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Reti

Ecco quanto spenderemo per adeguare le reti elettriche alle fonti rinnovabili

Con l’assalto delle rinnovabili, le esigenze di investimento sulle reti si impennano drammaticamente. L'analisi di Sergio Giraldo.

Man mano che il Green deal procede, con la sua accelerata campagna di installazione di impianti di produzione a fonte rinnovabile in tutta Europa, si fa più evidente il vincolo rappresentato dalle reti di trasporto dell’energia. Spesso vecchie e sottodimensionate, soprattutto a livello locale e soprattutto in alcuni Paesi, le reti di trasporto e di distribuzione europee richiederebbero già in condizioni normali ingenti investimenti. Con l’assalto delle rinnovabili, le esigenze di investimento sulle reti si impennano drammaticamente.  Si tratta di uno sforzo che non riguarda solo l’Italia ma tutta l’Europa, che è interconnessa elettricamente, anche se in maniera diseguale tra Paesi. Lo sforzo maggiore per il nostro paese sarà integrare la crescente potenza da fonti rinnovabili nella rete, considerati i problemi legati all’intermittenza delle fonti e la prevalente dislocazione al Sud degli impianti, mentre la gran parte dei consumi è al Nord (ad alta densità di imprese).

COME VANNO I CONSUMI ELETTRICI

I consumi elettrici mondiali, secondo la Net Zero Economy disegnata dall’International Energy Agency (IEA), dovranno passare dal 20% al 70% del totale da qui al 2050, poiché tutti i consumi energetici saranno elettrificati e dunque le reti dovranno essere dimensionate conseguentemente. Per la sola Unione europea, Net Zero prevede che si passerà da 3.000 a 7.000 miliardi di kilowattora consumati al 2050.  Infine, le reti dovranno essere in grado di gestire la flessibilità dei consumi, che saranno molto volatili, e milioni di flussi in ingresso decentrati. Dunque, oltre alla mera infrastruttura fatta di cavi e tralicci (o cavi interrati), stazioni di trasformazione e cabine di distribuzione, serviranno investimenti in software e apparecchiature di misura e controllo. Questo perché si sta mandando in pensione (anticipata) il modello di rete che trasporta energia da pochi punti di produzione molto grandi a milioni di piccoli centri di consumo. La rete, domani, sarà fatta di migliaia di medi e piccoli impianti di produzione, molti dei quali potranno anche essere contemporaneamente punti di prelievo.

IL BISOGNO DI INVESTIMENTI NELLE RETI

Se non fosse chiaro, per gli investimenti nel rafforzamento ed estensione delle reti elettriche stiamo parlando di cifre enormi. Se guardiamo all’intero pianeta, alcune stime parlano di oltre 20.000 miliardi di euro in 25 anni, ma probabilmente i costi saranno molto più alti (attorno ai 25.000 miliardi di dollari). Secondo la IEA, tra il 2021 e il 2040 nello scenario base le reti elettriche dovranno espandersi per 2,1 milioni di km aggiuntivi all’anno, mentre per circa 1,7 milioni di km all’anno le reti dovranno essere sostituite (considerando sia trasporto lunga distanza che distribuzione locale). In media, quindi, serviranno cavi per circa 3.8 milioni di km all’anno per vent’anni, pari a 76 milioni di chilometri (nello scenario più aggressivo si arriva a 100 milioni di chilometri). Considerando anche i trasformatori, al 2040 ci sarà bisogno di 20 milioni di tonnellate all’anno tra rame e alluminio (27 milioni nello scenario aggressivo). Tutto questo solo per le reti elettriche. Poi serviranno chip e apparecchiature per il telecontrollo e la misura, nonché fibra ottica, server, software.

IL PIANO DI TERNA IN ITALIA

In Italia, il gestore della rete di trasporto nazionale Terna ha previsto nel suo Piano di Sviluppo 2023 la rete Hypergrid, con investimenti per 11 miliardi di euro per cinque nuove dorsali, più altri 20 miliardi circa entro il 2030. L’obiettivo è “sbottigliare” la rete, che da Sud verso Nord è limitata a 16.000 MW, portandola a 30.000 MW. Si tratta di oltre 30 opere molto corpose che prenderanno circa sette anni di tempo. Anche e-distribuzione, il maggior distributore italiano, ha presentato piani di investimento su più anni.

Per quanto riguarda le fonti rinnovabili italiane, ad oggi vi sono richieste di allacciamento alla rete di impianti eolici e fotovoltaici soprattutto al Sud. Dati i limiti che Terna stabilisce sulla rete di lunga distanza, però, solo una piccola parte di questi potrà essere effettivamente allacciata. Ad esempio, la Sicilia avrà “solo” (si fa per dire) 6.000 Megawatt (MW) di capacità massima della rete in export al 2030. Per cui, gli impianti che potranno essere effettivamente allacciati, al netto della potenza che copre i consumi locali, non potrà eccedere quella potenza (magari arrotondata in eccesso). Invece, ci sono ben 73.000 MW di potenza rinnovabile in lizza per essere allacciata. In Puglia 81.000 MW di richieste (50.000 MW di solo eolico), per una capacità massima della rete in export di 14.000 MW (al 2030). In Sardegna, con capacità massima della rete in export di 3.500 MW, ci sono richieste di allacciamento di impianti per 55.000 MW.

In compenso, dove l’energia sarebbe necessaria, ovvero al Nord più densamente popolato di industrie e più freddo d’inverno, le richieste di connessione languono. Per un buon motivo: nel nord Italia le tecnologie eolica e solare hanno un rendimento più basso. La prima perché in pianura Padana c’è poco vento, la seconda perché l’irraggiamento del nord è meno intenso che al Sud. A parità di costo di un impianto, dunque, i produttori cercano di piazzarsi al Sud per avere migliori ritorni sull’investimento.

Il risultato di tutto ciò è che la rete diventa comunque un collo di bottiglia, che nel dettaglio significa maggiori costi per sbrogliare le congestioni di rete. La strada verso il Net Zero, insomma, è sempre più in salita.

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