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Perché c’è di nuovo alta tensione all’Ilva

Che cosa succede all'Ilva di Taranto. Il Punto di Giuseppe Sabella

 

Il caso Ilva torna d’attualità. E non è una bella notizia. Il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci ha infatti deciso di chiudere due delle cinque scuole del quartiere Tamburi, il rione vicinissimo al siderurgico ex Ilva, ora Arcelor Mittal. Si tratta della Deledda e della De Carolis, 700 bambini vengono trasferiti in altri edifici scolastici. Melucci ha così deciso perché le due scuole sono vicinissime alle collinette ecologiche che l’Italsider fece costruire negli anni ‘70 per cercare di separare fabbrica e città, in modo da creare una specie di filtro, una barriera che mitigasse l’impatto dell’inquinamento. Ma già da dieci anni era chiaro che quelle collinette non servivano a niente. Nessun filtro, nessuna protezione per i residenti dei Tamburi.

A febbraio scorso, su disposizione della Procura, è stata messa sotto controllo la superficie occupata da tre collinette. Insieme ad Arpa Puglia, che ha curato le analisi tecniche e chimiche, i Carabinieri del Noe, che hanno avviato le indagini nella seconda parte del 2018, dicono che le collinette ecologiche “altro non sono che una enorme discarica abusiva di svariate tonnellate di rifiuti industriali derivanti dalle lavorazioni degli impianti del polo siderurgico quali loppa, scorie d’altoforno e altro che, esposti all’azione degli agenti atmosferici, hanno riversato nei terreni e nell’ambiente circostante, sostanze altamente tossiche e cancerogene come diossine, furani, pcb, idrocarburi e metalli vari”.

I NUMERI DI ARPA PUGLIA

Inoltre, secondo Arpa Puglia, nell’ultimo anno il valore della diossina a Taranto è aumentato del 916%, passando da 0,77 picogrammi del 2017 a 7,06 picogrammi del 2018, molto vicino agli 8 picogrammi del 2009 quando nella masseria Carmine furono prelevati 1.124 capi di bestiame per essere abbattuti. Secondo gli stessi dati, nella masseria Carmine si è passati da 0,77 picogrammi per metro quadro “die” ad un dato del 2018 pari a 7,06 picogrammi. Non è finita: secondo il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, e il consigliere comunale Vincenzo Fornaro, ex allevatore, sono in aumento le diossine anche nell’area dell’agglomerato del siderurgico con un valore di 11 picogrammi, e nel quartiere Tamburi, in via Orsini, con valore pari 5,5 picogrammi. In altri paesi europei come Francia e Germania, i valori limiti sono pari a 5 e 4 picogrammi.

CHI HA LANCIATO L’ULTIMO ALLARME

A lanciare di nuovo l’allarme tra le persone è stata l’associazione ambientalista Peacelink. E lo ha fatto dopo la fiaccolata silenziosa che la sera del 25 febbraio ha visto migliaia di persone sfilare nelle strade del centro di Taranto per ricordare i bambini morti di tumore a causa dell’inquinamento. Peacelink sostiene che sia nella cokeria dello stabilimento ex Ilva, sia nel quartiere Tamburi, sono aumentati gli inquinanti cancerogeni di provenienza siderurgica. Secondo Peacelink, per per gli Ipa, gli idrocarburi policiclici aromatici, si passa “da una media 16,6 ng/m3”, sigla che indica i nanogrammi per metro cubo, media riscontrata a gennaio 2018, “ad una media di 21,5 ng/m3 (gennaio 2019). Per febbraio, dichiara Peacelink, si passa da 10,8 ng/m3 (febbraio 2018) a 16,1 ng/m3 (febbraio 2019)”.

CHE COSA DICE ARCELOR

Ma da Arcelor Mittal rispondono che i controlli sono effettuati “secondo i più alti standard disponibili”. Inoltre, l’azienda è “pienamente conforme” a tutte le regole dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia).

LE PAROLE DEL MINISTRO LEZZI

Intanto, in queste ore, la ministra per il Sud, Barbara Lezzi (M5S), ha dichiarato che nel prossimo provvedimento utile “verrà inserita l’abolizione dell’immunità penale”. La ministra ha anche aggiunto che “in Ilva potrebbero subentrare requisiti di innovazione e di tecnologia tali da poterla rendere compatibile. Però se non ci saranno questi, l’intenzione del Movimento 5 Stelle è quella di dare delle alternative all’Ilva, cosa che in questo momento Taranto non ha. Allora gli oltre 10.000 operai devono trovare una nuova occupazione, tutto l’indotto deve avere una nuova occupazione. Tutta Taranto deve avere una nuova visione, un nuovo progetto di futuro. Noi stiamo lavorando su questo. Sul sito del Ministero dello Sviluppo economico è partita già la call per il Tecnopolo, per studiare e immaginare una riconversione economica del territorio di Taranto. È questo il nostro primario obiettivo: non lasciare Taranto nella povertà e non lasciarla però in preda all’inquinamento, ma darle la possibilità di scegliere”.

LO SCENARIO

Come si evince, Taranto sta vivendo delle ore difficili e sta tornando in discussione il futuro della grande fabbrica. Il fatto che sia in agitazione lo stesso Melucci – che aveva definito il piano di Mittal “qualcosa di mai visto per la città di Taranto” – ci dà la misura di quanto la tensione stia tornando alta. Nel frattempo, la riorganizzazione in azienda è quasi completata, aspetto non di poco conto.

L’AUGURIO

Sarà possibile sanare questa ferita che allontana lavoro e territorio? Sì, se si agisce responsabilmente: le intenzioni di Mittal sono serie. L’operazione va accompagnata, da istituzioni e sindacati. E le persone non vanno lasciate sole. Auguriamoci che Ilva non si riduca, soltanto, ad un nuovo caso politico.

Twitter: @sabella_thinkin

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