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Petrolio

Perché per Saudi Aramco, Gazprom e Cnpc saranno dolori (con la transizione energetica)

Le compagnie petrolifere nazionali sono meno preparate delle loro controparti private? Report e analisi di Moody's e Foreign Policy

 

Rischi di credito in vista con la transizione energetica per le compagnie petroliferi statali come Saudi Aramco, Gazprom e CNPC. È quanto sottolinea un nuovo report di Moody’s Investors Service precisando che i problemi più importanti si avranno soprattutto in quei paesi dove è maggiore l’integrazione tra compagnie petrolifere nazionali e strategie dei debiti sovrani.

L’ANALISI

“Le Compagnie petrolifere nazionali (Noc) svolgono un ruolo critico nei mercati mondiali dell’energia, riducendo le loro controparti nel settore privato – le compagnie petrolifere internazionali – in termini di produzione globale di petrolio e gas e di riserve – ha evidenziato Hui Ting Sim, analista di Moody’s -. In un contesto di rallentamento dei consumi di petrolio e gas nei prossimi decenni, con il potenziale di un’interruzione più brusca della domanda, gli sponsor sovrani dei Noc avranno un impatto sempre maggiore sui profili di credito, sia fornendo supporto sia agendo come leva”, ha aggiunto Sim.

LE DIFFERENZE PAESI IMPORTATORI ED ESPORTATORI

I Noc nei paesi importatori di petrolio, dove il consumo continuerà a crescere, sono meno esposti al rischio di transizione rispetto a quelli dei paesi esportatori di petrolio. Caratteristiche quali i bassi costi di produzione, un’alta percentuale di gas naturale o di risorse di Gnl, una bassa leva finanziaria e gli obblighi sociali implicano anche un rischio minore.

L’impatto del sostegno sovrano sui profili di credito dei Noc dipende dalla capacità e volontà di fornire sostegno anche quando il consumo di petrolio è in calo, dal grado di dipendenza dal Noc per le sue entrate e dal fatto che sia valutato al di sopra o al di sotto del rating del Noc, ha osservato l’agenzia di rating.

PAESI DEL GOLFO A RISCHIO

E mentre alcuni Noc stanno cambiando per ragioni di business o per allinearsi alle politiche governative sul cambiamento climatico, la capacità di altri di effettuare la transizione verso modelli a minore intensità di carbonio è limitata dagli obblighi fiscali o dagli obiettivi sociali. L’esposizione a un prolungato basso prezzo del petrolio per i Noc nei paesi che si basano materialmente sui proventi delle esportazioni di petrolio per coprire la spesa pubblica, come quelli della regione del Consiglio di cooperazione del Golfo, sarà particolarmente a rischio, ha concluso Moody’s.

UN ALTRO MODO DI VEDERE LA QUESTIONE

La questione è stata affrontata da Foreign Policy in un articolo intitolato “Tutto ciò che si pensa della geopolitica del cambiamento climatico è sbagliato”. Jason Bordoff, capo di un think tank sull’energia della Columbia University, fa qualche osservazione importante e prima di tutto mette in guardia dall’ipotizzare che gli enormi investimenti della Cina nella produzione di tecnologie energetiche pulite come le batterie e i pannelli solari (e nel raccogliere i minerali rari per farli) significheranno che diventerà una forza simile a quella saudita.

Secondo Bordoff, infatti, avere un’impronta enorme nei mercati ‘green’ non trasmette la stessa influenza che offre il petrolio. Per esempio, limitare le spedizioni di batterie potrebbe far temporaneamente aumentare i prezzi delle auto e ritardare i nuovi veicoli elettrici. Ma non è la stessa cosa che tagliare le forniture di petrolio e gas, che possono rapidamente “compromettere la mobilità, innescare picchi di prezzo o causare il congelamento delle persone nelle loro case”.

PRODUTTORI A BASSO COSTO FAVORITI

Bordoff mette poi in guardia chi prematuramente sta scrivendo necrologi per i grandi produttori mediorientali. In realtà anche qui le cose non stanno esattamente come si pensa: se la domanda è ‘questi paesi sono preparati per diversificare le loro economie per affrontare il calo della domanda di greggio in un mondo con restrizioni alle emissioni di CO2?’, allora la risposta è no. Tuttavia, nei decenni che serviranno per uscire del petrolio come combustibile dominante, saranno i produttori a più basso costo – che hanno anche emissioni per barile relativamente basse – ad essere meglio posizionati.

E anche se la domanda si riduce, “la quota di produzione globale dell’OPEC potrebbe aumentare a causa dei costi e delle emissioni più bassi dei suoi membri, rafforzando la presa del cartello su un mercato che rimarrà considerevole per un certo tempo”. Ciò senza dimenticare che, osserva, l’offerta potrebbe diminuire anche più velocemente della domanda, il che farebbe aumentare i prezzi e darebbe un impulso alle casse degli Stati petroliferi.

GLI ELETTRO-STATI

Non è tutto. Per Bordoff alcuni dei ‘petro-Stati’ di oggi potrebbero essere gli ‘elettro-Stati di domani’: basti pensare alla capacità di Arabia Saudita e Cile di produrre ed esportare energia pulita oltre i propri confini. In questo senso, il ruolo della Russia come fornitore di tecnologia nucleare diventerà ancora più importante quando i paesi cercheranno di elettrificare i trasporti e gli edifici per ridurre le emissioni di CO2.

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