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Turchia Libia

Ecco le aziende energetiche turche che annusano affari in Libia grazie a Erdogan

Chi sono e cosa fanno le aziende turche che puntano alle risorse energetiche in Libia. L'articolo di Giuseppe Mancini

LE AZIENDE TURCHE GIÀ ATTIVE IN LIBIA

Quali sono le aziende turche già impegnate in Libia? E quali sono quelle che potrebbero inserirsi in futuro? In realtà, la Turchia è quasi del tutto priva di risorse fossili: di conseguenza, molti dei suoi operatori sono attivi più che altro nella costruzione e gestione di pipelines, di raffinerie o di centrali per la produzione di elettricità (o nella sua distribuzione).

Le attività di esplorazione ed estrazione sono appannaggio della Turkish Petroleum (o TPAO), un’azienda sotto il totale controllo pubblico, che opera anche attraverso due altri rami internazionali (la TPIC e la TPOC); appartengono alla TPAO, infatti, le imbarcazioni per le ricerche sismiche e per le trivellazioni impiegate nel Mediterraneo orientale, a largo dell’isola di Cipro.

L’azienda turca ha poi interessi in progetti di esplorazione e produzione anche in Azerbaigian, Kazakistan, Afganistan, Russia e soprattutto Iraq (compresa la Regione autonoma del Kurdistan). Era attiva anche in Libia, sin dal 2005, con concessioni petrolifere – l’area 147/3-4 – nel bacino di Murzuch, nelle regioni sud-occidentali del Fezzan.

Un altro progetto in campo energetico precedentemente avviato è quello della centrale termoelettrica di Ubari, sempre nel Fezzan. Il progetto assegnato nel 2007 alla Enka prevede 4 turbine da 160 MW l’una alimentate a petrolio, oltre a un oleodotto di 50 chilometri per l’approvvigionamento (direttamente da un giacimento); i lavori sono iniziati nel 2010, ma sono stati interrotti più volte e l’impianto – tra rapimenti di tecnici, occupazioni, evacuazioni – non è mai stato completato.

I GRANDI GRUPPI TURCHI PER IL FUTURO

Quali sono invece altre aziende che potrebbero aspirare a contratti in Libia, dopo la stabilizzazione del paese (o almeno con condizioni di sicurezza di nuovo accettabili)? In prima linea, ci sono i 4 grandi gruppi – delle holding, dagli interessi diversificati – che hanno dotato la Turchia della Guerra fredda di infrastrutture moderne. La Enka, come detto già attiva nel paese nordafricano, che oltre ad aver costruito pipelines in patria si è distinta in numerosi progetti nei paesi dell’ex Unione sovietica. La GAMA, specializzata in impianti petrolchimici e in centrali elettriche, costruiti e gestiti anche in Francia e in Irlanda. La Tekfen, con interessi e progetti – solo nel settore energetico – in Arabia saudita, Azerbaigian, Bulgaria, Emirati arabi, Georgia, Iraq, Kazakistan, Kuwait, Oman, Turkmenistan. La Yuksel, che opera soprattutto in Turchia ma ha realizzato impianti industriali in Arabia saudita e in stati già sovietici.

Tra le aziende di più recente tradizione spicca invece la Calik. Si occupa di esplorazione, produzione e trasporto sia di petrolio sia di gas, della costruzione di pipelines e di centrali elettriche o di reti di distribuzione: sia in Turchia, sia in un gran numero di stati tra cui l’Iraq, il Kosovo, l’Afganistan, l’Azerbaigian, la Georgia, il Turkmenistan, l’Uzbekistan. E’ anche considerata molto vicina al presidente Erdogan, visto che suo genero Berat Albayrak – l’attuale ministro dell’economia – è stato l’amministratore delegato del gruppo Calik fino al 2013.

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