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kW o kWh? Questo è il dilemma

Il post di Luca Longo

Vi è mai capitato di sentire qualcuno che parla di energia e perdervi in un mare di kilowatt (kW) e di kilowattora (kWh)?

Spesso anche qualche personaggio autorevole fa confusione fra questi due termini, che in realtà indicano grandezze fisiche completamente diverse. Vediamo di capire un po’.

Nel Sistema Internazionale delle Unità di Misura, l’energia è espressa in joule (J). Un joule è definito come il lavoro necessario per spostare per 1 metro un oggetto che pesa 1 kilogrammo imprimendogli una accelerazione di 1 metro al secondo per secondo. Non importa se compiamo questo lavoro bruciando combustibili, consumando elettricità o semplicemente usando le nostre mani.

Ma non dovevamo parlare di kW e kWh? Un momento ancora e ci arriviamo. Non abbiamo ancora detto quanto tempo è necessario per compiere questo lavoro: possiamo spostare questo kg con tutta calma oppure farlo molto rapidamente. Ecco che diventa importante la velocità con cui compiamo questo lavoro.

Per questo serve proprio il Watt (W), che è l’unità di misura della potenza, cioè della velocità con cui compiamo un lavoro e che nel Sistema Internazionale si misura con unità di energia nell’unità di tempo, cioè in joule al secondo (1 W = 1 J/s).

Nella maggior parte delle applicazioni domestiche e industriali, usare direttamente i Watt è un po’ scomodo. Per questo si sceglie un suo multiplo: il kiloWatt (kW) che corrisponde a mille watt. Per le grandi centrali elettriche si usano invece i MegaWatt (MW) o i GigaWatt (GW) che corrispondono rispettivamente a un milione e a un miliardo di W, ma questa è un’altra storia.

Quando scegliamo un fornitore di energia elettrica per casa nostra, stipuliamo un contratto per la fornitura di un certo numero di kW. Se abbiamo firmato con Eni Gas & Luce un contratto per una utenza elettrica domestica da 3 kW, vuol dire che possiamo prelevare dalla rete elettrica la potenza istantanea che ci serve fino al massimo di 3 kW. Se superiamo il limite contrattuale (di solito è un po’ più alto per tollerare eventuali fluttuazioni: attorno ai 3,3 kW) si stacca il teleruttore – il dispositivo limitatore inserito nel contatore elettrico proprio per questo – e rimaniamo al buio.

Immaginiamo di avere collegato il frigorifero (con una potenza istantanea di 400 W), il nostro desktop (100 W), la TV (altri 100 W) e la lavatrice (1.400 W). Dobbiamo inserire nel calcolo anche le lampade accese in giro per casa (diciamo altri 200 W). Per ora siamo a 2.200 W o 2,2 kW.

Se accendiamo ancora l’asciugacapelli (800 W) arriviamo giusti giusti a 3 kW e non abbiamo nessun problema. Ma se invece ci viene in mente di preparare una torta nel forno – che ha una potenza di 1.4 kW – finisce che rimaniamo al buio e con la torta cruda finché non stacchiamo qualcosa e andiamo a ripristinare il contatore.

La quota fissa che paghiamo in bolletta ogni bimestre – a parte tasse e balzelli – è legata alla potenza massima disponibile ed è espressa in kW. Ma la quota variabile dipende dall’energia totale che consumiamo in quel bimestre. Quest’ultima è espressa in… kilojoule? Sbagliato, sarebbe troppo semplice. Per rendere le cose un po’ complicate (in realtà per motivi di consuetudine) si è preferito abbandonare il Sistema Internazionale e usare il kiloWattora (kWh).

Il kWh non è altro che la potenza utilizzata in un’ora. Se il nostro forno ha una potenza di 1,4 kW e lo usiamo per un’ora, abbiamo consumato una energia di 1,4 kW x 1 h = 1,4 kWh. Se invece la nostra torta richiede solo mezz’ora di cottura, consumeremo la metà: 700 W. Quando cuociamo un arrosto per due ore consumiamo invece quattro volte di più di prima: 2,8 kWh.

Se sommiamo tutti i consumi di una famiglia italiana media per tutto un anno, arriviamo in media a circa 3.000 kWh, cioè 3 MWh/anno.

Ah, dimenticavo. Per convertire una energia espressa in kWh nei più corretti kilojoule (kJ), basta moltiplicarli per 3600 (il numero di secondi contenuti in un’ora).

Se stiamo pensando di installare un impianto fotovoltaico, ci verrà proposto un sistema di pannelli solari da un certo numero di kW; per le utenze domestiche viene suggerito un impianto da 3 kW. Il valore rappresenta la potenza massima erogabile dai pannelli solari in condizioni ottimali standard. Queste sono raggiunte in assenza di nuvole quando il Sole è esattamente perpendicolare alla superficie dei pannelli e l’irraggiamento solare è di 1000 W per m2 e la temperatura delle celle solari è di 25°C.

Le condizioni ideali si verificano raramente. Per questo, la potenza reale prodotta dai pannelli è inferiore e segue un ciclo che comincia la mattina quando la luce che li colpisce è sufficientemente intensa da permettere di superare una serie di resistenze interne, raggiunge un massimo attorno a mezzogiorno (all’una se c’è l’ora legale) per poi calare fino a zero nel pomeriggio quando la luce non è più sufficiente per superare la soglia minima dei pannelli. L’orario di inizio e fine della produzione e l’intensità del massimo dipendono, ovviamente, dalla latitudine in cui ci troviamo, dalle condizioni atmosferiche, la stagione, l’orientamento e l’inclinazione dei pannelli, la presenza di ombreggiature.

Un impianto fotovoltaico della potenza di 3 kW produce energia per un tot di kWh nell’arco di una giornata. Questo numero dipende da tutti i fattori che abbiamo visto prima. Esistono dati storici sull’insolazione media di ogni punto della superficie terrestre che possiamo utilizzare per prevedere quanta energia produrrà un certo impianto fotovoltaico con una data potenza massima.

Nel nostro Paese, ad esempio, un impianto a pannelli solari della potenza nominale di 1 kW produce da 1.100 (Alto Adige) a 1.500 (Sicilia) kWh di energia all’anno. Naturalmente, in estate il nostro impianto produrrà circa il doppio dell’energia elettrica che genera in inverno.

Da oggi in poi, non solo non vi confonderete più fra potenza in kW e energia in KWh, ma potrete capire subito se chi vi sta parlando sa quello che vi sta dicendo.

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