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Molecole

Ecco la ricetta per inventare nuove molecole. L’analisi di Longo

L'approfondimento di Luca Longo su come nascono le molecole per migliorare la tecnologia dei pannelli fotovoltaici

 

Vi abbiamo già raccontato tutto sui pannelli FotoVoltaici Organici (OPV) e sui Concentratori Solari Luminescenti (LSC). Queste due nuove tecnologie fotovoltaiche, ideate e sviluppate al Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara in collaborazione con diversi partner internazionali, permettono di superare i limiti dei pannelli fotovoltaici tradizionali: gli OPV sono robusti, leggeri e flessibili, gli LSC – alla base delle finestre intelligenti Eni Ray Plus – consentono di realizzare superfici vetrate trasparenti che producono energia.

L’uso di queste due tecnologie, insieme a quella dei pannelli solari tradizionali, permetterà di rendere energeticamente autonomi anche i grandi edifici dove i soli pannelli al Silicio disposti sul tetto non sono sufficienti a fornire elettricità a tutti i piani ma possono essere aiutati da OPV sulle pareti e LSC nelle finestre. A differenza del Silicio, sia OPV che LSC non hanno bisogno di essere disposti esattamente a Sud ad una precisa inclinazione ma funzionano bene anche in luce diffusa, quindi sulle pareti non esposte a mezzogiorno ma pure all’alba, al tramonto o quando è nuvoloso.

Oggi vi raccontiamo come sono stati inventati.

Ricevuto un obiettivo di ricerca, un gruppo interdisciplinare di scienziati e ricercatori si mette all’opera. Prima di tutto occorre studiare tutto quello che il mondo scientifico ha scoperto e inventato in un certo campo. Una volta ci si immergeva per settimane nelle biblioteche scientifiche a caccia di pubblicazioni e brevetti – a Novara abbiamo una delle più grandi biblioteche di chimica industriale d’Italia e forse d’Europa – ma oggi si può fare tutto online molto più rapidamente. Chiarita la situazione, si cerca di capire come migliorare lo stato dell’arte e trovare nuove molecole o nuovi polimeri (catene di molecole) in grado di avere proprio quella proprietà che ci serve.

Se il nostro obiettivo è trasformare la luce del Sole in energia elettrica, dobbiamo per forza trovare molecole capaci di catturare uno dei fotoni che arrivano dalla nostra stella preferita e in grado di modificare la propria struttura fino a perdere un elettrone (carico negativamente) ed a creare una lacuna (una carica positiva) da qualche altra parte della propria struttura molecolare. Una volta separate le cariche elettriche, dobbiamo trovare delle molecole “conduttrici” che accompagnino l’elettrone ad un elettrodo e la lacuna sull’elettrodo opposto. In questo modo abbiamo creato una differenza di potenziale e quindi possiamo produrre elettricità.

Semplice no? Ma proprio per niente! Per trovare molecole adatte dovremmo mettere al lavoro per intere generazioni battaglioni di chimici organici, polimeristi, caratterizzatori, esperti nella deposizione degli strati che costituiscono una cella fotovoltaica che sistematicamente provino tutte le combinazioni possibili di molecole, ciascuna diversa dall’altra magari solo per una manciata di atomi qua o là.

In questo ci viene in aiuto una particolare classe di chimici: i modellisti molecolari. Metà chimici di laboratorio, metà fisici-matematici, questi scienziati ibridi partecipano a tutti i progetti di ricerca e cercano di realizzare un modello matematico delle molecole, dei polimeri o anche delle reazioni molecolari che si trovano nel cuore del dispositivo. Con sofisticati algoritmi dai nomi molto poco digeribili come simulazione quantomeccanica ab initio oppure teoria del funzionale densità, creano un modello matematico della distribuzione dei nuclei che compongono la molecola da studiare, di come questi sono legati e si muovono fra loro. Su questo scheletro calcolano come si distribuiscono le nuvole degli elettroni e — dall’interazione di tutte le particelle in gioco — riescono a calcolare le proprietà elettroniche di molecole che non sono mai esistite e non esistono ancora. Fra queste proprietà, gli scienziati teorici che lavorano sugli LSC o OPV, studiano in particolare quelle che permettono alle molecole di interagire coi fotoni: i raggi di luce provenienti dal Sole.

Questi modelli devono essere estremamente dettagliati ma anche molto complessi. Le formule matematiche che governano le proprietà e le reazioni in gioco sono talmente complicate che un esercito di tecnici armati di calcolatrice impiegherebbe fino alla fine del mondo per ottenere un risultato. Per questo è fondamentale poter disporre di un potentissimo supercomputer come HPC5 e di algoritmi sofisticati che permettano agli esperti Eni di condurre numerosi calcoli su molecole differenti in tempi ragionevoli.

Individuate le molecole con le proprietà più promettenti, la palla passa ai chimici organici che cercano vie di sintesi per crearle. Una volta ottenute, queste molecole uniche al mondo che nessuno aveva mai visto prima vengono polimerizzate per ottenere macromolecole più complesse. Poi altri ricercatori esperti le depositano in strati successivi sulle celle OPV – oppure le disciolgono in un polimero trasparente se stanno lavorando sugli LSC – e le passano ad altri ricercatori che le caratterizzano analizzandone le proprietà, come interagiscono con la luce e se sono stabili o tendono a rompersi spontaneamente.

Questo processo è ciclico: gli scienziati sperimentali producono risultati che gli scienziati teorici inseriscono nei loro modelli per migliorare ancora di più la loro capacità previsionale e ripassare palla agli sperimentali.

E finalmente nascono le molecole ideali per una certa tecnologia e si può quindi passare alla fase di sviluppo e infine all’industrializzazione.

Ma anche adesso, al Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente, le squadre multidisciplinari di ricercatori teorici e sperimentali stanno studiando e mettendo a punto nuove molecole e nuovi polimeri che permetteranno di migliorare ancora di più le prestazioni dei pannelli FotoVoltaici Oganici OPV o dei Concentratori Solari Luminescenti LSC di Eni.  La ricerca non si ferma mai. E nemmeno HPC5. 

(Articolo pubblicato su eniday.it)

L’autore è un chimico industriale specializzato in chimica teorica. E’ stato ricercatore per 30 anni prima di passare alla comunicazione scientifica. Ha lavorato come modellista molecolare su molecole, polimeri, sistemi catalitici e meccanismi di reazione nel campo della chimica dei cristalli liquidi, dei polimeri, dei materiali fotocromici e fotosensibili, emulsioni, nanoemulsioni e tensioattivi, agrochimica e chimica farmaceutica. Ha anche sviluppato i primi modelli molecolari delle molecole fotoattive alla base degli OPV e degli LSC Eni.

 

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