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Eni Ravenna

Il Recovery Plan sbaglia strada su Eni e Ravenna

La mancanza nel Recovery Plan licenziato da Palazzo Chigi del finanziamento all'impianto di cattura e stoccaggio della CO2 a Ravenna progettato dall'Eni è un errore. L’intervento di Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec

 

L’approvazione del Recovery Plan, da parte del Consiglio dei ministri, e l’analisi dei correlati contenuti sono risultate oscurate dalle cronache sulle votazioni di fiducia riguardanti l’esecutivo nei due rami del Parlamento.

Mai come ora è il caso di ritornare su quel che può rappresentare il Next Generation Eu sul futuro della transizione energetica in Italia soprattutto rispetto al sostegno dei progetti avanzati dall’industria privata nazionale. Il giudizio complessivo che abbiamo dato sul piano in questione è che manca di “governance” rispetto alle tanti voci che enuncia senza specificare le precise azioni per determinarle. Non è cosa da poco.

La cartina di tornasole di questa impostazione è stata rappresentata, per esempio, proprio dalla mancanza, nel Recovery Plan licenziato da Palazzo Chigi, del finanziamento all’impianto di cattura e stoccaggio della CO2 a Ravenna progettato dall’Eni. E’ l’esempio lampante di come quel piano nazionale rinunci a sostenere un’eccellenza italiana ambisce ad essere il più grande hub europeo del settore specifico. Lo abbiamo detto e scritto più volte: da una parte si scrive che occorre sostenere l’economia circolare basata su quella verde e dall’altro si rinuncia a farlo come dimostra il caso in questione.

Con queste illogicità manifeste, il Paese non solo ci perde la faccia, ma occupazione e produzione energetica, col rischio sempre più evidente di dipendere energicamente da nazioni terze. Altro che resilienza e rinascita economica. Qui ci si impegna a farsi male da soli da soli. Ci risulta, vista la situazione, che il management dell’Eni si stia adoperando su più livelli per non perdere i giusti finanziamenti al progetto che prometteva cose buone attraverso un miliardo e mezzo di euro da investire. Per quanto ci riguarda il Parlamento dovrà metterci mano per recuperare la svista governativa.

Ravenna merita di divenire il più grande centro europeo per la cattura e stoccaggio della CO2. Inoltre, si deve tornare ad investire sulle attività estrattive del gas naturale di cui è ricco il mar Adriatico. Non ci sono altre strade: la decarbonizzazione del sistema industriale deve poter passare per il ciclo combinato del gas, sulla cattura e sullo stoccaggio dell’anidride carbonica; a medio e lungo termine sull’uso dell’idrogeno come vettore energetico.

E’ evidente che strategia migliore per essere protagonista del Green Deal europeo è seguirne i contenuti e i progetti come la “Carbon capture storage” a cui l’Ue assegna un ruolo fondamentale nel cammino verso la neutralità climatica fino al 2050. E’ bene che si sostenga senza se e senza ma il progetto dell’impianto di raccolta, di stoccaggio e di utilizzazione di CO2 a Ravenna. Si tratta di un’azione che collocherebbe una filiera italiana di imprese specializzata nei servizi alla decarbonizzazione nella parte alta della catena del valore mondiale. Non possiamo permetterci di perdere questa opportunità.

Nel settore energetico il Paese ha opportunità come quella di Ravenna che scaturiscono da precise potenzialità. In questo ambito, in termini di sostenibilità ambientale, occorre sviluppare la competitività dell’industria ad esso connessa. Si deve, insomma, recuperare quella già citata “governance” del settore e contemporaneamente bisogna prendersi la responsabilità di decidere. Serve una grande campagna di informazione diffusa da parte dei soggetti interessati, in una cornice di patto nazionale nell’interesse delle nuove generazioni che necessitano di un ambiente migliore ma anche di sviluppo economico e lavoro. Ma, soprattutto sono necessari investimenti e risorse certe. Da questo tipo di scelte poggia la ripresa dell’economia nazionale con un effetto moltiplicatore che dal settore energetico possa estendersi agli altri dell’industria italica. Il problema è riuscire a fare le giuste scelte e, soprattutto riuscire a spendere bene tutte le risorse destinate a sostenerle.

Il caso di Ravenna non depone bene, ma sono possibili correzioni migliorative “In itinere”. E’ proprio quanto chiede il sindacato a tal proposito.

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