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Vi spiego qual è, davvero, il prezzo del Gnl americano

Il Gnl americano costa probabilmente più del gas via tubo: il prezzo di vendita, però, è un'altra cosa e dipende dal mercato Ttf europeo. L'analisi di Sergio Giraldo.

L’accordo sul gas liquefatto tra Stati Uniti e Italia ancora non c’è, ma fa già discutere. Da sinistra piovono critiche: il GNL americano costa di più, si dice. Probabilmente la critica si riferisce al fatto che il GNL in sé costa più del gas via tubo. C’è però un grosso equivoco, tutto giocato sui concetti di costo e prezzo.

Primo: è vero, il GNL costa di più, nel senso che il suo costo di produzione è più alto rispetto al gas immesso all’origine nei gasdotti. Questo perché la liquefazione, processo seguente all’estrazione del gas, comporta un costo aggiuntivo di circa il 15%. Poi, il gas così liquefatto e caricato in forma liquida su una metaniera deve essere trasportato e rigassificato. Quindi quando il gas in questa forma entra nella rete dei gasdotti, il suo costo di produzione è certamente più alto di quello del gas estratto e immesso direttamente nei gasdotti.

Ad esempio, se parliamo degli USA, possiamo immaginare, che il costo di estrazione sia al  massimo pari al prezzo del principale hub di scambio, chiamato Henry Hub (HH), altrimenti al produttore non conviene estrarre. A questo si deve aggiungere un 15% di costo di liquefazione, più circa 5 €/MWh di trasporto via nave, oneri di rigassificazione e perdite.

Con il prezzo medio registrato su HH nel mese di aprile sinora (3,57 $/MMBTU) trasformato in €/MWh, il costo di produzione del GNL americano portato in rete in Europa sarebbe pari a 17,51 €/MWh, circa. Cioè più o meno la metà dell’attuale prezzo (non costo: prezzo) al TTF. Possiamo immaginare che il costo di produzione del gas in Russia sia attorno ai 5-7 €/MWh, il che rende il gas russo a bocca di gasdotto circa tre volte meno costoso: meno costoso in termini di costo di produzione, non di prezzo.

Secondo punto: tutto ciò non dice nulla del prezzo a cui il gas è venduto. Il costo di produzione è una cosa, il prezzo a cui il gas è venduto un’altra. Qualcuno quando va al mercato chiede al fruttivendolo quale sia il costo di produzione dei pomodori? O quanto è costato trasformare l’uva in vino e poi trasportare le bottiglie? Certamente no: il prezzo dice tutto.

Il prezzo a cui il gas è venduto in Europa fa riferimento da anni agli hub e non più a formule indicizzate al petrolio in dollari, come era in origine. L’hub di riferimento in Europa è il TTF, dove arriva il gas dal Nord Europa, dall’Olanda stessa (finché produceva gas) e dalle navi metaniere che portano il GNL. Il prezzo hub è stato fortemente voluto dall’Unione europea, per creare un mercato continentale con il prezzo in euro sganciato dalle quotazioni del petrolio in dollari.

All’hub, più offerta c’è, più il prezzo scende, a parità di domanda. Fino al 2019 il prezzo al TTF è stato basso ed ha iniziato a decollare nel 2021, quando l’offerta dalla Russia ha iniziato a scendere togliendo liquidità al mercato, mentre la domanda restava stabile. A quel punto, con il prezzo TTF in salita, il GNL che circolava per altri lidi come l’Asia trovò conveniente approdare in Europa, dove il prezzo si era impennato. È stata la mancanza dei volumi dalla Russia a rendere il GNL il gas marginale che fissava il prezzo al TTF. Non perché il GNL costi di più alla produzione ma perché rispetto ai gasdotti ha il grande vantaggio di essere mobile. La flessibilità ha un valore.

Il mercato GNL è diverso da quello dei gasdotti: poiché manca un vincolo di destinazione, la nave carica di GNL va dove il prezzo è più conveniente per il venditore, a meno di accordi diversi. L’Europa in questo è in competizione con l’Asia, che divora molto GNL.

La logica dell’hub spot voluta dall’Ue fa sì che il prezzo si determini in maniera marginale, per cui il prezzo è fatto dall’ultima molecola che soddisfa la domanda. Ma certamente nessuno compra il GNL a prezzo superiore al TTF.

Il prezzo del GNL è dunque il prezzo TTF, così come lo è per il gas via tubo, sempre a meno di accordi di fornitura con diverse formule di prezzo. Per cui, se si vuole che il gas abbia un prezzo più basso occorre dare liquidità al mercato, facendo affluire in Europa volumi in offerta, via tubo o via GNL. Una ripresa anche parziale dei volumi dalla Russia, ad esempio, a prescindere dal loro prezzo (immaginiamoli a prezzo TTF), farebbe abbassare di molto i prezzi all’hub TTF e ridurrebbe il potere di mercato del GNL. A quel punto sarebbe il venditore di GNL a doversi fare i conti in tasca e capire se il prezzo TTF gli consente di recuperare i costi ed avere un margine decente, oppure se è meglio vendere il GNL in Asia o altrove.

Il governo italiano non può costringere le aziende a comprare il GNL da qualcuno, per cui è da capire cosa conterrà questo ipotetico patto. Ma l’accordo in sé, a certe condizioni (che vanno scritte molto bene), può portare liquidità al mercato europeo e contribuire ad evitare picchi di prezzo. Il prezzo del GNL americano potrebbe essere indicizzato a Henry Hub più spread, ad esempio, o a TTF meno spread, magari con un cap.

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