La situazione conflittuale che si sta delineando sulla sponda orientale del Mediterraneo su questioni legate allo sfruttamento degli immensi giacimenti dell’area potrebbe tornare in equilibrio se americani e russi decidessero di lavorare insieme e stabilizzare la zona. Ne è convinto il professor Giulio Sapelli, storico ed economista italiano, ricercatore emerito presso la Fondazione Eni Enrico Mattei, in una conversazione con Start Magazine sulle questioni geopolitiche aperte tra Turchia, Israele, Libano e Cipro.
“Come sempre nelle questioni energetiche del gas e del petrolio è la politica che dà il la – sottolinea Sapelli -. Quando ero nel consiglio dell’Eni (dal 1992 fino al 2002, ndr) si pensava già con il presidente Moscato di realizzare nell’area il cosiddetto ‘gasdotto della pace’ che avrebbe unito tutti questi giacimenti, di cui si era a conoscenza fin da allora, che andavano dall’Egitto alle acque cipriote, interessando anche Libano, Israele e le autorità palestinesi. Era il periodo in cui sembrava finito il conflitto greco-turco di cui mi ero occupato in un libro uscito in Gran Bretagna nel 1994. E invece in questi ultimi anni i giacimenti sono ancora lì, ben presenti ma mancano le condizioni geopolitiche per sfruttarli in modo pacifico – rimarca lo storico –. La cosa più grave è la destabilizzazione della Turchia che già appariva allora. Ankara, forse non molti lo sanno, ha un trattato di cooperazione anche militare con Israele che tuttavia dopo l’incidente di un paio di anni fa non è stato messo in discussione. Mentre oggi può essere rimesso in discussione tutto”.
Sapelli ribadisce che tutte le grandi compagnie internazionali come Eni, Total, Esso-Chevron sapevano della presenza di grandi giacimenti di gas nell’area, come ne sono a conoscenza tutti coloro combattono in Siria. “Ciò dimostra che terminato l’ombrello americano nella zona e perso il contatto tra Turchia e Nato dopo il tentativo di colpo di Stato che Ankara sospetta sia stato alimentato dagli Stati Uniti, tutto l’ordine politico è imploso. La Russia è stabilizzante per un verso ma per un altro verso è destabilizzante per gli altri – sottolinea l’economista -. Tutto tornerebbe in equilibrio se americani e russi decidessero di lavorare insieme. Potrebbero convincere i turchi ad abbassare i toni e Netanyahu ad avere atteggiamenti comunque attenti vista la presenza sempre minacciosa dell’Iran. Mentre lo sfruttamento dei giacimenti potrebbe essere fatto in modo congiunto facendo intervenire non solo compagnie già esistenti – Eni, Total e russi – ma anche coinvolgendo interessi israeliani, turchi e libanesi. Le soluzioni sono quelle che ci insegna la grande contrattualistica del petrolio e del gas: quando non si trova un accordo a somma zero occorre trovare un accordo a somma multipla in cui lavorando insieme tutti guadagnano qualcosa”.

Per questo, conclude Sapelli, “c’è da auspicare che gli americani alzino un ciglio e l’Europa si faccia sentire e metta la Turchia al suo posto anche perché questa querelle aggrava tantissimo la situazione cipriota. L’unico che ha reagito preoccupato è il presidente della parte greca dell’isola Nikos Anastasiadīs che ha 50 mila militari turchi a Cipro”.






