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Nucleare

Perché la Germania non spegnerà le centrali nucleari

Dopo lo stress test, il governo ha deciso che due delle tre centrali nucleari avviate a dismissione resteranno attive. Tutti i dettagli nell'articolo di Pierluigi Mennitti.

 

Due centrali nucleari su tre. Questo sembrerebbe il responso dello stress test sul nucleare che a giorni il governo comunicherà all’opinione pubblica tedesca. Due delle tre centrali che sarebbero dovute andare in pensione il 31 dicembre di quest’anno, dovranno continuare a funzionare.

La rivelazione arriva dall’Handelsblatt, che cita indiscrezioni provenienti da ambienti industriali. “Questo è quanto emerge dal secondo stress test sulla sicurezza dell’approvvigionamento commissionato dal ministro dell’Economia Robert Habeck”, scrive testualmente il quotidiano economico, “secondo quanto appreso da ambienti industriali, potrebbe avere senso non togliere dalla rete due dei tre reattori ancora attivi alla fine dell’anno”.

Lo stress test, preparato da 50Hertz, Amprion, Tennet e TransnetBW, i quattro gestori delle reti di trasmissione elettrica, sarebbe già arrivato mercoledì scorso sul tavolo del sottosegretario all’Economia Patrick Graichen. Se non nella sua forma definitiva, almeno in bozza. Per l’Handelsblatt, molti funzionari nel ministero presumono che Habeck deciderà a favore della prosecuzione temporanea del funzionamento dei reattori Isar 2 e Neckarwestheim 2: “Ci sono molti elementi che fanno pensare che non ci sia modo di evitarlo”, ha detto un alto funzionario.

Ufficialmente, il ministero ancora non conferma. “Non c’è un risultato finale dello stress test, quindi non ci sono conclusioni”, ha dichiarato una portavoce del dicastero. Ambienti governativi hanno dichiarato che le valutazioni sono ancora in corso. Ed è probabile che sia anche così.

Pochi giorni fa lo Spiegel aveva rivelato che lo stesso ministero dell’Economia aveva modificato le condizioni quadro dello stress test. Ai quattro gestori dei sistemi di trasmissione non era solo richiesto di valutare la sicurezza dell’approvvigionamento, ma anche se l’estensione della durata di vita avrebbe potuto contribuire a ridurre i prezzi sui mercati dell’elettricità. Secondo le stime del settimanale, tale riduzione, anche se minima, è considerata certa. E ne traeva la conseguenza che “le condizioni quadro per l’attuale stress test sulla sicurezza dell’approvvigionamento elettrico sono state modificate in modo tale che il proseguimento dell’attività oltre la fine dell’anno sembra avere senso”.

È dunque probabile che non ancora tutte le carte siano giunte a disposizione di Habeck e dei suoi collaboratori, ma gli indizi sull’inevitabilità del prolungamento della vita del nucleare tedesco sono ormai evidenti. Come dire, manca solo l’ufficialità. Anche la soluzione “due su tre” (che salvaguardia le difficoltà cui incorrerebbe l’industria onnivora di energia del sud della Germania) sembra fatta apposta per mitigare la probabile delusione dell’elettorato verde, quello del ministro Habeck, per cui il funerale del nucleare – che appunto sarebbe dovuto essere celebrato alla mezzanotte di questo fine d’anno – rappresentava il culmine di una battaglia politica lunga un quarantennio. Che a rovinare la festa debba essere proprio un ministro dei Grünen è uno di quei paradossi che rendono le vicende umane a un tempo grottesche e irriverenti.

E che la decisione del prolungamento sia in qualche modo ormai acquisita lo dimostra il fatto che il dibattito politico sul nucleare si sia già spostato su altri tre reattori: quelli spenti alla fine dello scorso anno. I liberali, spina inquieta all’interno del governo, vorrebbero rimettere in attività anche quei tre, portando così a sei le centrali in attività. Garanzia, dicono i parlamentari dell’Fdp, che il Paese possa guardare con maggiore serenità alle riduzioni del gas dalla Russia.

“I prezzi dell’elettricità che stiamo sperimentando in Germania non sono più sopportabili”, ha dichiarato il capogruppo parlamentare dell’Fdp Christian Dürr, durante un incontro a porte chiuse che il partito ha tenuto a Brema, “pertanto, è necessario acquistare barre di combustibile aggiuntive per le centrali nucleari ancora collegate alla rete. Questo non solo garantirebbe la sicurezza dell’approvvigionamento per questo inverno, ma anche per i due inverni successivi”.

Sulla stessa linea d’onda Ulrich Lechte, altro esponente di spicco liberale, secondo cui la Germania dovrebbe prepararsi a un eventuale riavvio delle tre centrali nucleari che sono state chiuse un anno fa per abbassare il prezzo dell’elettricità e garantire l’approvvigionamento: “Potrebbe verificarsi una situazione in cui ciò è utile e necessario”, ha detto in un’intervista.

A dar man forte ai liberali dall’esterno della coalizione di governo, come in altri casi i due partiti conservatori di opposizione, la  Cdu e la bavarese Csu, quest’ultima direttamente interessata alla vicenda perché la Baviera soffre l’assenza di valide alternative al gas russo (lì la transizione alle rinnovabili ha segnato il passo più che altrove).

Le tre centrali nucleari aggiuntive ora rientrate nel dibattito politico sono quelle di Brokdorf in Schleswig-Holstein, Grohnde in Bassa Sassonia e Gundremmingen C in Baviera. Joachim Bühler, amministratore delegato dell’associazione Tüv, società di certificazione in ambito di sistemi di gestione della sicurezza, aveva recentemente dichiarato di ritenere possibile il riavvio delle tre centrali nucleari entro pochi mesi o settimane.

Per l’economista Veronika Grimm, una dei componenti del Consiglio di esperti economici della Germania che consiglia Bundestag e governo sui temi economici, il riavvio non è solo possibile ma necessario. “Nel breve termine, il tempo di funzionamento delle tre centrali nucleari rimanenti deve essere esteso e si dovrebbe anche esaminare se le tre centrali nucleari che sono state spente per ultime possono essere rimesse in funzione”, ha detto in un’intervista al quotidiano Bild. E ha aggiunto altri consigli: il governo federale deve “creare simultaneamente le condizioni quadro per avviare la costruzione di nuove centrali a gas che sostituiscano il più rapidamente possibile il carbone e il nucleare e che siano alimentate a idrogeno a partire dal 2030”. Secondo l’economista, per coprire la domanda di energia, sono necessarie ulteriori capacità di centrali a gas fino a 30 gigawatt.

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