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Nucleare Belgio

Edf, tutte le grane nucleari francesi a Flamanville

Che cosa ha annunciato Edf sulla centrale nucleare di Flamanville, in Bretagna. L'articolo di Enrico Martial

 

Ci vogliono sei mesi e trecento milioni in più per mettere in funzione la centrale nucleare di Flamanville, in Bretagna, tra l’altro a poca distanza dalle isole britanniche di Jersey e Guernesey. L’annuncio di EDF elenca due ragioni principali: tempi ulteriori per delle saldature da effettuare nel circuito secondario, di trasporto del vapore alle turbine, e problemi organizzativi legati al COVID e ai turni di personale, che tra l’altro proviene da diversi Paesi.

La centrale è di tipo EPR, reattore nucleare ad acqua pressurizzata di 3° generazione con potenze alte, intorno a 1600 MW, e con vari problemi nella costruzione e messa in opera. L’operazione a Flamanville è stata avviata nel 2007 pensando di concluderla in 4 o 5 anni. I termini sono stati invece spostati al 2014 per problemi costruttivi sulle fondazioni. Alcuni decessi sul cantiere e analisi tecniche sulle strutture hanno indotto poi un audit che ha trovato ulteriori difetti, con uno scenario generale aggravato dall’incidente di Fukushima del marzo 2011. La conclusione del cantiere è stata spostata prima al 2016 e poi, dopo aver notato problemi sulla qualità dell’acciaio nella struttura centrale, al 2018, quando si sono trovate anche delle saldature da rivedere, a cui se ne sono aggiunte altre nel 2019. La data di messa in esercizio è giunta a fine 2022 e ora appunto al secondo trimestre 2023. I costi sono cresciuti di parecchio: dai 3-4 miliardi iniziali ai 5 miliardi nel 2010, a 8,5 nel 2012, a 10,5 nel 2017 ai 12,7 miliardi attuali. EDF aveva comunque già adottato misure prudenziali per l’approvvigionamento per il prossimo inverno, lasciando intendere che si era messa al sicuro. Al netto degli allarmi e dei sentimenti, i lavori sembrano comunque giungere al termine, con arredi e verniciature completate.

Uno studio dell’IFRI parigino ricorda che nessun reattore ad acqua pressurizzata di terza generazione è entrato finora in esercizio in Occidente, a causa di problemi nella costruzione e nella realizzazione, con forti lievitazioni dei costi. L’AP1000 statunitense aveva fatto ipotizzare intorno al 2005 una quarantina di cantieri, ma i 4 reattori previsti in Georgia e in Carolina del Sud hanno incontrato vicende simili a quella di Flamanville: la fattura per la centrale di Vogtle in Georgia è salita a 25 miliardi di dollari. L’arrivo del gas di scisto ha poi spostato l’interesse del mercato. In Giappone, dopo Fukushima è stata sospesa la costruzione di due nuovi ABWR ad acqua pressurizzata di terza generazione, persino quello di Shimane, che era arrivato al 95% dei lavori, secondo il rapporto di IFRI. Solo in Cina sono entrati in rete dei reattori di questo modello, prima con gli AP1000 e gli EPR europei e poi con un proprio HPR1000.

Il presidente Emmanuel Macron si era deciso a rilanciare la strada del nucleare con il discorso del 9 novembre 2021, in cui aveva annunciato sei nuovi reattori EPR di 3°generazione con l’evoluzione tecnologica dell’EPR2. In piena campagna elettorale, l’agenda però resta concentrata sulle autorizzazioni europee al finanziamento, tra riduzione delle emissioni di CO2 e il rispetto degli altri 4 obiettivi ambientali, tra cui i rifiuti e i rischi, indicati dal regolamento sulla tassonomia e dalla proposta di regolamento delegato per il gas e per il nucleare.

Lo scenario alternativo è quello dei piccoli reattori nucleari modulari (SMR), fino a 250 MW. Avrebbero il vantaggio della costruzione in serie con pezzi trasportabili (appunto, i “moduli”), sono già in uso su navi e sottomarini, avrebbero sistemi passivi di sicurezza, meno costosi da realizzare e gestire.

Per l’Europa se ne parla su tempi lunghi, 15-20 anni. La Russia va relativamente più veloce: una nave-centrale con carattere dimostrativo, l’Akademik Lomonosov, produce energia con due apparati da 35 MW ciascuno per la freddissima città di Pevek, che si affaccia sul mar della Siberia orientale. La costruzione è iniziata nel 2009, i reattori sono stati installati nel 2013 ed è entrata in esercizio nel 2020.

Anche la Cina va forte: il primo di una serie di piccoli reattori da 200 MW nella baia di Shidao, nello Shandong, di fronte alle due Coree, è in funzione dal 20 dicembre scorso, e un altro dovrebbe seguire nel 2022. Gli Stati Uniti cercano di recuperare, con alcuni progetti pilota: l’Ufficio per l’energia nucleare ritiene che possano essere messi in esercizio nel nord America verso la fine del decennio.

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