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Compagnie Petrolifere

Tutte le potenzialità dell’idrogeno

L’idrogeno ha il ruolo di favorire e sostenere il processo di transizione. Ecco come e perché secondo Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec

 

Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec nazionale:

La transizione energetica abbisogna di scelte precise e di risorse appropriate per sostenerla adeguatamente. Si tratta di una prospettiva che deve riguardare anche il tema dell’idrogeno.

E’ questo il senso che ha guidato le nostre osservazioni rivolte al ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli.

Proprio il titolare del dicastero succitato ha promosso una selezione pubblica delle linee guida preliminari della strategia nazionale Idrogeno e la nostra organizzazione sindacale ha avanzato una serie di considerazioni in merito, candidandosi ad essere iscritta nella lista degli stakeholder, che verrà redatta in sede ministeriale, sia per la definizione dei progetti tecnici dei progetti correlati, sia per le stesure delle politiche a supporto del mercato dell’idrogeno.

Ecco di seguito il documento redatto dalla Uiltec.

CONTESTO

L’idrogeno è senza dubbio il vettore chiave della decarbonizzazione associato alla generazione di elettricità da fonti rinnovabili, essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica previsti dall’accordo COP21 per il 2050, ovvero per la neutralizzazione delle emissioni di gas effetto serra, e sostanze climalteranti in genere, al fine di contrastare il riscaldamento globale.

I pilastri della strategia varata dalla Commissione Europea lo scorso luglio 2020, prevedono: lo sviluppo di un sistema energetico circolare con al centro l’efficienza energetica; una maggiore elettrificazione diretta dei settori ad uso finale; un nuovo sistema di classificazione e certificazione dei carburanti rinnovabili ed a basse emissioni di carbonio.

Il sistema energetico, quindi, sarà di tipo integrato, con gestione interconnessa tra: i diversi vettori energetici, le infrastrutture di trasporto ed i settori di consumo (sector coupling), a differenza del modello odierno che si fonda su catene verticali e parallele, che collegano rigidamente alcune fonti a determinati settori determinando così sprechi di energia.

L’idrogeno ha il ruolo di favorire e sostenere il processo di transizione proprio perché è versatile e flessibile, utilizzabile come materia prima, combustibile, vettore, o accumulatore di energia; è applicabile in molti settori, complementare ad altre tecnologie, e dovrà essere impegnato per alimentare i settori non adatti all’elettrificazione ed a fornire capacità di stoccaggio per bilanciare i flussi discontinui delle fonti energetiche rinnovabili.

Nello scenario attuale, la produzione di idrogeno avviene:

– Da steam reforming (SRM) del metano, con combustibili fossili come fonte e anidride carbonica in atmosfera- idrogeno grigio;

– Da steam reforming con cattura di anidride carbonica e stoccaggio in unità geologiche profonde quali giacimenti esauriti o in fase di esaurimento (tecnologie CCS ed anche, se previsto il riutilizzo della CO2, CCUS)- idrogeno blu;

– Da elettrolisi, con tecnologie diverse in funzione del tipo di elettrolizzatore utilizzatoidrogeno verde: o Elettrolizzatori alcalini, data l’economicità al momento è quella più utilizzata, impiegano soluzione alcalina e non acqua e lavorano con potenza poco variabile; o Elettrolizzatori Polimerici (PEM), possono lavorare anche con potenze rapidamente variabili (i.e. fonti rinnovabili), impiegano acqua come soluzione e producono H2 in purezza e in pressione; o Elettrolizzatori a ossidi solidi (SOEC), hanno le stesse caratteristiche di utilizzo dei PEM, ma sono anche reversibili- quindi possono lavorare, all’occorrenza, sia da elettrolizzatori che da pile a combustibile; hanno rendimenti più alti dei precedenti, ma in concomitanza salgono i costi.

La roadmap, a cui si affianca un piano di investimenti associato, prevede tre periodi, 2020- 2025, 2025-2030, 2030-2050: nel primo, si punta sul passaggio da fonti fossili a rinnovabili (tecnologie PEM e SOEC, più flessibili e quindi più adatte alla produzione da fonti energetiche rinnovabili, in particolare solare ed eolico) nei settori in cui l’idrogeno è già largamente diffuso, come quello chimico; nel secondo, si pensa alla diffusione in un sistema energetico integrato, con estensione ad altri settori, quali trasporti terrestri e marittimi; nel terzo, le tecnologie dovrebbero essere pronte all’utilizzo in larga scala su tutti gli ambiti.

Il cambiamento di paradigma dovrà avvenire attraverso una strategia integrata, che dia priorità all’idrogeno verde nel lungo termine, quando i costi diventeranno competitivi, e veda protagonista del breve e medio termine l’idrogeno blu, tecnologia già in uso e meno dispendiosa, per quanto siano necessarie installazioni per la cattura della CO2 dai processi SRM, con l’adeguamento delle infrastrutture in parallelo affinchè possano essere utilizzate in sicurezza senza soluzione di continuità e senza determinazione di shock di prezzo dovuta alla sostituzione.

In questo contesto devono collocarsi le linee guida della strategia nazionale idrogeno, in coerenza con quanto già riportato nel PNIEC (2019) e già nel 2017 nel Piano Energetico Nazionale- tenendo comunque presente che l’aggiornamento dell’impegno europeo per la riduzione delle emissioni dal 40% al 55% richiede una revisione del PNIEC con un significativo incremento dell’impiego delle fonti rinnovabili anche per la produzione di idrogeno verde. Il percorso individuato prevede, nel breve termine (fino al 2030) la produzione di idrogeno con costi competitivi in applicazioni selezionate, quali chimica, mobilità e raffinazione petrolifera, nel lungo termine (fino al 2050) un supporto alla decarbonizzazione insieme ad altre tecnologie nei settori cosiddetti “hard-to-abate” e nell’aviazione; la creazione di “hydrogen valleys”, ecosistemi che includano produzione e consumo di idrogeno e lo forniscano anche ad altri settori.

I segmenti di applicazione individuati sono:

– Camion a lungo raggio, con l’utilizzo di camion con celle a combustibile entro il 2030 (almeno il 2%)- prevedendo una espansione delle tecnologie e la realizzazione della rete di stazioni di rifornimento ed opere accessorie;

– Treni, per trasporto passeggeri, con convogli ad idrogeno (almeno per la metà delle tratte nazionali non elettrificabili)- ipotizzando una sinergia con la rete di stazioni di rifornimento prevista per i camion a lungo raggio;

– Chimica e raffinazione, settore in cui l’idrogeno viene già impiegato per la produzione di ammoniaca e metanolo, oltre che in alcuni processi di raffinazione, ipotizzando il passaggio ad un idrogeno “low carbon”;

– Miscelazione dell’idrogeno, progressiva sostituzione di una percentuale di gas naturale distribuito all’interno della miscela con idrogeno (fino al 2% entro il 2030);

– Potenziali ambizioni della domanda al 2030: o Industria siderurgica primaria, per la produzione di preridotto (tecnologia DRI) al posto del gas naturale; o Segmento camion a lungo raggio, prevedendo una penetrazione maggiore, dal 2% al 5-7; o Consumo di idrogeno miscelato da parte di alcuni cluster industriali;

– Potenziali ambizioni della domanda al 2050: o Segmento camion a lungo raggio, con una penetrazione fino all’80%;
o Nel settore industriale, oltre che per gli impieghi in essere, l’idrogeno potrebbe essere utilizzato per il riscaldamento industriale, soprattutto nei processi che richiedano alte temperature;
o Settore trasporti, con l’impiego nel settore automobilistico, specialmente per flotte aziendali/lunghe percorrenze;
o Settore trasporti marittimo ed aereo, soprattutto a lungo raggio;
o Settore civile, come concorrente alle pompe di calore per il riscaldamento residenziale e commerciale;
o Nella generazione elettrica, garantendo una maggiore integrazione delle fonti energetiche rinnovabili, discontinue.

Sulla base dei tre meccanismi di produzione e trasporto, che vedono la possibilità di avere una concentrazione in loco, una produzione in loco con trasporto di energia elettrica o una produzione centralizzata con trasporto di idrogeno ed elettrolizzatori decentrati, e di quanto fino ad ora esposto, si ritiene opportuno formulare le seguenti considerazioni.

CONSIDERAZIONI TECNICHE E TECNOLOGICHE

La strategia di sviluppo deve prevedere integrazione tra le diverse tecnologie, predisponendo i processi industriali ed ammodernando le reti per la produzione di idrogeno blu nel breve termine, e allo stesso tempo sviluppare la produzione di elettrolizzatori di tipo PEM e SOEC ed investire in ricerca e sviluppo per abbattere i costi di produzione di idrogeno verde e passare dalla scala dei prototipi a quella industriale per garantire la produzione nel lungo termine. Non è, infatti, ancora stata raggiunta la piena maturità tecnologica e bisogna rendere la produzione competitiva utilizzandola per il raggiungimento degli obiettivi 2050: massimizzare il coinvolgimento dei centri di competenza e delle università, dei laboratori, delle aziende ed operatori economici e tecnologici, con un’azione coordinata per lo sviluppo della filiera e di attrazione dei soggetti interessati chiave per il posizionamento internazionale.

In questo frangente, la scelta dei progetti per la produzione su larga scala dovrà essere oculata, e dovranno essere previsti investimenti finalizzati allo sviluppo ed alla realizzazione,  nonché alla messa in produzione; le tempistiche di realizzazione saranno quanto mai importanti e dovranno essere rispettate.

L’integrazione tra i progetti, anche di settori diversi, e tra le tecnologie dovrà essere garantita da una commissione tecnica, per il potenziamento della flessibilità del sistema energetico globale e la crescita dei settori potenzialmente impattati.

Lo sviluppo di capacità produttive e di trasporto richiedono urgenti interventi, sia di ammodernamento, digitalizzazione e messa in sicurezza delle reti infrastrutturali che di realizzazione delle dorsali mancanti (e.g. metanizzazione della Sardegna) e dell’ampliamento delle capacità di stoccaggio, per garantire il funzionamento in continuità e l’accumulo delle risorse prodotte. Le reti assumono, in questo contesto, il grande ruolo di garantire l’intersettorialità.

Tutta la filiera andrà valorizzata, dalle materie prime al prodotto finale: anche la produzione di componentistica ed opere accessorie allo sviluppo del mercato energetico deve trovare riscontro nel piano di investimenti previsto, attraverso forme di incentivazione. Dovrà essere garantito che le ricadute industriali siano all’interno del territorio nazionale, riducendo al minimo l’importazione anche di componentistica; solo così si potrà avere un incentivo alla
crescita economica del Paese.

Diventa fondamentale una regia sulla transizione energetica, che accompagni lo sviluppo della produzione di idrogeno alle variazioni tecnologiche che interesseranno la produzione di carburanti a ridotto impatto ambientale e le trasformazioni già in atto nel mondo della generazione elettrica. Non tutta la mobilità potrà essere trasformata, per cui bisognerà porre l’attenzione su quei segmenti che continueranno ad essere alimentati dalle fonti fossili sviluppando i cosiddetti carburanti ad emissioni zero.

Nella stretta correlazione tra la generazione elettrica e la produzione di idrogeno, inoltre, andranno analizzati ed ovviati i problemi di utilizzo dell’energia elettrica da FER in luoghi distanti da quelli in cui è stata prodotta.

CONSIDERAZIONI AMBIENTALI

Nella scelta del tipo di modello di produzione e sviluppo, si deve prediligere il potenziamento delle aree industriali dismesse o giacimenti depletati per la riqualificazione ambientale dei siti stessi ed evitare lo spreco di suolo- nei casi in cui questo non dovesse essere possibile, dare priorità all’utilizzo dei cosiddetti suoli non pregiati o marginali.

Prevedere dei meccanismi di agevolazioni fiscali per le bonifiche ambientali e per gli investimenti in aree disagiate darà nuovo impulso anche ad altri settori. La creazione delle cosiddette “hydrogen valleys” dovrà essere perfettamente integrata nel territorio, minimizzando gli impatti ambientali oltre che le emissioni. Particolare attenzione andrà assicurata allo sviluppo della tecnologia per la minimizzazione di tutti i fattori termoalteranti, non solo della anidride carbonica (anche le emissioni di metano andranno ridotte, per contrastare il riscaldamento globale, a cui la Commissione Europea sta lavorando nel contesto del Green Deal).

Nello sviluppo della produzione di idrogeno verde, poi, andrà considerato l’impatto sulle risorse idriche necessarie per l’elettrolisi, soprattutto in quelle aree del Paese dove la disponibilità risulta limitata, e provvedere all’ammodernamento, mantenimento ed alla creazione ove servissero delle infrastrutture.

CONSIDERAZIONI DI CARATTERE BUROCRATICO

La velocizzazione dell’iter autorizzativo e il coordinamento per la gestione delle pratiche di installazione di impianti di produzione da fonti energetiche rinnovabili diventano quanto mai urgenti, visto che la produzione di idrogeno verde è garantita utilizzando le suddette per l’elettrolisi. Sarebbe auspicabile prevedere un quadro regolatorio- normativo e legislativo-tecnico chiaro, abilitante per gli investimenti, validante per le applicazioni sia in Italia che a livello comunitario e internazionale. Dato che, così come previsto nel PNIEC, è necessario uno sviluppo integrato delle fonti energetiche, occorre istituire una cabina di regia, anche per garantire il rispetto delle tempistiche definite dallo stesso; il MISE ha le competenze per realizzare tale strumento con il coinvolgimento degli attori interessati.

CONSIDERAZIONI DI CARATTERE SOCIALE

La transizione energetica e la decarbonizzazione richiedono la modifica di processi industriali. La riconversione energetica è fortemente interconnessa alla riqualificazione professionale, ad un aumento delle competenze legate ai temi del mercato produttivo. È quanto mai necessario prevedere un adeguamento dell’offerta formativa e garantire l’occupabilità, nonché lo sviluppo di professionalità altamente qualificate e quanto più trasversali possibile rispetto ai settori. Investire in formazione professionalizzante in questo ambito potrebbe anche fornire una soluzione all’inserimento giovanile all’interno del mondo del lavoro.

Fondamentale evitare la concentrazione degli investimenti solo in alcune aree del Paese: la transizione energetica e la ripresa economica e occupazionale dovrà essere il più possibile omogenea, con particolare attenzione alle realtà critiche, quali ad esempio il Mezzogiorno o i grandi poli industriali dismessi o da riconvertire, considerando che in tali zone sono già disponibili gli asset e le infrastrutture, utilizzando le risorse inutilizzate relativamente alla bonifica dei SIN, e favorendo lo sviluppo di progetti innovativi nelle stesse anche come attrazione per potenziali investimenti esteri.

È necessario prevedere delle campagne informative chiare, per dare un quadro oggettivo delle tecnologie utilizzate e smentire l’errata percezione di pericolosità, nonché il coinvolgimento di tutti gli stakeholder per la definizione delle priorità.

Conclusioni

Lo sviluppo dell’economia dell’idrogeno investe una molteplicità di settori, energetici e non solo: ne deve discendere la creazione di valore e di posti di lavoro. Dalla produzione, nel breve termine, di idrogeno da biometano o idrogeno grigio e blu tramite SRM, di componenti ed elettrolizzatori; dalla logistica e trasporto, includendo gli  asset di stoccaggio e di carbon storage, utilizzando la rete gas esistente in cui immettere in miscela l’idrogeno prodotto, con l’interazione con la tecnologia Power-to-Gas e nella modalità di accoppiamento delle reti energetiche (sector coupling); fino agli usi finali nella mobilità, sia per quella cosiddetta pesante, quali trasporto marittimo, ferroviario, macchine movimentazione materiali e bus, che per quella leggera, con auto a celle a combustibile e veicoli leggeri per il trasporto merci; nell’industria, dove già è in uso, soprattutto per la sintesi di prodotti chimici (e.g. ammoniaca, metanolo), per i processi di idrogenazione per idrocarburi a maggior valore aggiunto, per la riduzione diretta di minerali ferrosi per la produzione dell’acciaio (e.g. tecnologia DRI), o come quale combustibile per processi ad alta temperatura (e.g. forni di trattamento per acciaio, ceramica e vetro); nel settore residenziale, per la gestione del picco di richiesta di energia nella stagione invernale; nel campo infrastrutturale, alcune realtà industriali che operano in diversi settori, dalla distribuzione dell’energia al settore reti gas e dei trasporti, stanno sviluppando tecnologie, approcci e strategie per la generazione.

La strategia nazionale dell’idrogeno non solo dovrà dare delle linee guida chiare ed esaustive, un quadro tecnico- normativo chiaro sulla base del quale definire azioni e realizzare progetti che vedano l’Italia protagonista, anche a livello europeo, dello sviluppo tecnologico e di produzione di uno dei più importanti vettori per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, ma anche individuare delle tempistiche realistiche ed impegnarsi per il rispetto delle stesse.

Lo sviluppo integrato di un modello energetico che mantenga un ingaggio quanto più possibile internazionale ed europeo per aziende e centri di ricerca, che veda l’idrogeno come volano non solo per il settore energetico, ma anche per tutti gli altri che ne vengano coinvolti, e che porti alla costruzione di un ecosistema sostenibile dal punto di vista economico e sociale. I ragionamenti attorno allo sviluppo dell’idrogeno devono essere ben inseriti nel contesto della transizione energetica, lo sviluppo del gas naturale e i cambiamenti necessari che riguarderanno la produzione energetica da fonti fossili.

Gli obiettivi definiti dalla strategia nazionale idrogeno, e, in senso più ampio, quelli della strategia necessaria per lo sviluppo integrato delle risorse energetiche, quindi, dovranno essere coerenti a quelli della Commissione Europea: andrebbe previsto un aggiornamento del PNIEC o considerare dei target più sfidanti aumentando, ad esempio, la percentuale di  penetrazione nel settore dei camion a lungo raggio prevista come ambizione per il 2030 (ad oggi nelle linee guida preliminari in esame si condiera una ambizione 2030 dal 2% al 5-7%), o predisponendo l’inizio dell’impiego dell’idrogeno nel settore marittimo già nel breve termine, per tenere in considerazione l’ulteriore riduzione delle emissioni in atmosfera dal 40% al 55%.

La sfida tecnologica ed economica va articolata, e le scelte integrate alla base della definizione della strategia complessiva dovranno considerare le seguenti istanze:

– La valorizzazione del gas naturale per la produzione di idrogeno blu associata al sequestro e stoccaggio del carbonio: la valutazione tecnica degli investimenti nelle tecnologie ed il costo complessivo dell’intero ciclo fino al prezzo finale dell’idrogeno prodotto, per garantire competitività e ritorno economico di investimento;

– La necessità di aumento di capacità di generazione di elettricità da fonti rinnovabili necessaria alla sola produzione di idrogeno verde;

– La realizzazione su larga scala di impianti di elettrolisi, alimentati da FER, prevedendo un meccanismo incentivante simile a quello che dal 2007 ha consentito la crescita del solare fotovoltaico anche per sfruttare la capacità di accumulo dell’idrogeno;

– La produzione deve puntare a coprire il fabbisogno energetico nazionale, e favorire l’aumento di capacità produttiva per il posizionamento dell’Italia come hub europeo;

– Tutta la filiera deve essere valorizzata, e andranno minimizzate le importazioni anche della componentistica, per garantire la ripresa economica del Paese;

– Lo sviluppo delle tecnologie può e deve essere diversificato al fine di raggiungere la flessibilità del nuovo modello energetico, in cui tutti i vettori contribuiscono al raggiungimento della capacità necessaria;

– Gli investimenti avranno ricadute non solo nel settore energetico, e devono contribuire alla ripresa economica: la transizione energetica deve sostenere il rilancio dell’Italia, garantendo occupazione e creazione di valore.

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