Praga e più sommessamente Vienna, sembra muoversi in direzione diversa.

IN GERMANIA EST UN CRESCENDO DI SETTIMANA IN SETTIMANA

I numeri delle manifestazioni nell’est della Germania crescono di settimana in settimana. Si svolgono con regolare puntualità ogni lunedì, sul modello delle Montagsdemonstrationen che nell’autunno del 1989 portarono milioni di cittadini tedesco-orientali a protestare contro il regime della DDR. Un modello replicato con evidenti manipolazioni ma con grandi fortune dal movimento Pegida, a partire dal 2016 fini all’inizio della pandemia, per protestare contro la politica sull’immigrazione di Angela Merkel. Questa volta però la partecipazione è molto più articolata e trasversale, rispetto alle manifestazioni anti-immigrati, sia dal punto di vista sociale che politico.

C’è chi le ha subito marchiate come populiste e di estrema destra, ma a dare fuoco alle polveri era stato a Lipsia il partito della sinistra radicale Die Linke, ben presente nelle istituzioni sia locali, dove a est governa Länder e comuni, che nazionali, dove i suoi deputati siedono da anni nel Bundestag. E i militanti della Linke agitano e organizzano molte delle proteste svoltesi nelle settimane successive.

Ma a marciare a volte sotto gli stessi striscioni, più spesso in cortei separati, sono anche gruppi della destra estrema e neonazista (a Lipsia e Dresda hanno sfilato gli attivisti di “Sassoni liberi”,  piccolo partito di estrema destra), e si sono ripresentati i cosiddetti “Querdenker”, i pensatori laterali, quel miscuglio di complottisti, negazionisti e populisti anti-élite che hanno segnato l’onda ribellista “anti-vax” e “no-mask” durante la pandemia.

UNA FOLLA ETEROGENEA DALLE MILLE RIVENDICAZIONI

Questa volta le proteste mescolano disagi differenti e si indirizzano contro la politica del governo di Berlino su vari fronti: dal caro energia all’inflazione, dalla guerra in Ucraina fino alle misure contro la pandemia che potrebbero tornare con la ripresa autunnale dei contagi. Nel caleidoscopio di rivendicazioni spiccano la richiesta di porre fine alle sanzioni verso la Russia e quella di attivare il Nord Stream 2, uno dei due gasdotti danneggiati dall’azione di sospetto sabotaggio della scorsa settimana.

Questa pipeline, che tanto ha impegnato i politici tedeschi negli ultimi anni, non è mai entrata in funzione, perché allo scoppio della guerra in Ucraina il governo di Berlino ha negato l’autorizzazione. Ora potrebbe gettare benzina sul fuoco il recente annuncio del ministro dell’Energia russo Alexander Novak che  secondo la valutazione preliminare dei danni Nord Stream 2 ha subito meno danni ed è in condizioni tecnicamente idonee per trasportare gas. Cosa che la Russia è disposta a fare dal momento che il gemello Nord Stream 1 è ormai fuori uso.

L’ALLARME DELLE AUTORITÀ DI SICUREZZA

Le proteste non sono destinate a esaurirsi, anzi le autorità di sicurezza lanciano l’allarme. L’organo preposto alla difesa della Costituzione, il Verfassungsschutz, avverte che i toni potrebbero diventare più aggressivi e che nei Länder orientali la fiducia nel sistema democratico è in calo. Nella Germania orientale l’umore è cupo, c’è preoccupazione per la crisi energetica che potrebbe incidere sulle industrie della regione in maniera più pesante che a Ovest, dato che la rete dei rifornimenti è molto dipendente dalle pipeline che arriva(va)no dalla Russia. Le misure di emergenza, come la nazionalizzazione della raffineria di Schwedt, in Brandeburgo, da cui dipendono tra l’altro i rifornimenti essenziali di Berlino (riscaldamenti, trasporti pubblici e mobilità privata, imprese), non calmano le acque. E sui cartelli dei manifestanti le parole d’ordine indicano diffidenza verso i politici, più spesso odio. il disagio è lo stesso, cambiano solo i bersagli: durante la crisi dei migranti quella da arrestare era Angela Merkel, nei mesi della pandemia il ministro della Sanità Jens Spahn. Oggi dietro le sbarre vorrebbero il ministro dell’Economia Robert Habeck.

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