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Nucleare

Cosa ha deciso la Germania sulle centrali nucleari

In Germania due centrali nucleari su tre restano in riserva operativa, per rientrare in rete solo in caso di necessità; la terza, invece, sarà spenta. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino.

 

La Germania non abbandona ufficialmente il nucleare nel pieno della perfetta tempesta energetica, ma lo mette in riserva provando quindi a tenere assieme anche le preoccupazioni dei Verdi. Due delle ultime tre centrali nucleari tedesche ancora in funzione possono proseguire la loro attività oltre la data di spegnimento stabilita, fine 2022. Ma costituiranno una riserva operativa per la sicurezza delle forniture e solo fino a metà aprile. Si tratta dei reattori Isar 2 in Baviera, e Neckarwestheim 2 in Baden-Württemberg. La terza centrale nucleare, quella di Emsland in Bassa Sassonia, non sarà necessaria durante l’inverno e sarà spenta il 31 dicembre 2022.

Cosa questo significhi lo ha precisato il ministro dell’Economia Robert habeck (Verdi) in una conferenza stampa a Berlino: tutte e tre le centrali nucleari attualmente ancora collegate alla rete in Germania saranno regolarmente tolte dalla rete, come previsto, alla fine del 2022. L’abbandono del nucleare, regolato dalla legge sull’energia atomica, viene dunque rispettato, ha aggiunto Habeck.

Questa decisione è anche il risultato del secondo stress test commissionato dal governo ai quattro gestori dei sistemi di trasmissione. Ora però lo scontro si sposta sulla natura di questo prolungamento e all’interno dello stesso governo le posizioni sono differenti. Il leader dell’Fdp Christian Lindner ha dichiarato alla Süddeutsche Zeitung che le centrali nucleari dovrebbero continuare a funzionare indipendentemente dai risultati del test. E nei giorni scorsi, esponenti liberali avevano sollecitato l’acquisto di barre di combustibile aggiuntive per le tre centrali nucleari in questione per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento per questo inverno e per i due successivi.

La leader dell’Spd Saskia Esken ha invece assicurato il consenso dei socialdemocratici alle decisioni dello stress test, ma ha ribadito il rifiuto a immaginare un lungo prolungamento dell’attività delle centrali e a rimettere in discussione la fuoriuscita dal nucleare. La posizione dei Verdi è quella espressa da Habeck, ma federazioni regionali avevano annunciato battaglia in caso di un prolungamento e non è detto che siano appagati dall’escamotage della riserva operativa.

In sintonia con i liberali è l’opposizione cristiano-democratica. Il leader della Cdu Friedrich Merz si è espresso a favore del mantenimento in funzione di tutte e tre le centrali. Rivolgendosi a una riunione di parlamentari della Cdu/Csu a Berlino, ha affermato che ora si deve procedere a pieno ritmo per tutte e tre le centrali nucleari: “Comprese nuove barre di combustibile, in modo che queste centrali nucleari possano rimanere in rete per altri tre o quattro anni, finché non ci saremo lasciati alle spalle questa crisi”.

Insomma, posizioni estremamente variegate e in alcuni casi difficili da comporre in un quadro unitario tra maggioranza e opposizione, come l’emergenza del momento forse richiederebbe. Al cancelliere Olaf Scholz il compito, ancora una volta, di trovare una soluzione di compromesso almeno all’interno della sua maggioranza.

Habeck ha ribadito la stabilità del rifornimento energetico tedesco, sottolineando come la riserva delle due centrali che restano in funzione potrà essere attivata nel caso si realizzassero gli scenari peggiori disegnati dagli esperti.

Le tre centrali di cui si è discusso forniscono al momento circa 30 terawattora di elettricità all’anno e rappresentano circa il 5% della produzione elettrica tedesca.

Nelle ultime settimane si erano susseguite tante indiscrezioni sull’andamento dello stress test. L’ultima, dell’Handelsblatt, pur smentita per dovere istituzionale dal ministero di Habeck, aveva anticipato quasi con millimetrica precisione il risultato presentato in conferenza stampa.

Non è tuttavia solo la crisi provocata da Vladimir Putin, con l’utilizzo dell’energia come leva di pressione politica, ad aver determinato il parziale ripensamento tedesco sul nucleare. Pesa anche il pesante ritardo della celebrata “Energiewende”, cioè la svolta energetica dai fossili alle rinnovabili che un decennio fa Angela Merkel annunciò al Paese, e che è rimasta impantanata nel groviglio di lentezze politico-burocratiche e di ricorsi delle comunità locali. Ritardi che hanno coinvolto anche lo sviluppo delle reti di trasmissione, le quali avrebbero già potuto convogliare l’energia verde prodotta nei parchi eolici del nord alle industrie fameliche di energia del sud. Non è un caso che le centrali che andanno in riserva operativa sono situate nelle regioni meridionali, lontane dai parchi eolici del Mare del Nord e in ritardo (soprattutto la Baviera) nella tabella della transizione alle rinnovabili.

Con la decisione di lunedì, il confronto sul nucleare non è dunque destinato a chiudersi. La decisione finale dovrà infatti venire dal Bundestag, dove è prevedibile una battaglia serrata anche all’interno dei singoli partiti.

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