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Germania Nazionalizzazioni

Perché Germania e Polonia puntano sulle nazionalizzazioni delle società energetiche

Tra Uniper e Sefe (ex Gazprom), in Germania le nazionalizzazioni sono diventate quasi una moda. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino.

In Europa centro-orientale è il momento delle nazionalizzazioni di aziende e pezzi di infrastrutture energetiche un tempo in mano alla Russia e che oggi gli Stati interessati intendono riportare sotto il proprio controllo. Dopo intenzioni e progetti annunciati nei mesi scorsi, dalla Germania alla Polonia si passa adesso ai fatti, nel segno di un riscoperto sovranismo energetico dettato dalla crisi scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina. Un avvenimento epocale – così lo hanno definito i politici a partire dal cancelliere tedesco Olaf Scholz – che ridisegna la geografia energetica di questa parte d’Europa da decenni legata alle fonti provenienti da Mosca, fin dai tempi in cui c’era una cortina di ferro e dall’altra parte regnava l’Unione Sovietica.

In Germania le statalizzazioni sono diventate quasi una moda, che nella patria del capitalismo renano, così diverso da quello anglosassone, non fanno storcere il naso a nessuno. È in corso quella di Uniper, il fornitore di gas messo fuori gioco dalla riduzione e poi dalla cessazione delle partite russe e obbligato ad acquistare gas su altri mercati a prezzi esorbitanti. Una matassa complessa da sbrogliare, visto che di mezzo c’erano anche i finlandesi che attraverso la loro Fortune ne detenevano la maggioranza. Ora, mentre la vicenda Uniper è – a quanto fanno sapere dal governo tedesco – in via di soluzione, è il turno di un’altro marchio, Sefe, società importatrice di gas nota fino a qualche mese fa con il nome di Gazprom Germania.

Il ministero dell’Economia di Berlino ha infatti annunciato l’avvio della procedura di nazionalizzazione, spiegando che il governo tedesco costringerà la Russia a uscire dall’azienda rilevando direttamente il 100% delle azioni. Gazprom Germania era già stata posta sotto amministrazione fiduciaria dall’Agenzia federale delle reti (la Bundesnetzagentur) che a sede a Bonn dal mese di aprile. Ma la procedura può partire solo ora che dalla Commissione europea è arrivato il via libera all’operazione. Sabato scorso (12 novembre) l’autorità di Bruxelles ha infatti approvato misure di aiuto a favore di Gazprom Germania per 225,6 milioni di euro, sostenendo che la misura segue le regole del quadro di riferimento temporaneo per le crisi, in base al quale le imprese possono ricevere aiuti in caso di crisi energetica se il denaro privato non è sufficiente. Sefe ha subito pesanti perdite dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Con una quota del 14% del mercato tedesco della fornitura di gas e il 28% della capacità di stoccaggio del gas, l’azienda è ritenuta società energetica di importanza sistemica per la Germania.

Così al ministero di Robert Habeck non hanno perso tempo e hanno dato il via alle procedure già preparate nelle settimane passate. “Il motivo è il sovraindebitamento della bilancia commerciale di Sefe e la conseguente minaccia di insolvenza, che metterebbe a rischio la sicurezza dell’approvvigionamento in Germania”, ha spiegato alla stampa un portavoce del ministero, “e per scongiurare questo pericolo e mantenere le attività operative di Sefe, ora si procederà al cambio di proprietà e alla stabilizzazione della società”. Un ordine in tal senso è stato infatti pubblicato sulla Gazzetta federale all’inizio di questa settimana.

La situazione critica è dovuta alla mancanza di forniture di gas dalla Russia, riepilogano i funzionari ministeriali a Berlino, pertanto, gli importatori devono attualmente procurarsi i prodotti sostitutivi sul mercato con breve preavviso e a costi elevati per poter continuare a rifornire i propri clienti. Questo ha portato a perdite nell’ordine di miliardi di euro per Sefe. Il governo ha anche sottolineato che le banche e i partner commerciali hanno recentemente evitato di intrattenere rapporti commerciali con l’azienda.

In particolare, il governo federale ha ordinato una riduzione del capitale, il che significa che il capitale sociale precedente è stato azzerato e che Gazprom perderà i suoi depositi. “Il taglio del capitale è legato alla compensazione. L’importo della compensazione è misurato dal valore di mercato delle azioni Sefe”, ha spiegato ancora il portavoce di Habeck, “la procedura di risarcimento non è ancora stata completata”. Allo stesso tempo, è già in corso un aumento di capitale con un volume di 225,6 milioni di euro, che il governo federale sta sostenendo da solo e che lo rende proprietario al 100%.

Sefe, abbreviazione di “Securing Energy for Europe”, aveva già ricevuto in primavera un prestito di 11,8 miliardi di euro dalla banca per lo sviluppo KfW, l’equivalente dell’italiana Cassa depositi e prestiti. Secondo il governo tedesco, questo prestito sarà portato a 13,8 miliardi di euro. Gran parte di questa somma sarà poi convertita in azioni, che tuttavia devono ancora essere approvate dalla Commissione europea. I nuovi fondi per il salvataggio della Sefe arriveranno dall’ormai famoso (per molti paesi europei vituperato) ombrello di difesa da 200 miliardi di euro del governo federale, destinato a mitigare le conseguenze della crisi energetica.

Un altro passo tecnicamente meno drastico (ma solo perché la costituzione frappone ostacoli) è stato compiuto in Polonia, dove il governo ha posto in amministrazione controllata la sussidiaria di Gazprom Europol Gaz, che detiene azioni dell’operatore del gasdotto Yamal. Il ministro dello Sviluppo di Varsavia Waldemar Buda, che ha illustrato la situazione ai giornalisti, ha esplicitamente voluto ricordare che, secondo la costituzione polacca, l’esproprio non è possibile e “per questo si è optato per l’amministrazione controllata”.

Secondo Buda la misura è stata necessaria per prevenire la paralisi nel processo decisionale dell’azienda e per garantire la sicurezza delle infrastrutture critiche per il trasporto del gas. Europol Gaz è l’operatore della parte polacca di 684 chilometri del gasdotto Yamal, attraverso il quale il gas russo arriva dalla penisola di Yamal in Siberia attraverso Bielorussia e Polonia fino in Germania.

L’operatore Europol Gaz era posseduto al 48% da una filiale di Gazprom e dal gruppo energetico polacco PGNiG, mentre un altro 4% era detenuto dalla società Gas-Trading. In reazione alla guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, il ministero degli Interni polacco aveva già imposto sanzioni a Gazprom in aprile e congelato i diritti dell’azionista.

Sempre sul fronte energetico e sull’asse Germania-Polonia c’è da registrare un’ultima novità. La raffineria PCK di Schwedt, nel Brandeburgo, ha ricevuto per la prima volta il greggio attraverso il porto di Danzica, in Polonia. Si apre così una strada alternativa per le forniture di petrolio non russo, ha sottolineato in una nota il ministero dell’Economia tedesco. La raffineria fornisce carburante a gran parte della Germania nord-orientale, compresa la capitale Berlino, sostenendo l’attività di imprese, i riscaldamenti e fornendo il carburante per il trasporto privato e pubblico.

Finora l’impianto veniva rifornito principalmente di petrolio russo attraverso l’oleodotto Druzhba.

Anche qui il governo tedesco era intervenuto d’imperio, ponendo lo scorso settembre sotto controllo statale i proprietari di maggioranza della raffineria, due filiali del gruppo russo Rosneft, nel quadro del previsto embargo petrolifero contro la Russia, che entrerà in vigore il 1° gennaio. La vicenda della raffineria è stata al centro di preoccupazioni, dispute e qualche malumore da parte dei lavoratori nei mesi passati, fino a che un vertice fra governo federale e governo del Land Brandeburgo ha messo una serie di palizzate anche finanziarie per attutire i contraccolpi che potranno arrivare nel futuro prossimo. L’avvio del canale polacco per i rifornimenti del greggio è una prima boccata d’ossigeno. Sono sempre in piedi trattative con partner polacchi per un eventuale ingresso nella raffineria e si cerca di offrire anche una prospettiva futura a Schwedt oltre il petrolio, puntando all’idrogeno.

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