Price cap al prezzo del gas? Ecco il parere di Gianni Bessi, autore del libro Gas naturale. L’energia di domani (Innovative Publishing) ed esperto degli intrecci energia-economia-geopolitica.
Per l’inverno l’Ue ha definito un regolamento per ‘costringere’ gli utenti a consumare meno.
«Sarà una specie di lockdown elettrico per usare un concetto che è diventato famigliare durante la pandemia, che verrà attuato a monte, cioè dai distributori di energia. Grazie ai contatori intelligenti dalle 8 alle 19 verrà abbassata la potenza di circa un kilowattora: per esempio, una famiglia con un contratto da 3,3 kilowattora ne potrà utilizzare solo 2,5, che non sono sufficienti per fare lavorare insieme lavastoviglie e forno o lavatrice, se nello stesso tempo il frigorifero e la tv restano accesi».
Una misura molto ‘forte’, quindi, ma non sarebbe meglio puntare sull’istituzione di un price cap sul gas?
«In realtà l’emergenza gas è costituita da due elementi entrambi fondamentali: prezzo e disponibilità. E sono il riflesso di una medesima situazione: oggi il prezzo veicola un messaggio di scarsità, ma non è detto che aumenta la disponibilità si risolve anche la questione prezzo. Allo stesso modo a seconda di come sarà definito il price cap si potrebbe avere un maggiore problema di disponibilità. Quello che voglio dire è che è una situazione più complicata di come viene presentata. Pensiamo per esempio a come ci si comporterà, una volta definito un eventuale tetto al prezzo del gas, nei confronti del Gnl di provenienza Usa. Non è un particolare di poco conto».
Insomma non se ne esce…
«È un percorso a ostacoli, certamente. Oggi appare più grave il problema del prezzo, su cui l’Europa prova a intervenire. Ma il tema della disponibilità, per esempio, che era è stato accantonato grazie al fatto che gli stoccaggio stanno arrivando al 90 per cento, in primavera tornerà prepotentemente sul tavolo. Quest’anno l’Italia ha beneficiato di piene forniture dalla Russia fino a giugno, ma cosa succederà all’inizio del 2023? Il presidente degli industriali Carlo Bonomi ha affermato che all’Italia potrebbero mancare 4 miliardi di metri cubi: sembra una quantità esigua, ma in realtà è sufficiente a mettere in ginocchio l’intero sistema produttivo italiano».
Servono azioni efficienti e rapide, quindi.
«E la risposta non può che venire da soluzioni infrastrutturali che diano certezze definitive. La prima riguarda le navi-rigassificatori, a cominciare dalla Golar Tundra, acquistata dalla Snam per 350 milioni di dollari e in grado di trasformare dallo stato liquido a quello gassoso 5 miliardi di metri cubi di gas all’anno aumentando la capacità di rigassificazione nazionale del 6,5 per cento».
Non sarebbe utile andare alla ricerca di altri fornitori?
«Sì, e potenzialmente ci sarebbero anche. Per esempio, una cospicua fornitura di gas potrebbe venire dai giacimenti del Mediterraneo orientale, dove però per il momento non ci sono infrastrutture adeguate. A Cipro per esempio, o si costruisce una nuova pipeline, per la quale servono investimenti ingenti, oppure si deve puntare sulla flessibilità garantita dal gas liquefatto. In Egitto esistono già due poli di gassificazione e dal punto di vista logistico siamo a due-tre giorni di nave da Ravenna, un tempo molto più ragionevole rispetto a quanto serve a una nave per arrivare dal Golfo Persico, circa un mese, o dall’America, con evidenti vantaggi di costo e ambientali».