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Incendi, cosa succede ai cappotti termici?

Per Davide Luraschi, docente di ingegneria della sicurezza, "il rischio concreto è quello di aver contribuito a rendere le nostre case più efficienti ma forse meno sicure"

Il cappotto termico è una tecnica isolante che consente la coibentazione termica e, in alcuni casi, acustica degli edifici. Come il nome e il nuovo spessore degli edifici trattati lasciano intendere, si ottiene applicando materiale isolante sulla superficie delle pareti esterne di condomini o case singole. Gli italiani sono corsi in massa ad applicarlo sulle facciate delle loro abitazioni per non farsi sfuggire la convenienza del Superbonus 110%. Ma come si comporta il cappotto termico in caso di incendio?

IL PRECEDENTE MILANESE

Se ne era parlato in occasione dell’incendio della Torre dei Moro di Milano che aveva destato molto scalpore a livello mediatico, non solo per la recente costruzione del grattacielo ma soprattutto per l’incredibile velocità con cui si è propagato il fuoco, portando alla distruzione di un intero edificio, coibentato secondo le più recenti tecniche, in pochissimo tempo.

Non ci sono prove che a rendere il grattacielo una sinistra fiaccola sia stata proprio la coibentazione: gli esperti guardano anche alle lastre di alluminio che rivestivano la facciata come probabile causa della rapida distruzione dello stabile. Ma data la rapida diffusione dei cappotti termici per via dell’applicazione del Superbonus 110% è normale chiedersi se quanto viene applicato ora sulle facciate sia sicuro o meno.

LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Il punto di riferimento di ogni attività in materia resta il Decreto del Ministero degli Interni del 25 gennaio 2019, integrazione del decreto 16 maggio 1987, concernente “norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione.”

Le norme prevedono che i lavori per applicare il cappotto termico devono evitare la propagazione dell’incendio per mezzo dell’involucro edilizio compromettendo le compartimentazioni; ridurre il rischio di propagazione delle fiamme dall’esterno dell’edificio verso l’interno; evitare che in caso di incendio parti della facciata possano cadere provocando danni ai passanti ed ai soccorritori.

CAPPOTTI TERMICI E INCENDIO

Al centro di tutto, naturalmente, i materiali usati. Il cappotto termico è antincendio se i prodotti isolanti utilizzati per la realizzazione sono (almeno) di classe 1 o di classe B-s3-d0, in accordo con quanto disposto dal vigente Sistema di classificazione europeo. Ma questo basta a rendere realmente sicuri i cappotti termici in caso di incendio?

Secondo Davide Luraschi, docente di ingegneria della sicurezza, sentito da Today.it,  “Abbiamo vincolato i bonus alle performances termiche ma non all’antincendio. E questo è un aspetto piuttosto grave. Per cui, il rischio concreto è proprio quello di aver contribuito a rendere le nostre case più efficienti ma forse meno sicure”.

E, ancora: “Se il materiale è combustibile, che sia classificato o meno ha rilevanza relativa – vi è il concreto rischio che in caso di incendio questo materiale non solo partecipi aumentandone la propagazione verso l’edifico, ma che lo propaghi anche agli edifici limitrofi se hanno in facciata o copertura materiali coibentanti combustibili”.

“Le temperature che si sviluppano in un incendio all’aperto raggiungono in pochi minuti i 500 gradi e oltre, ma la maggior parte dei materiali coibentanti combustibili brucia tra i 270 e i 480 °C – spiega il docente del Politecnico di Milano a Today.it -. È chiaro che se investiti e interessati dal calore di un incendio, benché possano essere protetti, rivestiti e con le reazioni al fuoco richiesti dalle norme, impiegheranno poco tempo per bruciare”.

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