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Non solo Eni, cosa farà l’Italia con le missioni in Africa

Più missioni internazionali (e più Africa) per l'Italia. L'analisi di Ottavia Credi e Alessandro Marrone tratta da Affari Internazionali

Il Parlamento sta discutendo il decreto in merito alla partecipazione italiana alle missioni internazionali nel 2020, con un ritardo nel processo decisionale dovuto principalmente al Covid-19.

Le missioni all’estero continuano a essere elemento fondamentale della politica estera del Paese. Contribuiscono sia alla gestione delle crisi e alla stabilizzazione in aree importanti per la sicurezza e gli interessi nazionali, sia ad instaurare e mantenere rapporti con alleati e partner interessati in tali operazioni.

Il decreto 2020 verte su due elementi principali: la continuazione delle missioni già in corso (tra cui le maggiori restano in Libano, Iraq e Afghanistan), e l’avvio di nuovi impegni, principalmente in Africa. Infatti,  sono cinque le nuove missioni: due dell’Unione Europea, due in ambito Nato, e una nata dalla collaborazione di singoli stati europei a guida francese.

RINNOVATO IMPEGNO NELL’UE…

La prima novità consiste nella missione Eunavfor Med Irini, volta a contribuire all’attuazione dell’embargo sulla fornitura di armi alle fazioni libiche imposto dall’ONU. Tale iniziativa risponde alla necessità di maggiore stabilità nel Paese nordafricano, che affianca l’esigenza di trovare risposta al fenomeno dei flussi migratori attraverso il Mediterraneo. La missione si troverà ad operare a ridosso di uno scenario molto fluido dove il coinvolgimento militare di Stati terzi è forte e in crescita, e rischia di finire nell’occhio del ciclone della politica italiana qualora riprendesse la polemica sul contrasto al traffico di migranti nel Mediterraneo e la relativa gestione dei confini italiani.

Sul fronte mediorientale, l’Italia prende parte a Euam Iraq, contribuendo all’attività di reclutamento e addestramento di forze di sicurezza curde ed irachene. La missione si affianca alla Nato Training Mission e alla Coalizione Internazionale contro lo Stato Islamico già attive in Iraq, a testimoniare una maggiore attenzione europea al teatro nel quale gli Stati Uniti hanno chiesto più supporto dall’Europa. Il rinnovato impegno italiano mira così anche a consolidare il rapporto con l’alleato statunitense. Per proteggere il proprio contingente dal rischio crescente di escalation con l’Iran, concretizzatasi lo scorso gennaio nel lancio di missili iraniani sulla base di Erbil che ospitava anche i militari italiani, l’Italia intende schierare una batteria di sistemi antimissile e antiaerei in Kuwait.

…E NELL’ALLEANZA ATLANTICO

Tra le novità principali dell’ultimo decreto vi è la missione Nato Implementation of the Enhancement of the Framework for the South, a favore della stabilità delle regioni che si estendono lungo il fianco sud dell’Alleanza. Saranno attuate attività di formazione, consulenza e tutoraggio, oltre ad operazioni di supporto alla difesa e sicurezza del territorio. Si tratta di un segno concreto a valle dell’impegno politico di lunga data dell’Italia affinché l’Alleanza Atlantica contribuisca maggiormente alla stabilità del proprio vicinato meridionale.

Una seconda missione Nato sarà nel Golfo di Guinea, dove l’Italia intende dispiegare per la prima volta un dispositivo aeronavale nazionale. L’obiettivo principale di questo nuovo impegno sarà duplice: da un lato, la prevenzione e il contrasto alla pirateria (che si sospetta sia legata ad attività terroristiche) e, dall’altro, la protezione degli assetti estrattivi Eni nell’area.

COALIZIONE EUROPA NEL SAHEL

Nuova avventura per l’Italia anche nel contesto della “Coalizione per il Sahel” (già comprendente l’Operazione francese Barkhane e l’iniziativa militare congiunta G5 Sahel), con la Task Force Takuba. Si tratta di una missione finalizzata al contrasto della minaccia terroristica nel Sahel, frutto della cooperazione di 14 Paesi europei, ma al di fuori del quadro Ue e della European Intervention Initiative – a dimostrazione di una certa tendenza francese per una Europa della difesa à-la-carte.

Oltre a garantire l’accesso a un’area che detiene un importante valore strategico per il suo impatto sul Nord Africa e in quanto crocevia di flussi migratori, Takuba offre all’Italia la possibilità di rafforzare i rapporti con l’alleato francese. È stato infatti lo stesso Emmanuel Macron a chiedere un sostegno italiano nella lotta al terrorismo nel Sahel, durante il vertice bilaterale tenutosi lo scorso febbraio.

MEGLIO TARDI CHE MAI

Da alcuni anni, l’autorizzazione parlamentare delle missioni militari all’estero avviene in grave ritardo. Ad esempio, la deliberazione precedente aveva autorizzato le missioni in corso fino alla fine del 2019, il che significa che fino all’adozione dell’ultimo decreto tali missioni si sono svolte senza la dovuta copertura politica.

Ciò ha fatto sì che l’Italia formalmente abbia dovuto aderire in corsa a iniziative già ben avviate. Irini ha avuto inizio lo scorso 4 maggio, quando l’Italia non aveva previsto il dispiegamento di nessun asset poiché, al tempo, la missione non aveva ancora ricevuto l’autorizzazione da parte del Parlamento. La Task Force Takuba è stata annunciata lo scorso 13 gennaio e lanciata ufficialmente il 28 marzo.

La pandemia ha ovviamente stravolto l’agenda politica 2020, ed è positivo che, dopo aver sostenuto le autorità civili nel momento dell’emergenza sul territorio nazionale, le forze armate tornino alla loro missione principale riguardante la sicurezza internazionale. Per il futuro, resta auspicabile sia una maggiore tempestività del quadro normativo, sia che le missioni internazionali diventino oggetto di più ampia riflessione nell’opinione pubblica – l’impegno italiano in questi teatri è e rimane infatti un tema politico legato agli interessi nazionali.

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