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Perché i prezzi del petrolio non schizzano più?

Che cosa sta succedendo ai prezzi del petrolio. Fatti, numeri, analisi e scenari

Il mercato del greggio, ieri 20 novembre, ha vissuto il suo secondo martedì nero consecutivo. Troppa incertezza nei mercati, troppe scorte e poca probabilità che Arabia Saudita e Russia, alla prossima riunione Opec, possano davvero accordarsi su un taglio alla produzione.

Ma non solo: dietro il crollo del petrolio, c’è qualcosa di più. Secondo Goldman Sachs, infatti, la discesa è stata provocata dalla presenza sul mercato di un gran numero di opzioni put (che danno diritto a vendere petrolio a un determinato prezzo). Andiamo per gradi.

IL CROLLO

Ieri il Brent, il benchmark globale per il petrolio, ha perso il 6,38% toccando il minimo di 61,71 dollari al barile. Il WTI, il riferimento statunitense, è crollato sotto i 53 dollari al barile per la prima volta in un anno, perdendo più del 7% a Londra e New York.  Nel primo caso il saldo mensile segna un calo di quasi il 20%, mentre nel secondo il dato è negativo per il 21,5%.

UNA LIEVE RIPRESA

Il mercato del greggio, il 21 novembre 2018, sembra in lieve ripresa: il Brent quota 63,4 dollari, +1,39% su ieri, e un barile di WTI 54,3 dollari, +1,67%. “Il movimento del mercato cui abbiamo assistito ieri è stato molto deciso e dopo questo tipo di andamento ci si attende un rimbalzo”, ha commentato Olivier Jakob, analista di Petromatrix.

Il rialzo era dunque atteso, ma bisogna ammettere, come scrive Bloomberg, che tutto è molto diverso da sette settimane fa, quando il petrolio stava toccando i massimi di quattro anni e le banche, i commercianti e i consulenti pensavano che fosse fattibile il raggiungimento dei 100 dollari al barile.

PERCHE’ IL PETROLIO PERDE QUOTA?

A prima vista, il petrolio perde quota perché l’offerta è aumentata al punto da diventare eccessiva. La produzione record di Mosca e quella quasi record dell’Arabia Saudita, unito anche all’aumento della produzione negli Stati Uniti, stanno travolgendo (inevitabilmente) i mercati.

E poi c’è il fronte Iran: con la decisione degli Stati Uniti di rilasciare più deroghe del previsto ai clienti iraniani, le forniture potrebbero essere molto più alte di quanto si ipotizzava un mese fa, quando il petrolio era ad un massimo di quattro anni sopra $ 86 al barile.

TROPPA INCERTEZZA

Ed in questo scenario, si inserisce il prossimo vertice dell’Opec, in cui si discuterà sul possibile taglio di produzione. Il mercato è incerto e non crede in un accordo per stabilizzare i prezzi. Anche Fatih Birol, dell’Agenzia internazionale dell’energia,h ha descritto quella attuale una “fase di incertezza senza precedenti”.

LE SPERANZE E LE ATTESE DI DONALD TRUMP

A spingere sui tagli, come di consueto, è Donald Trump, che proprio nelle scorse ore ha provato a convincere l’Arabia Saudita con dolci parole, definendo il Paese un “partner incrollabile”.

“Hanno lavorato al nostro fianco e sono stati molto compresivi verso le mie richieste di mantenere i prezzi del greggio a livelli ragionevoli”, ha detto Trump, parlando con i giornalisti. “Li ho mantenuti bassi –ha detto Trump riferendosi ai prezzi del greggio – e loro mi hanno aiutato a farlo”.

LE OPZIONI PUT

Ma dietro il crollo del greggio si nasconde qualcosa di più, che potrebbe avere a che fare con la speculazione. Come si legge su Bloomberg, infatti, il calo dei prezzi è stato incentivato dalle banche che hanno venduto futures per riequilibrare le loro posizioni al calare dei prezzi.

L’”effetto gamma negativo”, come spiegato da Goldman Sachs, è stato provocato dalla presenza sul mercato di un gran numero di opzioni put (che danno diritto a vendere petrolio a un determinato prezzo).

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