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Ecco gli Stati esteri che saranno favoriti e sfavoriti dal Green New Deal dell’Europa

Un calo massiccio del consumo di combustibili fossili ristrutturerà le relazioni dell'Ue con Russia, Algeria, Azerbaijan, Kazakistan e Libia. Elettricità rinnovabile e idrogeno verde potrebbero essere importati da Paesi come l'Algeria e il Marocco. L'analisi di 5 esperti su Le Monde

Cinque esperti ( Mark Leonard, cofondatore e direttore dell’European Council on Foreign Relations; Jean Pisani-Ferry, economista presso il Bruegel European Research Institute; Jeremy Shapiro, direttore della ricerca presso l’European Council on Foreign Relations; Simone Tagliapietra, economista di Bruegel, e Guntram Wolff, direttore di Bruegel) osservano, in un articolo su Le Monde, che l’obiettivo europeo della neutralità dal carbonio entro il 2050 modificherà profondamente le relazioni dell’Unione con i paesi stranieri fornitori di energia, alcuni dei quali dovranno cedere il passo ai nuovi arrivati.

L’obiettivo dell’Unione Europea (UE) di neutralità climatica entro il 2050, il “Green Deal”, non è solo un esercizio rivoluzionario per cambiare le abitudini energetiche, di consumo e di viaggio del continente. Implica anche grandi cambiamenti nella politica estera e nelle relazioni diplomatiche dell’Europa.

Oggi, circa il 70% del mix energetico dell’UE è ancora basato sui combustibili fossili, mentre le energie rinnovabili rappresentano meno del 15%. Questa situazione cambierà completamente nei prossimi 30 anni se il Green Deal europeo avrà successo.

Un calo massiccio del consumo di combustibili fossili ristrutturerà le relazioni dell’Ue con i suoi principali fornitori, in particolare Russia, Algeria, Azerbaijan, Kazakistan e Libia, le cui economie sono fortemente dipendenti dalle esportazioni di energia verso l’Europa. Mettere fine alla dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili li danneggerebbe e potrebbe persino destabilizzare i loro governi.

Poiché l’Europa rappresenta circa il 20% delle importazioni mondiali di petrolio greggio, un forte calo della domanda europea influenzerebbe anche il mercato mondiale del petrolio facendo scendere i prezzi, il che danneggerebbe anche i produttori che esportano relativamente poca energia in Europa, come l’Arabia Saudita.

Svantaggi e benefici

In un recente studio, abbiamo descritto come gli effetti geopolitici del Green Deal europeo si sentiranno al di là dei mercati energetici (“The geopolitics of the European Green Deal”, Bruegel, 2 febbraio 2021). Le industrie europee sono preoccupate per la loro competitività rispetto alle loro controparti straniere, poiché dovranno pagare prezzi più alti per il carbonio e rispettare leggi ambientali più severe.

L’European Green Deal proteggerebbe queste aziende introducendo un cosiddetto “meccanismo di aggiustamento alla frontiera”, ovvero una tariffa sui beni importati basata sul loro contenuto di carbonio, equivalente al prezzo del carbonio nazionale. Una tale misura avrà inevitabilmente un impatto sui flussi commerciali e sulla politica globale.

Mentre alcuni paesi saranno svantaggiati dal Green Deal europeo, altri ne beneficeranno. Un’Europa più verde dovrebbe importare più prodotti e input di energia pulita. La Cina ne beneficerebbe in quanto domina il mercato dei cosiddetti minerali di terre rare, che sono essenziali per le turbine eoliche, i motori dei veicoli elettrici e altre applicazioni di tecnologia pulita.

Inoltre, anche se l’UE riduce il suo consumo di combustibili fossili, rimarrà un importante importatore netto di energia. Questa energia dovrà ora provenire da fonti a minore intensità di carbonio, come l’elettricità rinnovabile e l’idrogeno verde, che potrebbero essere importati da paesi con un alto potenziale di energia solare ed eolica, come l’Algeria e il Marocco.

Assicurare la fornitura

L’UE deve prendere coscienza dei rischi geopolitici dello European Green Deal e preparare una strategia di politica estera per gestirli. Questa strategia dovrebbe includere sia azioni per controllare gli impatti geopolitici diretti del Green Deal europeo sia azioni per incoraggiare la sua leadership ambientale globale.

Le azioni della prima categoria si concentrerebbero sull’aiutare i paesi vicini esportatori di petrolio e di gas a prepararsi alla decarbonizzazione dell’UE. L’UE dovrebbe lavorare a fianco di questi paesi nella loro diversificazione economica, anche nel campo delle energie rinnovabili e dell’idrogeno verde, che potrebbe essere esportato in Europa in futuro.

Dovrebbe anche migliorare la sua sicurezza di approvvigionamento di materie prime chiave e limitare la sua dipendenza dalla Cina diversificando ulteriormente l’approvvigionamento, aumentando i volumi di riciclaggio e sostituendo le materie prime critiche.

Infine, l’UE dovrebbe lavorare con gli Stati Uniti e altri partner per creare un “club del clima”, i cui membri applicheranno misure simili di aggiustamento del carbonio alle frontiere. Tutti i paesi, compresa la Cina, sarebbero i benvenuti se si impegnassero a rispettare gli obiettivi e le regole del club.

Promuovere coalizioni globali

Per essere un leader globale nell’azione per il clima, l’UE dovrebbe sforzarsi di diventare uno standard setter, soprattutto per quanto riguarda l’idrogeno e le obbligazioni verdi. Richiedere il rispetto di rigorosi regolamenti ambientali come condizione per l’accesso al mercato dell’UE fornirà un forte incentivo per tutti i partner commerciali a diventare verdi.

Inoltre, l’UE dovrebbe esportare il Green Deal europeo attraverso investimenti in energia sostenibile nei paesi in via di sviluppo. Questo ha senso dal punto di vista economico in ogni caso, dato che i paesi in via di sviluppo hanno costi marginali di riduzione delle emissioni più bassi dei paesi europei. Aiuterebbe così le imprese dell’UE a penetrare in mercati in rapida crescita, stimolando lo sviluppo economico e la diversificazione nei paesi partner, il che sarebbe un guadagno inestimabile in politica estera per l’UE.

In aggiunta, l’UE dovrebbe promuovere coalizioni globali per combattere il cambiamento climatico, per esempio attraverso una coalizione globale per il permafrost e una coalizione globale per la riduzione delle emissioni di CO2. Tali iniziative fornirebbero finanziamenti per beni comuni globali che richiedono una cooperazione internazionale.

Insieme, queste azioni costituiscono un quadro di politica estera per l’European Green Deal. Rispondono alle sfide geopolitiche che altri paesi probabilmente affronteranno come risultato del Green Deal e, più in generale, del crescente riscaldamento globale, e offrono modi per estendere la spinta alla decarbonizzazione oltre l’UE – che sarà una necessità per assicurare il successo del Green Deal europeo.

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